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Giovanni Boccaccio Comedia delle ninfe fiorentine IntraText CT - Lettura del testo |
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[XXX] Da' caldi fiati del turbido Noto, da sozze piove e nuvoli premuto, d'ogni letizia nello aspetto vòto, dal freddissimo Borea canuto, l'acque strignente, e dal veloce Eoo o da quale altro, fiero o len tenuto, e dall'onde ravolte d'Acheloo, pazze non men che il dolente Oreste, sanza la vera fé di Peritoo, e dalle varie e timide tempeste de' regni di Nettunno e da' furori del troppo iddio lodato da Aceste, e dalli male in fuor gittati ardori del perfido Tifeo e dal momento che fanno i monti per li suoi dolori quando vuol leviare il suo tormento, difende forte con ardito petto Bellona, cui servire io m'argomento. Questa presta arme sanza alcun difetto contra Pluton, degli animi invaghito, come già fu del grazioso aspetto di Proserpina allora che fedito fu da Cupido, avendo e' riguardato il fondamento del cicilian sito. E oltre a ciò fa chi la segue grato, magnanimo alle 'mprese e liberale dove conviensi e secondo lo stato, lunganimo e di moti sempre equale faccendo quel, sanza tristarsi mai per fortunal sopravenuto male. E così come in questo non ha guai, così ne' falsi ben nulla allegrezza prende più ch'un che non l'ebbe già mai, in ogni cosa mostrando fortezza, curando il mondo quanto il mondo il cura, lui schernendo con la sua bellezza. Così con mente rigida e sicura dirizza altrui al ben che 'l ciel ne mostra sempre girando con sembianza pura, al qual, se ben ci portiàn nella giostra data nel cuore ognor, sanza ristare, da' vizii opposti alla salute nostra, seco ne mena in quello ad abitare. |
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