L'ISOLA DI MICOMAR
L'isola di Micomar è poco nota agli
Europei. I superbi navigli che tre volte all'anno compiono il giro dei due mari
di Azimorra e di Gengiva, è ben raro che si accostino al porto di Carina, per
sbarcarvi qualche viaggiatore. Carina, come ognun può vedere nel primo
Dizionario che gli capiti tra le mani, è la capitale dell'isola. Le sue belle e
candide mura di alabastro si innalzano maestose ai piedi del Monte Récor,
laddove il Penémore, quel superbo fiume che all'ora del tramonto sembra ancora
rosseggiare del sangue dei Polluteri trucidati dal barbaro Nabicondo, si getta
fragorosamente nel mare. L'isola di Micomar, perciò appunto che pochissimi
viaggiatori Europei si degnano visitarla, conserva l'impronta originale e
caratteristica che aveva, due secoli or fanno, ai tempi del buon Re Vidocarta.
Gli uomini vi crescono sani e vigorosi; le donne vincono in bellezza i più
simpatici tipi ideati dai nostri pittori insigni. Grazie alle sane istituzioni,
ai rigori delle leggi, e diciamolo pure, agli istinti ingeniti della buona
razza Caldosemina, regna nell'isola una semplicità e morigeratezza di costumi
che a noi, cresciuti nel brago della corruzione europea, parrebbe quasi
ridicola. Basti dire che da circa trecento anni non si è mai constatato che
dentro le mura di Carina avvenisse un solo crimine di adulterio. A mantenere
inviolata la fedeltà dei talami concorrono, oltre alla già accennata bonomia
degli istinti individuali, le saggie e veramente ammirabili istituzioni del
paese. Mentre il matrimonio rappresenta ancora sul continente Europeo una
mostruosità sociale non d'altro feconda che di abbominazioni e di delitti, qui
all'incontro, grazie alla sapienza delle leggi ed alle consuetudini
scrupolosamente osservate dagli isolani, il consorzio coniugale significa un ambiente
di moralità e di benessere, la realizzazione di ciò che l'uomo e la donna
possono ideare di più sereno in fatto di felicità domestica.
Le provvide leggi relative al
matrimonio vennero promulgate nell'isola di Micomar sotto il regno pacifico di
Semedamore, un Re filosofo, vissuto ai tempi di Salomone. Si vuole che i due
sovrani abbiano sostenuto in quelle epoche da noi remote una fiera polemica
sovra il tema delicatissimo della pluralità delle mogli. Semedamore, che al
pari del suo regal cugino Salomone aveva fatto delle esperienze estenuanti
sovra parecchie miliaja di concubine, concluse formulando in stile alquanto
barbaro il concetto: «bastare all'uomo una sola donna, bastare alla donna un
solo uomo, purchè l'uomo sia uomo, e la donna sia donna.» Quel saggio Re,
proscrivendo da' suoi stati il concubinato e imponendo l'obbligo del matrimonio
a tutti i suoi sudditi, si avvisò innanzi tutto di provvedere alla idoneità
fisica dei mariti ed alla idoneità morale delle mogli. Partendo da tali
principii, quel saggio fra i Re ottenne, ora fanno cinquemila anni all'incirca,
di sciogliere un problema, intorno al quale oggidì si spendono infruttuosamente
nei paesi dell'Europa civile tante pagine di libri e tante declamazioni da
teatro.
Venendo a Carina, io recava meco
una lettera commendatizia del barone di Granfort all'indirizzo di uno dei più
ricchi commercianti della capitale, il signor De-Tonnalli Core-di-perla. Fra le
molte, singolarissime costumanze di questo avventurato paese, vi è pur quella
che a ciascun capo di famiglia è concesso, previo consenso ottenuto dagli
Anziani, di mutare il proprio cognome. Tale concessione viene accordata
specialmente a coloro, i quali si illustrano per qualche azione generosa,
ovvero coi traffici, colle opere dell'ingegno, riescono ad emergere e a
collocarsi in una posizione elevata. Bellissima costumanza mi sembra poi quella
che i nomi personali vengano, come si usa qui, derivati da qualche dote
caratteristica dell'individuo. Il nome personale vien dato ai fanciulli d'ambo
i sessi appena sieno entrati nell'anno decimoterzo. I parenti, gli amici di
famiglia si adunano a fratellevole banchetto. Il fanciullo siede in capo della
tavola sovra uno sgabello elevato; parla, ride, canta, gesticola, mette in
evidenza, durante e dopo il banchetto, tutte le sue doti fisiche e
intellettuali - quindi, i parenti e gli amici si ritirano, discutono, qualche
volta si accapigliano; ma alla fine, il nome vien messo ai voti e imposto al
fanciullo tra i brindisi, i canti e le danze, che durano ordinariamente fino
allo spuntar del mattino.
Presentandomi al signor
De-Tonnalli, ebbi da lui una accoglienza, la quale giustificava il bel nome di
Core-di-perla che i parenti gli avevano conferito.
- Ella vorrà scusarmi, mi disse con
schiettissimo accento, se l'ho fatto attendere dieci minuti. Oggi, mio figlio
Gal-di-fuoco deve intraprendere il suo giro di nozze.... Partirà verso le
dieci.... ed io debbo......
