IL MARITO TIRANNO.
In Europa almeno non abbiamo che
sulla scena il tiranno antico, il selvaggio incoronato dalla stupidità del
gregge umano e che a un muover di ciglio faceva cader teste, incendiar
villaggi, torturare membra umane.
Il tiranno classico è una specie
sepolta negli Archivii della storia, a un dipresso come i mastodonti e i megaterii.
Non è la sola corteccia del globo che ha i suoi fossili: molti più ne ha la
storia umana e molti più ne avrà l'avvenire.
E così come i nostri orsi, le
nostre tigri, i nostri armadilli moderni sono copie in miniatura dei loro padri
della paleontologia; così anche il tiranno antico è scomparso dalla faccia
della storia, lasciando eredi tanti e infiniti tirannucci
in sessantaquattresimo, che non portan più corona, nè scettro, nè scimitarra; ma che
esercitano la loro tirannia col sopracciglio corrugato e la voce grossa; con
tutte le armi costituzionali e levigate della nostra civiltà ben pettinata e
profumata.
Si nasce tiranni, come si nasce
biondi o bruni; e chi ha questa sventura deve esercitare la tirannide, in
qualunque strato sociale egli nasca; qualunque sia l'educazione ch'egli riceve.
Soldato, sarà tiranno come caporale
e come colonnello, e la disciplina militare sarà la patente ufficiale, con cui
eserciterà la sua tirannia. La dimenticanza di un saluto o la poca lucentezza
d'un bottone, l'accento un po' vibrato d'una risposta saranno sufficienti e
facili occasioni per soddisfare questo vizio dell'anima.
Sottosegretario o capodivisione,
usciere o ministro, il piccolo tiranno moderno avrà sempre qualcuno al di sotto
di sè, su cui sferzare lo scudiscio della propria
volontà, a cui lanciare un calcio della propria tirannia.
Industriale avrà operai, mercante
avrà fattorini, proprietario avrà coloni, proto di stamperia avrà tipografi,
direttore di riviste avrà collaboratori, editore avrà autori, impresario attori
e ballerini.
Dato il tiranno, la vittima non
manca; anzi le vittime non mancano, perchè da per
tutto e sempre le pecore sono in numero molto maggiore dei pastori.
La tirannia più comune però, quella
che si può esercitare da tutti i bipedi implumi di questa terra; che si può
soddisfare impunemente, quotidianamente, in tutte le dodici ore del giorno e in
tutte le dodici ore della notte; è quella del marito sulla moglie.
Tirannia vigliacca, perchè si esercita dal forte sulla creatura debole;
tirannia sudicia, perchè non esige coraggio, nè intelligenza, nè coltura;
tirannia stupida, perchè è punita non dalle leggi, ma
dalla natura.
Chi semina tirannia in casa,
raccoglie corna in casa e fuori: cambia il miele in fiele e non merita nè compassione, nè perdono, e
neppure le attenuanti, che pur si sanno trovare dagli avvocati per le maggiori
iniquità, pei delitti più atroci.
Eppure vi son
molti mariti, che sono tiranni anche amando la propria moglie, che sono fuori
di questo perfetti galantuomini, cittadini perfetti, padri esemplari.
Essi sentono imperioso, incessante,
inevitabile il bisogno di far sentire alla loro compagna (vorrei dire schiava),
che essi soli sono i padroni di casa, che a loro soli spetta ogni autorità,
ogni diritto di comando, ogni arbitrio del bene e del male.
Dei pronomi possessivi non
conoscono che l'Io e il Mio, ignorano del tutto il tu e il
tuo. Dicono sempre la mia casa, il mio podere, il mio
patrimonio, la mia volontà, la mia opinione, il mio
desiderio.
Ignorano del tutto le ascose
tenerezze, le ineffabili delizie, le intime compiacenze del nostro;
parola che è un nido, in cui la donna sente di poter appiattarsi, accovacciarsi
e nascondersi, per godervi il tepore della vita in due.
Il tirannucolo
domestico non ha nulla di nostro, ma tutto è mio. Mio il
pensiero, mio il giudizio, mia l'esperienza, mia la
ricchezza. Il nostro è un'infrazione alla disciplina del matrimonio,
un'usurpazione di legittimo diritto: è una ribellione del suddito al sovrano.
Di queste ribellioni egli solo
giudice, accusatore, carabiniere e birro.
L'assassino ha i proprii avvocati; la moglie non può e non deve averne.
L'infallibilità del marito nelle faccende domestiche, grandi e piccine, è un
dogma, indiscutibile e sacro come quello dell'infallibilità papale.
In questa forma di tirannia
l'ingiustizia, la prepotenza, il capriccio piglian
forme pigmee, associando l'assurdo al ridicolo; il pretensioso
al grottesco.
La donna o si ribella o tace: una
cosa peggiore dell'altra.
Se la donna si ribella e si mostra
più forte del tiranno, il marito è vinto e abbiamo una tirannia peggiore della
virile, la femminile. Se le forze si equilibrano, avvicendandosi nelle vittorie
e nelle sconfìtte, abbiamo la guerra in permanenza,
come chi dicesse l'inferno in casa.
Se la donna tace, o perchè molto debole o perchè
ipocrita, distilla dall'alambicco del cuore nel segreto della sua stanza
lagrime amare, che solcano l'anima e coltivano la vendetta; tanto più feroce e
crudele, quanto più lenta e meditata.
Quante volte una donna, che sarebbe
morta innocente e pura, ha disonorato il marito per puro bisogno di vendetta, e
in un'ora di voluttà colpevole e forse falsa, ha mormorato queste parole feroci
dirette a un ben noto indirizzo:
- Prendi, carino, questo è per
te!
È così facile invece comandare
secondo giustizia e secondo ragione e senza far sentire mai il peso della
propria autorità!
Marito e moglie devono discutere,
deliberare sempre insieme e senza che nessuno ubbidisca o comandi.
Nelle questioni poco importanti
poi, in quelle, in cui il sì e il no son tanto vicini
da toccarsi e quasi da confondersi, l'uomo mostra la sua superiorità, cedendo
sempre alla moglie, che per esser donna ha già tante ragioni di umiliazioni e
di dolori nella vita sociale. Essa ci è tanto riconoscente di queste
concessioni!
Mia dolce figliuola, se non vuoi
avere un marito tiranno, studia nel profondo gli istinti, le abitudini del tuo
fidanzato.
Ti ho già detto che si nasce
tiranni, e per quanto egli sia dissimulato, tu potrai scoprire facilmente
nell'impeto prorompente della sua voce, nei suoi gusti, nelle sue abitudini la
tendenza alla tirannia.
Conosco un'angelica signorina, che
già fidanzata a un giovane, che aveva tutte le apparenze di poterla far felice,
ritirò la sua parola; perchè un giorno il tirannuccio voleva senza alcuna ragione seria proibirle di
fare una visita ad un'amica.
Il leone aveva mostrato l'artiglio,
e la fanciulla avveduta se n'accorse in tempo e provvide saviamente alla
propria felicità.
E l'avvenire le ha dato ragione.
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