[XXVII]
La graziosa e bella mia Pomena,
fuggente l'acque frigide peligne,
da lor si scuda e dal pian che le mena;
e con gli effetti suoi lega e ristrigne
le furibonde corna di Lieo,
se forse oltre dovere in fuor le pigne,
lieta porgendo ciò che di Pelleo
la moglie regge alla sete vegnente,
sì ch'appetito giusto non fa reo.
Dal costei viso ciascuna dolente
lonza che tira il carro di colui
presta si fugge e trista nella mente;
e simil fauno i serpenti da cui
tirato è quel di Cerere, la quale
umile vien, come piace ad altrui.
Quinci si fugge quella che del male
del padre nacque nell'onde salate,
ristando sol nel toro geniale.
Minerva le sue fila, compilate
con artificio ad uso non villano
come le piace, le presta ordinate.
Il modo abominevole e istrano
del viver simigliante a Palemone
di costei nel cospetto è nullo e vano.
Ristrigne e dà quanto vuolsi il sermone;
e 'l passo lungo o corto altrui disegna
secondo i tempi o movente cagione.
La 'mprese furibonde vieta e sdegna,
disponendo a' pensier gli atti futuri
dentro alle savie menti ov'ella regna.
I pensati consigli dà maturi
agli occhi ben disposti, aperti e chiari,
e a' contrarii, ruvidi e oscuri;
e ove spander vuolsi, non ha cari
i suoi tesor, ma con degna misura
li spande, aprendo gli avuti ripari.
E com'io dissi, già alla cultura
degli orti suoi sollecita si muove,
non obliando la debita cura,
col cuore amando sempre il sommo Giove.
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