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Giovanni Boccaccio
Comedia delle ninfe fiorentine

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  • [XLVII]
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[XLVII]

O diva luce che in tre persone

e una essenza il ciel governi e 'l mondo

con giusto amore e etterna ragione,

dando legge alle stelle e al ritondo

moto del sole, prencipe di quelle,

sì come discerniamo in questo fondo,

con quello ardor, che più caldo si svelle

del petto mio, insurgo a ringraziarti,

e teco insieme queste donne belle.

La quale acciò che potessi mostrarti

a me, che te quasimente ignorava,

non ti fu grave tanto faticarti

che del bel cielo in questa vita prava

non discendessi, aprendomi l'effetto

che 'l mai di questo mondo ne disgrava,

la caligine obstando allo 'ntelletto,

ch'agli occhi miei del tutto ti togliea,

con l'operar di Mopsa e col suo detto.

A cui Emilia, come si dovea,

seguendo, mi rivolse alla tua santa

faccia, guidando la spada d'Astrea.

E quella appresso per cui su si canta

la loda di Pomena, a' tuoi piaceri

misurò la mia cura tutta quanta,

fortificando me a' tuoi voleri

Acrimonia dop'essa, in guisa tale

che più del mondo non temo i poteri.

Quindi Agapes del tuo foco etternale

m'accese, e ardointimamente

ch'appena credo a me null'altro equale.

E la Fiammetta, più ch'altra piacente,

sì m'ha ad in te sperar l'anima posta

ch'ad altro non ha cura la mia mente.

Simile tutta a me chiara e disposta

s'è la mia Lia con gli effetti suoi,

che di que' nullo da me si discosta.

Adunque, tu che vedi e tutto puoi,

governa in queste sì la mente mia

che al gran mi ritrovi tra li tuoi;

e in etterno, come il cor disia,

sia il tuo nome, sì com'egli è degno,

sopra ogni altro exaltato: così sia;

e simile di queste, da cui tegno

tanto di ben quanto nel mio parlare

cantando avanti dimostro e disegno.

Il qual s'avien che io voglia lasciare

a chi dietro verrà, sì che si possa,

sì come io, d'esse innamorare,

così serva i miei versi che percossa

d'invidia quelli giammai non risolva,

o le mie carte, ad odio iniquo mossa;

(e quelle in seta o in drappi rinvolva,

e in molte parti legate e ristrette,

portate via, la man gallica solva)

che elle forse non sian poi elette

a servar ciò che la filata lana

per soldo acquista delle feminette;

o forse cuopran la cura profana

de' providi ministri di natura

alla morbida carne render sana;

o che, coperte di nuova pittura,

ne' pillei cucite dien segnali

della mal fatta tua bella figura.

Che s'avvenir ciò dêe, a coronali

fiamme più tosto le cheggio dannate

ch'a vita laniata e disiguali.

Omai, rimesse en la tua deitate,

mi tacerò; e di costoro ardendo,

dop'esse cercherò le mie contrate,

di rivederti con esse attendendo.




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