- Non la si disturbi per me - gli
risposi - io andrò intanto a vedere qualche monumento della città....
- Ma no! - disse il mio buon ospite
stringendomi la mano per trattenermi; desidero che prima Ella veda mio
figlio......
- Sarò lietissimo di augurare a lui
ed alla sua sposa il buon viaggio......
Il signor De-Tonnalli sorrise.
- Ella prende equivoco, ovvero io
non mi sono spiegato chiaramente, mi disse. Mio figlio intraprende oggi il suo
giro di nozze, vale a dire.... (ma sicuro! Ella non conosce gli usi
dell'isola). Gallo-di-fuoco ha compiuto il ventitreesimo anno, ed essendo jeri
uscito vittorioso dalle prove sessuali imposte dalle nostre leggi, oggi, in
compagnia del suo precettore, visiterà le principali famiglie della città per
vedere se qualche bella, e savia, e brava fanciulla voglia fargli delle serie
proposte. Oh! io non dubito dell'esito... Gallo-di-fuoco è un bel ragazzo.... e
poi.... ha dello spirito.... e poi... Ma forse l'amor di padre mi illude...
Ella stessa potrà giudicare..... e fare dei pronostici....» Inquel punto, una
porta si aperse, e Gal-di-fuoco entrò nella sala al braccio di un ometto di
cinquant'anni all'incirca, che era, affrettiamoci a dirlo, il suo precettore.
Gal-di-fuoco mi piacque di primo
aspetto. - Era un bel giovane e un'anima ardente - il nome lo ritraeva
fisicamente e moralmente. Dopo breve scambio di parole: io debbo uscire, mi
disse, debbo andar in volta per la città, e visitare parecchie case per uno
scopo (a tal punto le sue guancie che non potevano divenir più rosse,
impallidirono di pudor verginale). - Il signore è già informato di tutto,
interruppe il De-Tonnalli, vedendo l'imbarazzo del figlio - noi ti
aspetteremo.... e credo non indugierai molto a tornare...
- Se al signore non dispiacesse,
riprese Gal-di-fuoco volgendosi a me col suo fare più schietto ed ingenuo; se
non le spiacesse accompagnarmi in questa breve escursione ch'io vado ad
intraprendere, io gliene sarei gratissimo. L'averla a compagno mi darebbe
coraggio.... E sebbene in ogni cosa io mi sia sempre affidato alla saggezza del
mio ottimo precettore qui presente, pure io ritengo che in questo caso due consiglieri
gioveranno meglio che uno. - Dunque: vorrebbe Ella accompagnarmi?
Non mi feci replicare l'invito. Io
desiderava troppo di conoscere i costumi del paese, per non profittare della
bella occasione che mi veniva offerta. Il precettore parve alquanto turbato; ma
io mi affrettai a rabbonirlo con quelle dimostrazioni di deferenza e di
rispetto che soddisfano tanto all'amor proprio degli uomini di tal specie. Quel
precettore si chiamava Spugna-di-Senno - e ben presto, interrogandolo su vari
argomenti, dovetti convincermi che al paragone di lui io non era che un sublime
ignorante europeo.
Di là a pochi istanti io prendeva
congedo dal signor De-Tonnalli e salivo con Gal-di-fuoco e Spugna-di-Senno in
un magnifico carrozzone per far il giro della città.
Non s'era percorso mezzo chilometro
di via, quando Spugna-di-Senno, dopo aver consultato un almanacco sul quale
erano iscritte le famiglie più cospicue di Carina, ordinò al cocchiere di
arrestare i cavalli. Gal-di-fuoco trasalì.
- Comincieremo, disse il savio
precettore, dal visitare le famiglie più ricche; e che Dio faccia in seno di
queste si trovi l'oggetto simpatico e consenziente! La ricchezza è un bene
caduco, ma pure non guasta la felicità dell'imeneo.
- Illustre Spugna-di-Senno, sono
anch'io del vostro avviso - risposi, dandogli il braccio per ajutarlo a
discendere dal carrozzone. - Gal-di-fuoco non badava ai nostri discorsi. Egli
si era slanciato negli atri del palazzo e il suo naso protuberante pareva
fiutasse gli intimi appartamenti. Entrammo nella sala terrena che dava sul
giardino. Spugna-di-Senno presentò una carta al maggiordomo. Questi lanciò una
occhiata furbesca su Gal-di-fuoco e poi disse: vado subito ad avvertire madama
e le due signorine.
Io chiesi al precettore: sarebbe,
Vostra Sapienza, tanto cortese da dirmi il cognome dei proprietarii di questa
casa?
- I proprietari di questa casa,
rispose Spugna-di-Senno, discendono dalla illustre prosapia dei Batti-l'-oro.
Debbo però avvertirvi che nell'isola nostra voi passereste per uomo di cattivo
gusto chiamando le persone col cognome collettivo di famiglia. Gli abitanti di
questo paese ci tengono assai al loro nome personale, il quale ritrae, come
forse vi è noto, le qualità più spiccate di ciascun individuo. A tal punto, il
maggiordomo ricomparve sulla porta del salotto ed annunziò seccamente l'arrivo
di Alba-di-maggio.
