XXVII.
Nei caffè, nelle bettole, nelle
piazze egli predicava come un maniaco contro il despotismo di Ponzio Pilato,
contro i vili infamissimi arbitrii della imperiale regia Polizia. Commiserava
il povero popolo, annunziava un'êra di abbondanza e di ricchezza universale; e
mentre il Divino Maestro insegnava l'umiltà e la rassegnazione, la carità e il
disprezzo dei beni terreni, Giuda istigava il povero ad insorgere contro il
ricco, eccitava allo sciopero gli operai, declamava contro i padroni di casa,
in una parola aizzava nel popolo tutti gli elementi dell'ira e della discordia.
Egli non aveva tralasciato di aprire delle sottoscrizioni estorcendo dal povero
popolo i sudati risparmi della settimana. Di tal modo sarebbe riuscito a
formarsi un buon fondo di cassa, se il Divino Maestro, edotto dell'indegna
simonia, con un giuoco miracoloso della sua volontà onnipossente, non avesse
restituito il denaro alle milleduecento saccocce defraudate. Giuda nel
constatare il nuovo prodigio, fece una brutta smorfia del naso, anzi, a dire di
alcuni storici - rimase con un palmo di naso.
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