Particolarità, che ho
adottato nel mio scrivere
Ho riportato
la o dei sostantivi maschili dal
singolare al plurale in u. Es.: sposo – spusi // toso – tusi // fiore – fiuri // dovo – duvi // pomo - pumi ecc..
.
Nel tentativo
di vivificare l’armoniosa cantilena propria del dialetto veneto, ho preferito
riportare i verbi, nella forma infinita, tronchi (troncamento). Es.: magnar = magnare, zugar = zugare, saltar =
saltare ecc. Così anche per i vocaboli. Es.: porsel = porselo, onbrelin = onbrelino,
jardin = jardino, possìbil = possìbile ecc.
Qualche volta
ho riportato forme di morfologia esatta del veneto ‘vecio’ (un tempo comuni,
oggi in disuso) come, il fenomeno dell’afèresi,
che accorcia un vocabolo: lora (alora), opà (popà), rosto (arosto); oppure, del rotacismo,
che trasforma la consonate l nella
consonante r. Es.: bicicreta = bicicleta // furminante = fulminante ecc.; oppure del’epèntesi per la quale si inserisce una o più lettere. Es.: càvara (cavra) = capra // làvaro (lavro) = labbro ecc.; oppure della
metàtesi per la quale avviene la
trasposizione o inversione della consonante r. Es.: cronpare = conprare // drento = dentro o
addirittura la consonante r viene
eliminata. Es.: propio = proprio
ecc.; oppure della sìncope, che fa cadere
una o più lettere all’interno di una parola. Es.: faséa = faseva, poro = povero ecc.; oppure la pròstesi
per motivo del quale viene aggiunta una o più lettere. Es.: aradio
= radio // inmuciare = muciare // inamente = in mente ecc. (Belloni, pag.
50, 51, 52, 53, 198).
Personalmente
preferisco ripetere il pron. personale. Es.: la mama la xe brava. (ma
è corretto anche: la mama xe brava);
el sielo el xe linpio (el sielo
xe linpio). ecc.
Termini
apparentemente inesatti ma esatti e termini apparentemente esatti ma inesatti
A)
Vorrei evidenziare alcune difficoltà le quali fomentano
inutili e perniciose discussioni, che sarebbe auspicabile fossero risolte una
volta per sempre. Infatti, esistono forme di scrittura grammaticalmente esatte,
non contraddittorie, le quali possono essere riportate su carta in forme
corrette anche se diverse. Es.: vegno co
ti. - vegno co’ ti. (= vengo con
te). // Có te rivi, telèfoname. - Quando ca te rivi, telèfoname. (= Quando arrivi, telefonami). ecc.
Particolarità.
‘mi só visentin’; ‘mi a só
visentin’, ‘mi so’ visentin’; ‘mi a so’
visentin’ = (‘Io sono vicentino’), ‘mi son
visentin e, anche, mi a son
visentin’ sono sei modi di scrivere graficamente differenti, ma tutti
grammaticalmente esatti.
B) Esistono
alcune forme di scrittura che si danno per esatte, ma che non lo sono. Queste
forme sono state da me sopra riportate (vedi, soprattutto, sotto il paragrafo
L’APOSTROFO) e qui le riporto: de’l, a’l, da’l, ne’l, co’l, su’l, par’l, no’l,
n’altro, ’n altra, che’l ecc.
Non è
rispettando solamente una parte del tutto che sì salvaguardia il ‘dialetto
veneto’, ma rispettando tutte le regole grammaticali del ‘dialetto veneto’.
A mio modesto
parere, auspicherei che i vocabolari riportassero, oltre alle abituali
indicazioni, anche i sinonimi, gli accenti, la o le forme al plurale. (Es.:
aglio = ajo, (plu. aji, aiji, aii?) / grillo = grìjo, (plu. grii, griji, grii?)
/ capello = cavejo, (plu. caveji, caveiji, caveii?) ecc. Tali termini al
plurale, non sono da me inventati bensì letti qua e là, in vari testi
stampati).
Se
vogliamo salvaguardare il nostro ‘dialetto veneto’, dobbiamo iniziare
conoscendolo, studiandolo, apprezzandolo, riportandolo sulla carta con dignità
di ‘lingua veneta’. La padronanza della grammatica fa di un ‘dialetto’ una ‘lingua’!
Nota
Il mio
scrivere in dialetto, oltre che giovarsi dell’affetto alla terra natia, si
riallaccia ai ricordi della fanciullezza trascorsa a Castello e ad Arzignano,
fino al gennaio del 1960. Da quella data, tornando raramente nel Veneto, non ho
più potuto praticare la parlata dialettale e, però, quando scrivo spicco un
volo di oltre quarant’anni, chiudo gli occhi, penetro nei meandri della
memoria, rivivo le situazioni, gli odori, i rumori, i sapori, quel ‘tran-tran’
delle cose ‘vecie’ e mi riallaccio intimamente al parlare della mamma e delle
persone care con le quali ho convissuto la mia età dorata. Mi si perdoni se
scrivendo, più che il dialetto d'oggi, salvaguardo le ‘raise vènete’ del
dialetto del tempo ‘de stiani’.
E tutto questo
per una buona ‘salute’ del nostro caro e bel ‘dialetto veneto’ con l’auspicio
che, grazie ad una corretta scrittura, possa essere riconosciuto, a tutti gli
effetti ‘lingua veneta’ e, spero di tramandare una corretta documentazione a...
futura memoria!
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