Era una donna di quarant'anni
all'incirca, assai florida e bella. Gallo-di-fuoco al vederla spiccò due salti
per farsele incontro, ma il precettore lo trattenne per un braccio.
Alba-di-maggio vide e comprese - e
volgendosi amabilmente a Gallo-di-fuoco: le prometto, disse sorridendo, che le
mie figlie non si faranno attendere lungamente.
- Le sue figlie! - esclamò il
giovane arretrando - ma io mi ero quasi innamorato della madre.... Ah! è pur
bella, è pur seducente questa Alba-di-maggio!
Il fruscìo di una veste di seta
attrasse nuovamente i nostri sguardi verso la porta, e una giovinetta
leggiadrissima si fece innanzi salutandoci tutti quanti con spigliatezza
elegante.
- Ecco la mia figlia più adulta,
sclamò Alba-di-maggio. Il di lei nome...
- Vediamo un po' se questo bel
signore è capace di indovinarlo! interruppe la giovinetta indirizzandosi a
Gallo-di-fuoco che stavolta avea fatto quattro giri di piroetta per dissimulare
la propria emozione. - Per agevolarvi un tal compito, vi dirò che il mio nome
riproduce un tratto caratteristico del mio volto.... dunque, fissatemi gli
occhi in viso... e poi... dite...!
- Il vostro nome, riprese
Gallo-di-fuoco al colmo della emozione, non può esser che Occhio-di-Anémone...
ovvero...
- Abbasso l'ovvero! - gridò
la fanciulla battendo le palme - avete colto nel segno di primo tratto... Io mi
chiamo Occhio-di-Anémone... come voi, mio bel signorino, dovreste chiamarvi....
dovreste.... chiamarvi.... Via! Ajutatemi un poco...
- Nel mio nome, rispose il giovane
con ansia mal dissimulata, si riassumono due tratti caratteristici della mia
figura e del mio temperamento.
- To! To! strano davvero! sclamò la
fanciulla ridendo - sta a vedere che i vostri parenti hanno avuto il cattivo
gusto di battezzarvi Pollo-di-fuoco!» Il giovane arrossì e chinò la testa con
aria mortificata - poi disse: fra un pollo ed un gallo vi hanno poche
differenze apparenti - ma io ritengo che in ogni caso della mia vita farò onore
a quei presaghi osservatori della mia adolescenza che mi chiamarono gallo.
Ciò detto, il giovane mi trasse in
disparte per mormorarmi all'orecchio: «io sono furiosamente innamorato di
Occhio-d'-Anémone - ma vedo che Ella non vorrà saperne di me, e che io dovrò morire
di crepacuore.
Una voce melodiosa che augurava il buon
giorno a tutti riscosse il giovane isolano da quell'effimero abbattimento.
Era entrata nella sala la sorella
di Occhio-d'Anémone.
Il povero giovane, ch'era rimasto
poco dianzi in tale atteggiamento da assomigliar per davvero ad un pollo uscito
dall'acqua, si rifece gallo al suono di una voce argentina, alla vista di un
volto che vinceva in bellezza la idealità più fantastica.
- Bocca-di-fragola! esclamò il
giovane più che mai ringalluzzito.
- Bocca-di-fragola per lo appunto,
rispose la giovinetta battendo le mani.
- La mia secondogenita, soggiunse
amabilmente Alba-di-maggio.
In quel punto la porta della sala
si riaperse per dare accesso ad altre donne.
- Tu qui, Biscia-d'avorio!...
- E tu pure, Conca-di-perla!
- Voi... Pan-di-buttiro!...
Mentre le donne e le damigelle si
baciavano allegramente, il precettore mi trasse in disparte e mi disse: «vedete
come accorrono, quelle brave ragazze, al richiamo di un gallo...! Ciò mi è di
buon augurio.
Gal-di-fuoco, malgrado le sue vesti
di tulle leggerissime e trasparentissime, sudava dalla commozione.
- Se queste signorine lo
permettono, disse balbettando, io spalanco le invetriate che danno sul
giardino...
- In giardino! in giardino! strillò
all'unissono quel festevole coro di fanciulle. E senz'altro, circondarono
Gallo-di-fuoco, lo afferrarono per le mani; per le code del soprabito, e
saltando, ridendo, trillando, lo trassero fuori del salotto.
Io rimasi nel salotto col
precettore.
- Che ne dite? mi chiese
Spugna-di-Senno; a voi, nato e vissuto in Europa, i nostri costumi parranno
alquanto singolari...
- Tanto singolari, che se voi,
sapientissimo e facondissimo precettore, non mi porgete qualche schiarimento,
io non saprò mai spiegarmi quanto ho veduto ed udito in questa casa. Ciò che
più mi ha sorpreso, ciò che quasi mi ha scandalizzato, fu la petulanza, o
piuttosto (scusate s'io parlo franco), la impudica sfrontatezza di quelle
fanciulle. Da noi in Europa...
- Conosco, conosco la vostra
vecchia Europa, interruppe Spugna-di-Senno. Non parlatemi dei vostri costumi.
