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Giovanni Boccaccio Comedia delle ninfe fiorentine IntraText CT - Lettura del testo |
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[X] Avea già Lia la sua orazione compiuta, quando a' loro orecchi da vicina parte una sonante sampogna con dolce voce pervenne; e a quella rivolti, vidono in luogo assai grazioso sedere uno pastore, quivi delle vicine piagge disceso con la sua mandra; e a quella, ruminante e stesa sopra le verdi erbette co' caldi corpi, sonava all'ombre ricenti; e sonando aggiugneva alcuna volta belle parole con grazioso verso alla sua nota. Il quale veduto da loro, di concordia là dove egli era n'andarono, e lui, per la loro venuta tacente, pregarono che la canzone ricominciando cantasse. E chi avrebbe alle petizioni di coloro negata alcuna cosa? Non i freddi marmi di Persia, né le querce d'Ida né i serpenti di Libia né i sordi mari d'Elesponto: per la qual cosa a' prieghi di quelle mosso Teogapen, la bocca posta alla forata canna, così dopo il suono, a petizione delle donne, ricominciò a cantare:
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