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Antonio Balsemin
Desso ve conto…

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Appendice

Da qualche tempo mi sto interessando dei dialetti ed in specifico del DIALETTO VENETO e, usandolo per iscritto, tento di salvaguardarlo unitamente ad usi, costumi e tradizioni. Lo strumento chiave per realizzare tale obiettivo è l’essermi dedicato ad una meticolosa ricerca a riguardo dell’ortografia e della grammatica (celata ma esistente) nella parlata veneta per poi metterla in pratica quando scrivo. Credo di non sbagliarmi affermando che con le regole c’è la lingua, senza regole c’è il dialetto!

La lingua italiana, essendo stata oggetto d'accurati studi morfologici e grammaticali, è potuta assurgere al rango di LINGUA diventando la LINGUA NAZIONALE. Il fatto che l’italiano sia la ‘lingua di Stato’ non deve apparire come una sopraffazione sulle cosiddettelingue minori’, ma dev’essere considerata come una realtà in un ambito democratico, per spiegarsi, un ‘PRIMUS INTER PARES’ (primo fra uguali). Purtroppo, i dialetti abbandonati a se stessi sono stati negletti o rintuzzati, alcuni languono, altri si sono spenti. Anche l’italiano, lo bello stilo, come lo chiamava Dante, con il passare del tempo (se non si difenderà) potrebbe diventare un ritornello che nessuno canta più, forse soppiantato da un inglese ridotto.

L’Italia è ovunque riconosciuta come il bel paese e, fra le sue infinite bellezze, vorrei evidenziare il folclore e la musicalità dei vari dialetti e, per quel che posso, del ‘dialetto veneto’. In questi ultimi anni, la vita nel suo insieme sta mutando con velocità irrefrenabili e in modi globali. Se noi abbiamo avuto la fortuna di usufruire e godere di quel mondo dal quale veniamo e al quale siamo strettamente legati, il mondo dei nostri Avi, non significa che dobbiamo atteggiarci a noncuranti del patrimonio culturale da loro ereditato senza impegnarci a salvaguardarlo per tramandarlo ai posteri.

“Chi ha tempo, non aspetti tempo”, dice un nostro antico motto e un detto latino raccomandaAge quod agis’ (Quel che fai, fallo bene).

Il tempo a disposizione per tale nobile missione è molto ristretto. Per gli scrittori volenterosi che volessero impegnarsi in questo appassionante progetto, potrebbe esistere una subdola trappola: quella di scrivere e di far stampare non usufruendo di chiare cognizioni grammaticali del dialetto! Questo andazzo è da attribuirsi non a mancanza di buona volontà, ma, piuttosto, alla nebulosa conoscenza delle regole grammaticali, non sufficientemente conosciute, dando adito a difficoltà d’applicazione scritta. Se focalizziamo il lessico del mondo rurale dei tempi andati, nei quali vivevano il contadino e il nobile, costatiamo che è quasi perduto. Del resto, come potrebbero i giovani d'oggi, dall’operaio all’imprenditore, avere la benché minima conoscenza d'oggetti come: coàro, piàntola, stròpa ecc. (corno svuotato, piccola incudine, ramo di salice, ecc.), poiché i giovani non possono né vederetoccareusare tali oggetti e gli anziani, dato i tempi cambiati, non li usano più? Se, invece, focalizziamo il lessico dialettale, ancor oggi attuale nell’ambito familiare, costatiamo che i giovani e i meno giovani conversano con naturalezza in dialetto perché si capiscono perfettamente e, per tutti, sono chiari termini dialettali come: goto, mantile, carega ecc. (bicchiere, tovaglia, sedia ecc.). Ora, non bisogna atteggiarsi a compiaciuti, crogiolandosi per tale parziale vitalità e starsene con le mani in mano ma, al contrario, bisogna che tutti (dalle autorità costituite all’impegnato scrittore in vernacolo) concretino il meglio delle loro possibilità per tale nobile finalità. Sono convinto che, se sarà promossa una possibile diffusione e conoscenza del buon scrivere e se sarà studiata la grammatica veneta sui banchi di scuola, l’impresa di dare dignità al ‘dialetto veneto’ potrà essere facilitata e raggiungere il riconoscimento di LINGUA VENETA. Pensandoci bene, virtualmente e storicamente tale rango già lo possiede, basti ricordare la SEREMISSIMA REPUBLICA DI VENEZIA: i Dogi governavano e legiferavano in veneto!




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