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Antonio Ghislanzoni
Libro bizzarro

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  • IL FLAUTO DI MIO MARITO
    • CAPITOLO III.
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CAPITOLO III.

 

«Il mio amore per Adolfo era un segreto fra me e Dio... proseguì la imperturbabile donna - ma desso non mi fece dimenticare che fra me ed il marchese era seguito un atto pubblico e solenne - ed io promisi rispettarlo, e corrispondere all'affetto di mio marito con una fedeltà irriprovevole!...

«Sa Iddio se quel voto era sincero!... Giuro per quanto vi ha di più sacro sulla terra, per la memoria di Adolfo, per le ceneri della mia dilettissima madre, che, per circa due mesi, nessun uomo, fuori di mio marito, potè vantarsi di avermi toccata una mano...

- Caspita!... due mesi di fedeltà!... Permettete, marchesa, che io vi esprima la mia ammirazione!...

- L'ironia è fuori di proposito, Eugenio! Noi ci avviciniamo all'episodio culminante, nel quale si racchiude la spiegazione di tutta la mia vita...

«Il marchese non ebbe che un solo rivale - il fantasma di Adolfo. - Qual colpa ebbi io mai, fragile creatura, se il destino mi pose al fianco un marito, il quale non cessò mai, finchè visse, di evocare in proprio danno una larva irresistibile? Io non ho mai ceduto alle insistenze dei miei adoratori, se non quando essi vennero a me colle sembianze di Adolfo - presentati, condotti, introdotti dal flauto di mio marito! - E dire che quel povero dabben uomo sceglieva sempre, per soffiare nel flauto, i momenti più pericolosi...alla sua sicurezza coniugale!

«Due mesi erano trascorsi dalle nostre nozze. Eravamo alla campagna, in un magnifico casino a poca distanza da Varese. Un amico di mio marito, il conte Smilza, venne a trovarci - mio marito lo pregò di rimanere con noi qualche giorno. A quell'epoca tutto il mondo fu scandolezzato della avventura. - La mia relazione col giovane conte fu, pei due mesi di autunno, il pascolo più ghiotto della malignità villeggiante... Tutte le apparenze mi accusavano. Qual altri fuori di me, avrebbe potuto sapere, che il solo, il vero colpevole di quella sciagurata avventura, era... il flauto di mio marito?

«Il conte Smilza era ciò che nel mondo elegante suol chiamarsi un bel giovane - vale a dire: una figura simetrica e suscettibile di quella distinzione artifiziale, che i ricchi possono procacciarsi a buon prezzo dal sartore e dal parrucchiere!

«Io non comprendo come alcune donne possano innamorarsi per la semplice attrazione della bellezza fisica. Le doti personali del conte non avrebbero prodotto nell'animo mio veruna impressione, se non avessi riscontrato nel di lui volto qualche rapporto di somiglianza con un tipo adorato... Il conte Smilza aveva le sopraciglia, il naso e i mustacchi di Adolfo!... Tanto bastò, perchè in vederlo la prima volta, io provassi una viva commozione. I miei occhi si fermarono a contemplarlo con simpatia... Sentii una leggiera vampa di rossore salirmi alle guancie - e il contino, illudendosi sulle cause del mio turbamento, si credette in obbligo di farmi la corte...

«Ferma ne' miei propositi di onestà, io mi studiava di evitarlo, di imporgli soggezione col mio freddo contegno - sopratutto io sfuggiva tutte le occasioni di trovarmi sola con lui. Lo scellerato poneva altrettanta costanza nel perseguitarmi! Per lui il progetto di conquista, in pochi giorni, era divenuto passione, amore irresistibile... Mio marito, il buon uomo!...favoriva tutti i piani strategici dell'ospite amico...»

«Due settimane trascorsero senza gravi conseguenze... Qualche volta, per simpatia di ricordanze, i miei sguardi indugiavano troppo espressivi sulle sembianze del conte. Egli ringalluzziva...prendeva coraggio - ma tosto la mia indifferenza e la mia austerità gli imponevano nuovo freno. Non aveva egli ragione di trovare inesplicabile la mia condotta?

«Le apparenze erano tali, ch'egli poteva crederne una civettuola capricciosa ed altera, il tipo di quelle donne di marmo, che si piacciono di veder liquefare gli amanti!

«Io aveva già provata la mia virtù negli intimi e solitari colloqui, ed ero uscita vittoriosa. Mi tenevo sicura di me stessa, forte a qualunque attacco. Da ultimo mi abbandonai improvvidamente al pericolo, non sospettando, che il poco formidabile adoratore dovesse avere quandochessia un alleato irresistibile...onnipotente - il flauto di mio marito...

«Sull'imbrunire di una tepida giornata, il conte mi offerse il suo braccio per accompagnarmi ad una passeggiata in giardino. Mi opposi dapprima, quasi presaga del pericolo - poi cedetti alle insistenze di mio marito, che promise raggiungerci. - Il marchese era predestinato! - Obbedii... Scendemmo in giardino... percorremmo un lungo viale... ci internammo in una specie di labirinto... alla fine, ci trovammo assisi sovra un banco di pietre circondato di mirti. - Sul nostro capo un padiglione di fiori - sotto il piede un tappeto di muschio e di limo selvaggio...

«Il conte non aveva proferito parola durante la passeggiata e - frattanto la mia mente fantastica si era smarrita nel prediletto sentiero delle rimembranze... Io dimenticava di aver al fianco un nemico, un cospiratore, il quale spiava il buon momento per aprirsi una breccia nella mia virtù!... Troppo tardi me ne sovenni, quando, seduti nel misterioso boschetto, il conte prese la mia mano, la portò con violenza alle labbra, e gettandosi alle mie ginocchia...

«Egli tentò un assalto da vero maestro - senza proferire parola - con quella audacia, che è propria delle grandi passioni.

«Feci uno sforzo per respingerlo... per levarmi in piedi - ma in quel punto un suono fatale... giunse al mio orecchio... mi turbò i sensi... mi paralizzò le forze... ed io rimasi soggiogata dal fascino melodioso... Mio marito, da una finestra del casino, salutava il sorgere della luna cornuta, intuonando sul flauto l'aria del meco tu vieni!»

La marchesa interruppe il racconto con un sorriso un po' equivoco, quasi a lasciarmi dubitare ch'ella parlasse per celia. La ipocrisia ebbe un lampo di pudore, ed io seppi frenarmi, e contrapporle la dissimulazione più perfetta.

 

 

 




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