Se poi volete formarvi un giusto criterio dei nostri, mettete da banda i
pregiudizi e le ipocrisie; e innanzi tutto fissatevi ben in capo quanto vado a
dirvi, che qui da noi nessun legislatore o ministro del culto s'è mai sognato
di infliggere una nota di infamia a quell'atto di propagazione che la natura si
piacque imporre a tutti gli esseri organizzati. Anche noi abbiamo poetizzata
questa istintiva e provvidenziale attrazione dei due sessi, chiamandola: amore.
Anche noi, convinti che il libertinaggio produce il deperimento fisico e morale
delle razze, abbiamo riconosciuto la necessità di moderarlo con provvide leggi.
Non per questo abbiamo velato la statua del Dio; non abbiamo calunniato la natura.
Voi avete detto: l'amore è un peccato; noi ci riteniamo più morali e più logici
di voi, coll'aver proclamato che l'amore è un dovere ed un diritto di tutti gli
esseri viventi. Dopo questo, non vi recherà meraviglia l'udire che il
matrimonio è obbligatorio per tutti gli abitanti dell'isola nostra, salvo i
pochi casi nei quali si presentino delle incompatibilità fisiche,
- Vi hanno dunque delle
eccezioni...?
- Di queste parleremo in appresso.
Permettete che innanzi tutto io vi esponga brevemente i principali articoli del
nostro codice coniugale. Appena compiuti i vent'anni, ciascun cittadino
dell'isola è autorizzato ad ammogliarsi; ma la fase che noi chiamiamo obbligatoria
comincia ai ventitrè anni e finisce ai trentacinque. Quando io vi abbia
soggiunto che l'età dello sposo non deve mai eccedere di tre anni quella della
moglie, e che qui da noi le proposte matrimoniali si fanno in ogni caso dalla
donna, comprenderete. per quali ragioni il così detto giro di nozze
viene dalla più parte dei nubili intrapreso in età giovanissima.
- Questa è nuova! interruppi
crollando il capo. - Si fa dunque, in codesta isola vostra, precisamente
l'opposto di ciò che si pratica da noi. Ora comincio a capire perchè quelle
fanciulle da me poco dianzi vedute mi parvero sì petulanti e sfrontate - ma non
comprendo per qual ragione vi paja utile ed onesto che le proposte matrimoniali
partano da quel sesso, il cui più bell'ornamento dovrebb'essere, a veder mio,
la timidezza e il pudore....
- Europeo incancrenito! - sclamò
Spugna-di-Senno coll'accento della più sentita commiserazione - non
comprendete! non comprendete!...ed io comprendo benissimo come da voi certe
cose non si possan comprendere! Per rendermi comprensibile, non ci ha dunque
altro mezzo; convien proprio ch'io vi metta sottocchio i bei risultati che si
ottengono nei paesi vostri, dove si segue l'opposto sistema. Eccovi una delle
vostre fanciulle; poniamo pure la più bella, la più buona, la più saggia delle
figlie di Europa. A diciasette, a diciotto, a vent'anni, malgrado l'abbominio
onde voi, sapientissimi e morigeratissimi, avete stigmatizzato il divino
istinto della natura, ella pur sente il bisogno di amare e di essere amata. Ma
voi le avete insegnato che bisogna reprimersi e dissimulare. Voi le avete detto
che è contrario alle leggi della onestà, del pudore, che so io, manifestare ad
un giovane dei sentimenti altrettanto soavi che naturali ed onesti. Voi
condannate questa giovinetta alle noje della sterile aspettazione. Voi credete
di sublimare la vergine, e create una martire tormentata da desiderii
infecondi. Ch'ella aspetti. Non è lei che deve scegliere. Ella deve ricacciare
nel profondo del cuore le vivaci simpatie che ad ogni tratto vorrebbero
irrompere. E frattanto passano gli anni... Io voglio ammettere che a tempo
opportuno, prima che il tormento degli insoddisfatti desiderii non l'abbiano
logorata fisicamente e moralmente, alla vostra fanciulla si presenti... un
aspirante. Voglio supporre che respinte le proposte del primo, perchè
ripugnante ed uggioso, si presenti il secondo ed il terzo... Ma ditemi -
signorino mio - credete voi che su cento matrimonii assortiti alla vostra bella
moda Europea, ve ne abbiano cinque, ve ne abbiano due, pei quali una giovine
donna vegga realizzarsi i suoi voti, i suoi sogni d'amore? Fortunate davvero le
vostre fanciulle! Voi vietate ad esse di scegliere, voi le obbligate a subire.
E subiscono, le disgraziate; subiscono per impazienza talvolta, più spesso, per
disperazione. E poi vi lagnate se più tardi esse vi fanno quei graziosi regali!...
Ma voi siete forse ammogliato, ed io mancherei alle leggi della buona creanza
completando il mio pensiero. Spero essermi spiegato abbastanza perchè voi
possiate rettificare i vostri criterii sulla moralità delle nostre fanciulle,
sulla saggezza delle nostre leggi e dei nostri costumi.
Spugna-di-senno parlava coll'enfasi
dell'uomo convinto, e la sua conversazione mi interessava a sommo grado. Dopo
breve silenzio io ripresi ad interrogarlo:
- Avete parlato di incompatibilità
fisiche; vorreste voi, illustre Spugna-di-senno, darmi su questo punto per me
oscurissimo qualche schiarimento?
