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Antonio Balsemin
Desso ve conto…

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Lettera dell’autore

Gentili lettrici, cortesi lettori,

come per tutti gli autori anche per me sarebbe vivo desiderio che voi, dal momento che avete aperto questo libro, proseguiste nella lettura. Vi dico subito che, oltre a adoperarmi per salvaguardare il mio dialetto, desidererei invitare altri scrittori amanti della terra natia ed appassionati del vernacolo a fare del loro meglio per trasferire la parlata su carta stampata. Con questo ideale, proseguo come se stessi scrivendo un'amichevole lettera a queste persone.

 

Cari ragazzi della mia età, di qualunque regione d’Italia voi siate,

credo sia necessario prendere atto che la nostra generazione, con quella precedente e quella seguente, sta vivendo un momento storico magico e, forse, unico.  Lo spazio di tempo di vita concessoci si sta evolvendo in situazioni differenti da quelle dei tempi passati. La gente, del tempo che fu, viveva in modi pressoché statici, ripetitivi, seguendo l’avvicendarsi delle stagioni, osservando le fasi lunari, realizzando cantilene, detti e proverbi che, profondamente radicati in popolazioni viciniori, variavano ed ancor oggi, almeno in parte, sussistono in forme varianti di luogo in luogo. Nel nostro tempo, quasi improvvisamente, il ‘vivere vitam’ sta affrontando un brusco cambiamento: È ESPLOSA LA SUPERTECONOLOGIA! Il susseguirsi d’innumerevoli e straordinarie scoperte, con le relative applicazioni in ogni campo, sta travolgendo ed oscurando il passato e l’uomo e la natura ne sono coinvolti in forme assolutamente nuove e imprevedibili. In questa eccezionale e radicale trasformazione è possibile un probabile spaccato o vuoto, che, se distrattamente affrontato o supinamente acquisito, produrrebbe una perdita d’identità per le generazioni future. Sono convinto che i figli dei nostri figli cercheranno, nel proprio personale spazio di vita, agganci documentati del passato. Poiché la nostra generazione potrebbe essere l’ultima depositaria di quel mondo rurale, che sta inesorabilmente svanendo, dovremmo essere così sensibili da assumerci il piacevole anche se faticoso impegno di salvaguardare il patrimonio culturale della vita quotidiana degli usi, costumi, tradizioni e dialetti dei nostri Padri. Ricordo il dettoVerba volant, scripta manent’. Nel considerare che ogni dialetto, se trova spazio vitale nel solo alveo natio, può correre il rischio di avere vita breve, inviterei gli autori a tradurre, a fronte, il loro dialetto in lingua italiana. Peccato che un futile disinteresse d'oggi possa far trovare alle generazioni venture una catena interrotta, perché mancante del nostro anello”!...

 

Antonio Balsemin




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