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Giovanni Boccaccio Comedia delle ninfe fiorentine IntraText CT - Lettura del testo |
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[XXXIV] Ritornato s'era Ameto a' pensieri dolci; e in quelli con non meno diletto che mirando le donne si stava contento, avvegna che alcuna volta brievi estimasse i ragionamenti di quelle, li quali dubitava che troppo tosto non si compiessero e, compiuti, quindi si dovessero partire. Ma come a' suoi orecchi pervenne la bella ninfa a vecchio marito essere congiunta, dolente, cotale sé ad execrare incominciò: - O iddii, o cieli mal graziosi, o iniqua fortuna, io vi maladicerei, se sanza danno di me fare lo credessi. Deh, quali cagioni vi mossero a darmi il nascimento più basso che l'animo, o l'animo maggiore che 'l nascimento? Quale peccato si dovea commettere da me che io per quello sotto iniqua parte allora del cielo signoreggiante, ch'io nacqui, dovessi nascere, per la quale potenzia mai cosa a me piacevole non seguisse? Or che è a pensare questa giovane con vecchio marito trarre dimoranze invite, e a ragione? Dove era io allora, o fortuna crudelissima ne' miei fatti? Non era io così degno di costei come 'l vecchio? Che meritò più colui nel tuo cospetto che abbia fatto io? Niuna altra cosa se non ch'è più ricco; e io ho, in luogo della sua ricchezza, la giovane età, la quale elli per tutti i tesori del mondo non potrebbe riavere, salvo se Medea non tornasse a rendergliele, come ad Ensone. Certo ella si convenia più a me che a colui: io l'avrei in ogni cosa fatta contenta, e almeno in quello di che sogliono essere più vaghe le giovani, l'avrei io molto meglio servita che il vecchio. Tu credesti nuocere a uno e hai nociuto a tre: al vecchio, a cui è penitenzia, alla giovane, a cui è danno, e a me, che di tale bene era degno. Certo, s'e' mi fosse licito il crucciare, già ti mostrerei quanto l'ira m'accenda e come questo accidente mi noi. O giovanezza infelice ch'è quella de' poveri, non di vita fortezza, ma sicurtà di più lunghi danni, fuggiti da me, poi che le ricchezze sono antiposte alla tua virtù: la morte ti fia più utile che aspettare la bianca vecchiezza, sommo infortunio de' mendicanti. O bellezza, bene caduco, perché venisti tu in me, poi che giovare non mi dovevi? O biondi capelli, o barba prolissa, cadetemi! I bianchi sono più fortunati di voi: la qual cosa pensando m'è cagione di non piccola noia. O giovane ninfa, perché questi amori cominciasti? Io vedendo, contento quasi della tua bellezza, consolato ti riguardava; ora, ad una ora di te e di me divenuto per compassione debita doloroso, in tristizia ho voltata la mia letizia. Ma se tu non meno savia che bella sarai, tu seguiterai gli exempli della bellissima Elena, abandonante le già biancheggianti tempie di Menelao per le dorate di Paride; la quale cosa Briseida avrebbe fatta, se il suo Acchille l'avesse voluta ricevere. E se forse questi exempli ti sono occulti, io gli ti narrerò; e oltre a ciò la mia persona, ove io più che 'l vecchio ti piaccia, sempre sarà ad ogni tuo piacere apparecchiata. La qual cosa, o sommi iddii, concedete ch'ella sia: io non dubiterò di transfugarla per tutto il mondo s'e' fia bisogno. E ancora sicuro prenderò l'armi, se con armi fia ricercata: niuno affanno mi sarà grave per così bella cosa, per amore della quale etterna laude mi riputerei il morire. - E poi ch'egli per lungo spazio in sé così s'è doluto, egli la rimira da capo, e ascoltando i suoi amori, prima reputando Apiros felice, disidera d'essere lui; e tanto in questo il tira il disio che già desso si reputa e lei gli pare nella chiara fonte vedere ignuda, come ella narra che quelli la vide; e in sé ammirando, loda le parti che egli mai non vide, e quelle con tutto l'animo abraccia, strigne e bacia, e così acceso diventa come quella era. Ma poi che lungamente sé per cotali pensieri ebbe tratto, sentendo la donna avere cantato, alla bella giovane di verde vestita rivolto disse: - O graziosa donna, quando vi piaccia, narrate i vostri amori; le cui parole da ora priego gli iddii che più mi siano graziose che quelle le quali la ninfa che ora si tace ha dette. - Quella, ridendo e lieta molto, levò alta la testa alle voci d'Ameto e il chiaro viso rendé alle riguardanti; e dopo picciolo spazio, con movimento di membri piacevole e con atto d'autorità pieno, incominciò le seguenti parole: |
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