- In due parole vi metto al chiaro
di tutto, rispose il mio amabile e facondo interlocutore. Vi par giusto, vi
sembra conforme alle leggi della natura, ciò che si pratica nei vostri paesi,
che il matrimonio venga consentito ad un individuo, il quale, per età, per
malattia, per qualsivoglia diffetto di costituzione, non si reputi idoneo alle
vigorose manifestazioni dell'amore? Ma i casi di deperimento precoce, è ben
raro che oggidì si producano nell'isola nostra, dove cresce una razza bella e
gagliarda, che non trova riscontri in nessun'altra popolazione del globo. Qui
gli uomini prendono moglie nell'età delle fervide passioni; da voi, il
matrimonio è una istituzione, che sotto molti aspetti somiglia ad un rifugio da
invalidi. Si può mai ripromettersi una unione felice laddove ad una sposa
giovinetta, ardente di lubricità contenuta, il marito non può recare altra dote
fisica che un cumulo di acciacchi? Vedete il nostro Gal-di-fuoco! Ieri, prima
di intraprendere il suo giro di nozze, egli ha fornite, come si vuole dai
nostri usi, delle prove stupende di validità ad una delle emerite più esigenti.
L'attestato che egli può mostrare alle fanciulle di Carina non potrebb'essere
più onorevole per lui. Ma questo non basta. Avete notato il singolare
abbigliamento che qui si costuma da chi intraprende il giro di nozze?
- Ho notato, e a dirvi candidamente
il mio pensiero, rimasi non poco scandolezzato. Quei calzoni di tulle
così diafani e trasparenti...
Spugna-di-senno crollò la testa in
segno di commiserazione, poi esclamò a labbro stretto: «Sempre il vostro pudore
che torna a galla! il vostro sublime pudore, che vorrebbe sovrapporsi alla
legge di natura ed eludere gli intenti ammirabili dell'organismo animale. -
Via! non vi allarmate di una inezia! Le brave e morigerate figliuole dell'isola
non si corromperanno, ve lo prometto, per aver lanciato uno sguardo furtivo
sulle trasparenze di un indumento di tulle. Se alle vostre pudicissime
verginelle di laggiù fosse parimenti consentita questa preventiva esplorazione
dei loro futuri sposi, non credete voi che i casi di incompatibilità fisica
avverrebbero meno frequenti? Gli adulteri che si commettono nei vostri
civilissimi paesi dipendono in gran parte dalla imperfetta rispondenza che dopo
le nozze si verifica, fra la realtà organica dell'uno e gli appetiti più o meno
esagerati dell'altro conjuge. Una volta ammesso che ne' suoi ingeniti desideri
d'amore, ogni fanciulla vagheggia un suo tipo speciale, voi dovreste
comprendere a qual grave pericolo vada incontro la donna sposando l'ignoto.
Diamine! mi par ovvio, concluse il mio filosofo scoprendo nel suo bel sorriso
da vecchio sano una batteria di denti candidissimi; prima di comperare un
pollastro da mettere in pentola, si vuol vederlo spiumato, si vuol fiutarlo, si
vuol pesarlo - e un pollastro, in fin dei conti, non ha da servire che ad un
solo pranzo - e si vorrà poi che la donna non sia informata di tutte le
particolarità fisiche e morali dell'uomo che dovrà appartenerle per tutta la
vita?
Dopo avere, nella parentesi di una
breve pausa, assaporata la sua facezia, l'amabile precettore stava per
ripigliare la conversazione, quando un cinguettio di voci femminili si fece
intendere al di fuori del salottino. Le belle e vivaci fanciulle che erano
uscite poco dianzi nel giardino rientravano appigliate al braccio ed alle vesti
di Gal-di-fuoco.
Cos'era avvenuto? Spugna-di-senno,
levatosi dalla seggiola per muovere incontro al suo diletto discepolo; lo interrogava
collo sguardo.
- Dunque?...
- Nulla! rispose il giovane
crollando la testa.
Le fanciulle si erano discostate da
lui, e in presenza di quella mestizia, parevano a loro volta impacciate e
compunte.
Alba-di-maggio prese la parola:
- Le mie figlie e quest'altre
amabili donzelle rendono piena giustizia ai meriti eminenti del cittadino
Gal-di-fuoco, e tutte convengono che egli rappresenta uno dei tipi più perfetti
del suo sesso. Ma è pur noto che ciascuna fanciulla suol prefiggersi un tipo di
marito, e pare che il tipo del nostro simpatico Gal-di-fuoco non risponda nè
fisicamente nè moralmente alle idealità preconcette di questo gruppo. Via! non
è il caso di desolarsi. La città di Carina è abbastanza vasta! e conta
parecchie migliaja di nubili giovinette le quali vagheggiano i tipi più
svariati. Uscendo di qui il cittadino Gal-di-fuoco avrà ben tosto a
rammaricarsi per l'imbarazzo della scelta.
In quell'istante la faccia di
Gal-di-fuoco aveva proprio il colore di una cresta da gallo. Le sue guancie
ardevano. Egli si congedò dalle donne con una stretta di mano, e appoggiatosi
al braccio del venerabile precettore, si avviò con lui verso gli atrii.
Quella scena mi aveva sorpreso.
