SCENA QUARTA.
Enea e Didone che si avanzano sotto un ombrello di tela cerata.
- Il temporale imperversa.
Enea. Affrettiamoci verso la reggia...
La pioggia è così dannata, che non vi è ombrello il quale possa difenderci...
Did. Tornare dalla caccia senza aver
preso un uccello... Ciò non mi è mai accaduto. Ti confesso, diletto Enea, che
il mio amor proprio di donna e di regina ne soffre maledettamente...
Enea. Credete... regina... Con questa
acqua, con questo vento...
Did. Oh! che vedo? Una grotta! Se
entrassimo là dentro... Che te ne pare?...
Enea. Non posso astenermi dal farvi
riflettere che le grotte sono ordinariamente ricettacolo di belve e di
serpenti...
Did. (con voce carezzante) In quella
grotta non ci sono belve... Io l'ho visitata più volte in ottima compagnia, e
ti assicuro che se vi ho trovato dei serpenti a sonaglio, questi non mi hanno
procurato che delle distrazioni gradevolissime...
Enea. (Questa donna è sopracarica di
elettricità...)
Did. Vieni dunque!...
Enea. Entriamo!... (facendo dei
complimenti sull'ingresso della grotta). Maestà... precedetemi...
Did. (saltandogli al collo e
traendolo seco) Lasciamo i complimenti. - In presenza di un temporale, ogni
disuguaglianza sparisce...
(Giove, annoiato di attendere,
soffia dal naso uno starnuto, che produce il rombo del tuono. Enea e Didone si
precipitano nella grotta).
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