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Giovanni Boccaccio
Comedia delle ninfe fiorentine

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[XXV]

Finito il grazioso canto della donna bella, il quale fu cotale nelli orecchi d'Ameto quale quello d'Atlanciade in quelle d'Argo, egli, già sentente il terzo fuoco, rivocò gli occhi dallo angelico viso di lei, e sospirando con tacita voce disse:

- O Inache, minore cosa sarebbe e a te molto più lieve, benché ogni cosa igualmente possibile sia appo te, di farmi in Ibrida convertire e Ibrida in Ameto, che non fu rendere alla pregnante madre la femina Ifi maschio. Oh quanto io il disidererei e quanti prieghi ti sarebbono da me pórti devoti, s'alcuna speranza avessi di cotal grazia! -

Dopo queste parole, con voce più alta, riguardando le aspettanti donne, disse:

- O bella donna, seguite le prime col grazioso canto e col parlare. -

Alle quali parole la ninfa, di purpurea veste coperta, sentendo che a lei dicea, dopo un leggiadretto riso, levata alta la testa, così cominciò a parlare:




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