Malgrado le spiegazioni a me precedentemente fornite dal venerabile
Spugna-di-senno, mi pareva di trovarmi tuttavia in presenza di un enigma.
Io non poteva risolvermi ad
abbandonare la sala se prima non avessi appagata una viva curiosità che mi era
sorta nell'anima. Mi accostai a Bocca-di-fragola, e traendola in disparte dal
crocchio, la interrogai sommessamente: «Sareste voi tanto indulgente da
perdonare alla mia audacia, se io vi pregassi di palesarmi le ragioni che vi
hanno resa indifferente alle attrattive seducentìssime di quel gentiluomo?
- Come! Non avete udito? rispose
Bocca-di-fragola, investendomi con una occhiata che pareva significare: siete
dunque imbecille?
Poi, quasi pentita della brusca
risposta, soggiunse: «incompatibilità di tipo intellettuale.»
La mia curiosità era troppo
eccitata perchè io non arrischiassi una replica:
- Vale a dire?
- Mi sono accorta, conversando con
Gal-di-fuoco, che quel giovanotto ha la memoria debole; e siccome
sgraziatamente la natura è stata avara anche meco di quel dono preziosissimo,
io crederei commettere, sposandomi a colui, un attentato contro la perfezione
intellettuale de' miei figli. Perchè l'unione coniugale riesca bene, è
necessario che l'uomo completi la donna, vale a dire, che le forze dell'uno
soccorrano alle debolezze dell'altra. Quando il marito e la moglie accusino
entrambi la imperfezione o l'assenza di una facoltà fisica o morale, si può
andar sicuri che i figli generati da tale unione riusciranno deplorabilmente
imperfetti. Non vi pare?
E Bocca-di-fragola mi sfoderò sul
viso una seconda occhiata non molto dissimile dalla prima, che forse voleva
significare: «al di là del nostro mare, nei paesi da voi abitati, siete tutti
cretini?»
Io cominciava a comprendere;
l'enigma si chiariva. Ritenendo superfluo, fors'anche sconveniente lo
interrogare ad una ad una le altre fanciulle, presi le mosse per uscire; ma,
rasentando un crocchio, dove Biscia-d'-avorio, Conca-di-perle e Pan-di-buttiro
stavano ancora cinguettando, mi ferirono l'orecchio queste parole:
«Che vuoi, biscia mia? Sotto
l'aspetto fisico quel tipo non mi va. È troppo gallo, ed io vagheggio un
piccione.
Mi inchinai sorridendo e in quattro
salti raggiunsi gli altri nel vestibolo.
Gal-di-fuoco e Spugna-di-senno si
erano accostati alla carrozza, e il precettore avea già spalancato lo sportello
per dar passo al suo diletto discepolo, quando una fanciulla leggiadrissima,
avviluppata in una ricca mantelletta che le scendeva fino alla caviglia, si
slanciò in mezzo a noi, e trattenendo il garzone per la faldiglia dell'abito,
gli gridò:
- Gal-di-fuoco, io desidero
ardentemente di sposarmi teco: lo vuoi tu?
- Selva-di-crini! esclamò il
giovane, vibrando lampi dagli occhi.
- Selva-di-crini, per lo
appunto.... Tu mi riconosci! Io ti amo da due anni, da due anni ti desidero.
Hai tu udito l'altra notte sotto i tuoi balconi una voce che cantava al suono
del mandolino la bella romanza che comincia colle parole:
Al
chiarore degli astri divini
Corre
il gallo alla Selva di crini?
Quella voce era la mia. Sapendo che
oggi dovevi intraprendere il giro di nozze, il mio febbrile desiderio di possederti
mi spinse a muoverti incontro. Tu eri già uscito. Non puoi imaginare quanto io
abbia sofferto nel vederti entrare in questa casa. Presa da una vertigine di
amore e di terrore, sentii mancarmi le forze e dovetti sostare nel vestibolo.
Ohimè! pensavo io - se qualcuna mi prevenisse!... s'io dovessi rinunziare al
mio bel sogno! Ma tu esci solo da quella casa, tu non sei vincolato da veruna
promessa. Guardami, Gal-di-fuoco; leggimi nel sembiante, scrutami il cuore, e
poi rispondimi un monosillabo.
Gal-di-fuoco aperse due braccia
sterminate che parevano ali, e la fanciulla si gettò nell'amplesso. Si intese
uno scricchiolio di vertebre. Spugna-di-senno corrugò la fronte rabbrividendo.
Sciogliendosi giuliva e rubiconda
dalle braccia del giovane, Selva-di-crini si slanciò nel carrozzone dove noi
non tardammo a raggiungerla.
- Al palazzo di città! gridò al
cocchiere Spugna-di-senno chiudendo gli sportelli; e salito anche egli nella
carrozza, i cavalli presero il trotto.
Nel palazzo di città doveva
compiersi il cerimoniale prescritto alla legalizzazione del connubio.
Entrammo in una magnifica sala,
ammobigliata colla massima eleganza, decorata di statue e di emblemi simbolici.
Le statue erano adamiticamente ignude. Un gruppo di figure in marmo di
grandezza naturale ritraeva l'abbracciamento di una coppia innamorata con tale
arditezza di verismo, da far inorridire il più corazzato libertino europeo. Ma
le ragazze di Carina hanno l'occhio troppo esercitato alle espressioni del vero
per scandolezzarsi alla vista del nudo.
