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Giovanni Boccaccio Comedia delle ninfe fiorentine IntraText CT - Lettura del testo |
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[XLVIII] Tacque Ameto; e l'ora già tarda con le loro pecorelle pingeva i pastori alle case, e i gai uccelli, tacendo, infra li folti rami presi i loro ospizii, davano largo luogo a' vipistrelli, già per la caliginosa aere trascorrenti; e non s'udien le cicale, ma gli stridenti grilli per le rotture della secca terra s'aveano fatto cominciare a sentire; e Espero già si potea vedere infra li tiepidi raggi di Febo cercante l'occaso, col quale i lassi zeffiri cercavan di riposarsi. Onde ciascuna i vestimenti, le ghirlande, gli archi e le saette riprese, come quivi venute, così i prati lasciando, ad Ameto umilemente dicendo addio, si dipartirono e per più fresco aere ricercarono le propie case. Ma Ameto, con etterno segnale di tutte nello ardente petto segnato, le vedute cose reiterando nella sua mente, in sé biasimando la troppa affrettata partenza, con isperanza di ritornarvi, similemente si parte lieto e alle sue case si rende, acceso di molti amori. |
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