[XXXVII]
Ameto, imposto alla bella donna il ragionare, sopra la verde
erba e' varii fiori distesosi, fermò il sinistro cubito sopra quelle e in su la
mano sinistra posava il biondo capo. E gli occhi, gli orecchi e la mente ad una
ora al viso, alle parole e agli amori della ninfa teneva fermi; e da' primi
pensieri alquanto levato, così come quella parlava, così i suoi, variamente
desiderando, mutava. Elli, udendo narrare della nobile Partenope l'origine
antica, in sé ne gode e fra sé con tacita voce la loda e quella atta alle cacce
più volte si ricorda avere udita, sì come luogo abondevole di giovinette
cavriuole e lascive, di damme giovani preste e più correnti, e di cerve mature,
a ogni rete, cane o istrale avvisate. E appresso, l'audacia di Caleon
ascoltando, temeraria la reputa e in sé lunga quistione ne tira; e in ultimo
pur la loda, estimando che gli audaci sieno aiutati dalla fortuna e che, per
così bella donna, sia più da biasimare la savia temenza che il matto ardire.
Ma, sopra tutte l'altre cose, della preveduta donna dal giovane ha maraviglia,
e sanza fallo disposizione de' cieli la giudica; e con fervente disio, nelle
spalle ristretto, dice fra sé: - Ora foss'io stato in luogo di Caleon e ciò che
potesse ne fosse seguito: e che ne saria potuto seguire peggio che la morte?
Niuna cosa; questa si giudica suppremo dolore, la quale o sarebbe venuta o no.
Ma pure, se venuta fosse, ella saria da reputare graziosa, con ciò sia cosa che
allora si dica buono il morire quando altrui giova di vivere. E potrebbesi avere
più certa via alle case degli iddii che rendere lo spirito nelle braccia di sì
fatta donna, o per lei, ovunque si fosse? Certo no; adunque non temerario, ma
savio fu Caleone. -
Ma, mentre che elli così fra sé ragiona, la bella donna,
compiuto il ragionare, del suo cantare s'appressava alla fine; ond'elli, tolto
l'animo da questi pensieri, alzò la testa e cominciò a riguardare a cui dovesse
i ragionamenti seguenti donare. Ma nulla altra, che parlato non abbia, vi si
vede, se non la sua Lia, la quale egli, con occhio fiso mirando, bellissima
vede; e tanto più che non suole, che, in maraviglia venutone, attonito si
taceva. Elli riguarda i vestimenti di lei, d'oro simili in ogni parte, e sopra
i bellissimi capelli coronata di quercia, nel viso di luce mirabile
risplendente. Per che, quanto alcuna che quivi sia, dopo lunga estimazione, la
sente bella, e sé della colei grazia ricco sentendosi, tenendo l'animo fermo in
lei, danna gli avuti pensieri quando con fervente disio cercava d'essere Affron
o di mutarsi in Ibrida o divenire Dioneo o parere Apaten o Apiros o Caleone.
Non che l'essere alle passate ninfe suggetto li paia grave o il rifiuti, ma
solamente gli altri, di quelle suggetti, avere più di sé felici tenuti
condanna. Ma sentendo già la ninfa avere finito, in sé tornato, inverso la sua
Lia con umile priego mosse pietose voci, dicendo che, come l'altre avevano
detto, ella dicesse; la quale sorridendo così cominciò a parlare:
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