Il funzionario incaricato di
presiedere alla cerimonia non si fece molto attendere. Egli entrò nella sala
accompagnato da due matrone. Quest'ultime si accostarono a Selva-di-crini,
l'ajutarono a svilupparsi dalla mantelletta, quindi le snodarono le treccie. Un
fiume di capelli neri lucentissimi, dalla testa scese fluttuante sul bel dorso
della bella giovinetta, la quale, non d'altro indumento ricoperta fuor quello
di una maglia di seta candidissima, somigliava ad una statua di alabastro
ombreggiata da un salice bruno.
Notai, che all'istante in cui le
matrone si chinavano per raccoglierle intorno ai fianchi quella ricca frangia
di ebano, la giovinetta diede un guizzo, e subitamente sul seno e sulle coscie
le candide maglie si imporporarono di una leggiera fioritura sanguigna.
Spugna-di-senno crollò il capo, e
traendomi in disparte mi disse all'orecchio: «Oramai queste formalità
dovrebbero abolirsi. Qui da noi, la specie umana si è abbastanza perfezionata,
perchè una ragazza possa concepire il pensiero di ricorrere alla frode per
correggere i proprii contorni. Da circa mezzo secolo qui non s'è più avverato
il caso che alle punture dello spillo di verifica non abbia risposto
immediatamente il signum cutis. Chi prende a moglie una nativa
dell'isola può andar sicuro di portarsi in casa una donna di carne, non un
cumulo di stracci o di guttaperga, foderato di uno scheletro vivo.
È probabile che, durante questo a
parte fra me ed il venerabile precettore, siensi compiute presso la tabula
pretoria dell'altre cerimonie curiose. Quando noi ci avvicinammo ai due sposi,
il funzionario era già intento a recitare il formulario prescritto dalla legge.
Quel formulario era un tessuto di frasi burocratiche, un succinto riepilogo dei
doveri che incombono ai maritati, accompagnato da alcuni ammonimenti poco
notevoli, dove si eccettui quest'uno che mi parve assai giudizioso:
«Non amatevi troppo; è il mezzo più
sicuro per amarvi sempre; val meglio amarsi tutta la vita, che uccidere l'amore
in pochi giorni di godimenti.»
Sovvenendomi che questa prosa non
era che la parafrasi di quattro distici di Voltaire, ammirai il buon senso
mostrato dagli antichi legislatori dell'isola nell'aver fatto tesoro di un così
savio precetto.
Compiute le ultime, insignificanti
formalità della cerimonia, Gal-di-fuoco sporse il braccio alla sposa, e noi
prendemmo le mosse per uscire del palazzo. Al piè dello scalone mi attendeva
una nuova sorpresa, I due giovani, dopo uno scambio di baci fervidissimi, si
disgiunsero, e volgendosi collo sguardo un saluto pieno di amore e di tristezza
esclamarono all'unissono: A rivederci dopo la quaresima!
- Ma, come? che significa questa
separazione? domandai colle ciglia inarcate a Spugna-di-senno. Vi hanno ancora
dell'altre formalità a compiersi prima che i due sposi vadano a coabitare sotto
il medesimo tetto?
- Voi l'avete udito, rispose
pacatamente l'illustre precettore; vi è di mezzo una quaresima.
Poi, sorridendo, soggiunse: «Ma
voi, nella vostra qualità di straniero, non siete in dovere di comprendere.
Montiamo nella carrozza, e là discorreremo a miglior agio.
Il precettore accennò a
Gal-di-fuoco di salire, ciò che egli fece dopo aver rivolto un ultimo sguardo a
Selva-di-crini, la quale si allontanava a passo leggiero, portata dalla sua
beatitudine di fanciulla maritata.
Poichè tutti ci trovammo impancati
sui morbidi cuscini del cocchio, Spugna-di-senno riprese la parola:
- Per uniformarsi scrupolosamente
ai riti nuziali imposti dal nostro codice, è d'uopo che i novelli conjugi,
compiuto l'atto di iscrizione al palazzo di città, vivano per quaranta giorni
disgiunti. È ciò che suol chiamarsi da noi la quaresima preparatoria. La
giovane sposa impiega questo tempo ad erudirsi in ogni ramo di scienza che si
riferisce all'igiene sessuale ed ai doveri della maternità. Da oggi fino al
giorno destinato alla consumazione del matrimonio, Selva-di-crini assisterà
quotidianamente alle lezioni di anatomia e di fisiologia genetica che si
tengono espressamente nel nostro Ateneo per le fanciulle iscritte nell'albo
pretorio. È là, che ogni nostra donna, prima di abbandonarsi alle rilassanti
dolcezze della moglie, si prepara ai nobili sacrifizi e ai delicati uffici
della madre; è là, che alle voluttuose compiacenze del desiderio coniugale
vengono a sovrapporsi le serie preoccupazioni della fecondità, dell'allevamento
dei figli, del benessere fisico e morale della famiglia. Vi par giusto? vi par
saggio? S'è mai pensato, laggiù, nella vostra decrepita Europa, a istituire
qualche cosa di somigliante? Ciò sarebbe scandaloso, non è vero? sarebbe
abbominevole, laddove alla cima di ogni virtù femminile fu collocato il pudore.
