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Giovanni Boccaccio
Comedia delle ninfe fiorentine

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  • [XIII]
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[XIII]

Mentre che Ameto riguarda, examina, distingue e conferma in sé delle venute ninfe la mira bellezza, Teogapen, contentate le donne, finisce la sua canzone; al quale Lia ringraziandolo disse:

- Meritino gl'iddiialta fatica a te grazioso, il quale sì accettevole il tuo verso hai pórto ne' nostri orecchi, quale a' faticati si presta sopra le verdi erbe il leno sonno, o le chiare fontane e frigide agli assetati. -

Non rispose contra Teogapen; ma, intento alle risse incominciate quivi tra' sopravenuti pastori in merito del suo canto, addomandò che le donne ascoltassero le loro quistioni. E quivi Acaten, d'Academia venuto, vantantesi di più magisterio ch'altro nelle sue gregge, come in versi mostrare intendeva contro Alcesto d'Arcadia che con lui in quelli medesimi si confidava nelle sue parole di vincerlo, fece venire avanti e nel suo cospetto puose l'apparecchiato Alcesto. E disposti amenduni di tenere per sentenzia ciò che per le donne ascoltanti si giudicasse, Teogapen proferse a' versi loro l'aiuto della sua sampogna e per guiderdone del vincitore apparecchiò ghirlande. E alla incerata canna con gonfiata gola e tumultuose gote largo fiato donando, quello risoluto in suono, con preste dita ora aprendo ora chiudendo i fatti fori, dava piacente nota; e comandò con segni che ad Alcesto, cominciante co' suoi versi cantando, Acaten rispondesse. Per la qual cosa Alcesto, e quelli appresso, così cominciò:

 




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