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Giovanni Boccaccio Comedia delle ninfe fiorentine IntraText CT - Lettura del testo |
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[II] Quella virtù che già l'ardito Orfeo mosse a cercar le case di Plutone, allor che forse lieta gli rendeo la cercata Erudice a condizione e dal suon vinto dell'arguto legno e dalla nota della sua canzone, per forza tira il mio debole ingegno a cantar le tue lode, o Citerea, insieme con le forze del tuo regno. Dunque per l'alto cielo, ove se' dêa, per quella luce che più ti fa bella ch'altra a cui Febo del suo lume dèa, per lo tuo Marte, o graziosa stella, per lo pietoso Enea e per colui che figliuol fu di Mirra sua sorella, cui più amasti nel mondo ch'altrui, per la potenzia del tuo santo foco, nel quale acceso sono e sempre fui; se ti sia dato lungo e lieto loco di dietro al Sol nell'umile animale, ch'Europa ingannò con falso gioco, metti nel petto mio la voce tale, quale e' sente il poter della tua forza, sì che 'l mio dire al sentir sia equale, e più adentro alquanto che la scorza possa mostrar della tua deitate, a che lo 'ngegno s'aguzza e si sforza. E te, Cupido, per le tue dorate saette priego, e per quella vittoria che d'Appollo prendesti, e per l'amate ninfe (s'alcuna mai di tanta gloria vantar potessi ched ella piacesse agli occhi tuoi, o nella tua memoria, come amata cosa, loco avesse), che tu perdoni, alquanto alleviando, le fiamme nuove dal tuo arco messe nel cor, che sempre notte e dì chiamando va il tuo nome, per mercé sentire di ciò che lui con disio tene amando, sì che io possa più libero dire, non vinto da dolor né da paura, quel che con gli occhi presi e con l'udire. E tu, più ch'altra bella criatura, onesta, vaga, lieta e graziosa, donna gentile, angelica figura, a cui suggetta l'anima amorosa di me dimora in pena, sì contenta, che poco più ne vive altra gioiosa, leva la voce tua e il ciel tenta co' prieghi tuoi che meritano effetto, se ver nel tuo bel viso s'argomenta; e priega sì che possa il tuo suggetto della tua gran bellezza appien parlare ciò che ne sente nel ferito petto. Chi sarà quello iddio ch'a te negare o voglia o possa ciò che chiederai? Nullo, ch'io credo; ch'a ciaschedun pare te degna del lor luogo; ove se mai sarai, ché vi sarai, nel divin seno me che più t'amo ancor riceverai. Ecco ch'io vaglio poco, e molto meno sanza di te ispero di valere: dunque l'aiuto grazioso e pieno di te in me discenda, il cui potere più ch'a te piaccia avanti non si stende, acciò ch'io possa parlando piacere. Vedi la mente mia come s'accende quello attendendo, e d'alcun altro iddio quasi non cura, e solo il tuo attende, per dire intero ciò c'ha nel disio: adunque il tuo, a lei più ch'altro caro, o donna, presta grazioso e pio. Io mosterrò l'essere stato avaro negli altri aspetti Giove di bellezza a rispetto di quella che formaro le sorelle fatal' nella chiarezza che spande il viso tuo e di coloro che 'n compagnia della sovrana altezza di te conobbi in grazioso coro, nel dolce tempo che cantan gli uccelli istanti all'ombra d'un fiorito alloro; e 'l bel parlare e gli atti lieti e snelli e l'operata già somma salute da voi ne' campi amorosi; e in quelli, com'io posso comincio, tua virtute superinfusa aspettando che vegna tal che per te le mie cose vedute in quello stil che appresso disegna la mano, acquistin lode e 'l tuo valore fino alle stelle sì come di degna donna si stenda con etterno onore. |
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