Infatti, nei vostri paesi, non accade forse mai che a traverso i suoi lubrici
vagheggiamenti una delle vostre vergini vegga al di là del talamo giocondo
spuntare l'imagine di una culla.
Malgrado le melanconiche
riflessioni che in me si producevano da un confronto di idee e di costumi che
umiliavano il mio amor proprio di uomo civile, io arrischiai un'altra domanda:
- E il nostro amabilissimo
Gal-di-fuoco, di qual maniera impiegherà egli la sua quaresima?
Il giovane, tutto assorto ne' suoi
pensieri, fors'anco affranto dalle molteplici emozioni subite durante la
mattinata, crollò il capo mestamente e stette mutolo.
Spugna-di-senno, colla sua
amabilità consueta si incaricò di rispondere per lui:
- Gal-di-fuoco, disse il vecchietto
sorridendo, nella quaresima attenderà a rinvigorirsi, e subirà tutte le prove
preparatorie alla nuova posizione che gli incombe. Importa che prima di
intraprendere la vita conjugale, uno sposo si divezzi dalle abitudini di
scapolo e si eserciti preventivamente a tollerare i disagi e le noje
inseparabili dal nuovo stato. Credereste? Da noi si è perfino trovata la
maniera di abituare il futuro babbo a certi inconvenienti della paternità, che
riescono, alle persone dai nervi troppo delicati, i più uggiosi e
intollerabili. Gal-di-fuoco, durante la quaresima nuziale, dovrà attendere a'
suoi studi, tenere i suoi registri e scrivere le sue corrispondenze in presenza
della poppatola Thompson, la quale non cesserà mai di funzionare ne' suoi
appartamenti. Sapete voi cosa sia una puppattola Thompson? È un gran fantoccio
di legno, nelle cui viscere sta chiuso un organetto, dal quale ad ogni
intervallo di diversi minuti scattano dei suoni somiglianti al vagito del bimbi.
Questi suoni prodotti dal meccanismo Thompson vibrano così acuti e stridenti,
che una volta l'orecchio ci si avezzi, lo stridio di una dozzina di marmocchi
al confronto pare un susurro di zeffiri.
- Perchè non aggiungi, interruppe
Gal-di-fuoco riscuotendosi, che durante la maledetta quaresima ci si condanna
altresì a sentire ogni notte nella nostra camera da letto il brontolìo di una
pentola che bolle?
- Puerilità! esclamò il vecchio; ma
pure, in certi casi, profittevoli. Non si sa mai quali transazioni, col volgere
dell'età, possa subire il temperamento di una donna. Avezzato l'orecchio al
brontolìo di una pentola, il futuro marito facilmente potrà rassegnarsi più
tardi a tollerare il brontolìo della moglie.
Spugna-di-senno parlava ancora,
quando la carrozza entrò nel palazzo De-Tonnalli e ristette negli atri.
All'indomani, io dovea partire da
Carina per intraprendere le mie esplorazioni scientifiche nell'interno
dell'isola. Nel prendere congedo da' miei ospiti, promisi che, salvo ostacolo
di malattia, od altro caso di forza maggiore, di là a quaranta giorni avrei
fatto ritorno per prender parte al banchetto nuziale.
E tornai diffatto.
Rientrai nel palazzo De-Tonnalli a
tarda sera, al momento in cui la famiglia e i numerosi invitati toccavano i
bicchieri per gli ultimi brindisi. Al mio entrare nella sala, tutti si alzarono
per abbracciarmi; fu un accoglimento festoso, cordiale, espansivo, del quale
serberò eternamente la più grata ricordanza.
Gal-di-fuoco, dopo aver brindato
alla mia salute, si accostò alla sposa, le porse il braccio e con mille carezze
la trasse fuori della sala.
Al partire degli sposi, il signor
De-Tonnalli levò gli occhi al pendolo e disse: «Fanno le dieci - alle dieci e
quaranta minuti converrà separarli.»
- Alle dieci e quaranta minuti,
gridarono tutti; e i brindisi ricominciarono.
Spugna-di-senno, alquanto brillo,
mi sì accostò e mi disse all'orecchio:
- Probabilmente voi ignorate una
delle più savie pratiche osservate nel nostro paese allo scopo di rendere più
duratura la felicità degli sposi. Fra mezz'ora, noi saliremo nella stanza dove
Gal-di-fuoco o Selva-di-crine in questo momento assaporano le prime dolcezze
dell'amore, e buono o malgrado, li divideremo. I due novelli sposi dovranno pel
restante della notte dormire separati,
- E domani? chiesi io.
- Domani, posdomani, pel corso di
quindici giorni, i due conjugi potranno fruire delle due ore di talamo che il
codice e la pratica consentono. Economizziamo il piacere! gridò il vecchietto,
alzando il bicchiere spumeggiante di sciampagna - è una prudente misura.
E si fece a cantare i bei distici
di Voltaire:
Ne
vous aimez pas trop, c'est moi qui vous en prie;
C'est
le plus sûr moyen de vous aimer toujours;
Il
vaut mieux être amis tout le temps de sa vie,
Que
d'être amants pour quelques jours.
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