Appendice
Da
qualche tempo mi sto interessando dei dialetti ed in specifico del DIALETTO
VENETO e, usandolo per iscritto, tento di salvaguardarlo unitamente ad usi,
costumi e tradizioni. Lo strumento chiave per realizzare tale obiettivo è
l’essermi dedicato ad una meticolosa ricerca a riguardo dell’ortografia e della
grammatica (celata ma esistente) nella parlata veneta per poi metterla in
pratica quando scrivo. Credo di non sbagliarmi affermando che con le regole c’è la lingua, senza regole
c’è il dialetto!
La
lingua italiana, essendo stata oggetto d'accurati studi morfologici e
grammaticali, è potuta assurgere al rango di LINGUA diventando la LINGUA
NAZIONALE. Il fatto che l’italiano sia la ‘lingua di Stato’ non deve apparire
come una sopraffazione sulle cosiddette ‘lingue minori’, ma dev’essere
considerata come una realtà in un ambito democratico, per spiegarsi, un ‘PRIMUS
INTER PARES’ (primo fra uguali). Purtroppo, i dialetti abbandonati a se stessi
sono stati negletti o rintuzzati, alcuni languono, altri si sono spenti. Anche
l’italiano, lo bello stilo, come lo
chiamava Dante, con il passare del tempo (se non si difenderà) potrebbe
diventare un ritornello che nessuno canta più, forse soppiantato da un inglese
ridotto.
L’Italia
è ovunque riconosciuta come il bel paese
e, fra le sue infinite bellezze, vorrei evidenziare il folclore e la musicalità
dei vari dialetti e, per quel che posso, del ‘dialetto veneto’. In questi
ultimi anni, la vita nel suo insieme sta mutando con velocità irrefrenabili e
in modi globali. Se noi abbiamo avuto la fortuna di usufruire e godere di quel
mondo dal quale veniamo e al quale siamo strettamente legati, il mondo dei nostri Avi, non significa
che dobbiamo atteggiarci a noncuranti del patrimonio culturale da loro
ereditato senza impegnarci a salvaguardarlo per tramandarlo ai posteri.
“Chi
ha tempo, non aspetti tempo”, dice un nostro antico motto e un detto latino
raccomanda ‘Age quod agis’ (Quel che fai, fallo bene).
Il tempo
a disposizione per tale nobile missione è molto ristretto. Per gli scrittori
volenterosi che volessero impegnarsi in questo appassionante progetto, potrebbe
esistere una subdola trappola: quella di scrivere e di far stampare non
usufruendo di chiare cognizioni grammaticali del dialetto! Questo andazzo è da
attribuirsi non a mancanza di buona volontà, ma, piuttosto, alla nebulosa
conoscenza delle regole grammaticali, non sufficientemente conosciute, dando
adito a difficoltà d’applicazione scritta. Se focalizziamo il lessico del mondo
rurale dei tempi andati, nei quali vivevano il contadino e il nobile,
costatiamo che è quasi perduto. Del resto, come potrebbero i giovani d'oggi,
dall’operaio all’imprenditore, avere la benché minima conoscenza d'oggetti come:
coàro, piàntola, stròpa ecc. (corno
svuotato, piccola incudine, ramo di salice, ecc.), poiché i giovani non
possono né vedere né toccare né usare tali oggetti e gli anziani, dato i tempi
cambiati, non li usano più? Se, invece, focalizziamo il lessico dialettale,
ancor oggi attuale nell’ambito familiare, costatiamo che i giovani e i meno
giovani conversano con naturalezza in dialetto perché si capiscono
perfettamente e, per tutti, sono chiari termini dialettali come: goto, mantile,
carega ecc. (bicchiere, tovaglia, sedia
ecc.). Ora, non bisogna atteggiarsi a compiaciuti, crogiolandosi per tale
parziale vitalità e starsene con le mani in mano ma, al contrario, bisogna che
tutti (dalle autorità costituite all’impegnato scrittore in vernacolo)
concretino il meglio delle loro possibilità per tale nobile finalità. Sono
convinto che, se sarà promossa una possibile diffusione e conoscenza del buon
scrivere e se sarà studiata la grammatica veneta sui banchi di scuola,
l’impresa di dare dignità al ‘dialetto veneto’ potrà essere facilitata e
raggiungere il riconoscimento di LINGUA VENETA. Pensandoci bene, virtualmente e
storicamente tale rango già lo possiede, basti ricordare la SEREMISSIMA
REPUBLICA DI VENEZIA: i Dogi governavano e legiferavano in veneto!
|