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Paolo Mantegazza
L'arte di prender marito

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  • PARTE SECONDA.   IL MANOSCRITTO DEL BABBO.
    • IL MARITO STUPIDO.
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IL MARITO STUPIDO.

 

Tesoro mio, ti farei troppo torto, se io credessi in te la possibilità di innamorarti d'un uomo imbecille e di non saperlo distinguere dopo pochi giorni di conoscenza.

Vi sono pur troppo donne, che hanno sposato uomini stupidi, perchè eran ricchi e portavano una corona irta di corna nello stemma di famiglia. Anche le più ciniche, anche quelle che riguardano il marito come un podere o come un salvacondotto, finiscono per pentirsi di questa loro prostituzione.

La donna che si vergogna del proprio compagno, che deve arrossire di lui in ogni conversazione, sente minorata anche la propria dignità, e quando i suoi figliuoli son grandicelli ed è costretta a compatire davanti ad essi il loro padre, prova uno di quei dolori profondi, muti, che solcano l'anima come un ferro rovente.

La donna deve essere fiera del marito suo, e della sua gloria; e del suo ingegno gode quanto lui e più che lui. Essa perdona la bruttezza, i capelli bianchi, perfino le infermità vergognose: non perdona mai l'imbecillità. Se vi è una virilità del corpo, ve n'ha un'altra più alta e più vitale; quella dell'ingegno e dell'energia del carattere. E a questa per onor suo la donna tiene assai più che all'altra. Essa è nata come la vite per appoggiarsi all'albero e quando è costretta invece a sostenere il compagno, può giungere forse fino alla pietà, all'amore giammai, e all'amicizia neppure, perchè non si può aver per amico chi non si stima.

Quando una donna si è venduta ad un ricco imbecille, quando nel giorno si è inebbriata del fasto di un attacco sontuoso, quando ha portato in giro con intima compiacenza le sue gioie, i suoi vestiti di velluto; quando ha gettato in viso alle amiche con sfacciata vanità i suoi servi; essa rientra in casa e seduta accanto al suo imbecille rumina quelle false gioie, che si mutano in bocca in altrettanto fiele.

Più d'una volta fin nell'estasi d'amore è svegliata da una osservazione idiota, da una esclamazione cretina e dal fondo del cuore straziato le sale al labbro il grido di leonessa ferita:

- E costui è mio marito! Ed io porto il nome di questo idiota!

È allora, che il rimorso e la vendetta si fanno alleati inseparabili in quell'anima pentita e alla corona di conte del marito crescon le corna all'infinito. Se la corona è di marchese, le corna fioriscono e rifioriscono con fecondità deliziosa.

 

Ma perchè mai, figliuola mia, tormento me stesso descrivendo un marito, che tu non avrai giammai?

Se però tu avrai un santo orrore per tutti gli uomini stupidi, devi imparare a conoscere gli imbecilli incompresi. È una specie pur troppo non rara e che inganna anche i buoni osservatori.

L'imbecille incompreso ha tutto l'aspetto esteriore dell'uomo normale e può perfino simulare un forte ingegno.

È stupido di dentro, ma porta una vernice, che finge l'ingegno. È nato senza talento, ma con molta furberia, e questa gli ha insegnato per tempo a nascondere ciò che gli manca.

Egli tace molto e volentieri, e tanto più, quando si parla di cose alte, di questioni gravi, nelle quali appunto l'ingegno vero scatta e scintilla.

In queste occasioni l'idiota incompreso corruga la fronte e si fa serio, molto serio e ti accompagna nel tuo discorso con un accennar del capo, come se seguisse con viva curiosità il tuo pensiero.

Quando tu esci con un'affermazione ardita o con una domanda prorompente, egli allora getta nel tuo discorso un energico punto ammirativo, quasi sempre accompagnato da un sorriso malizioso, che sembra covare in chi sa quanti pensieri; quante finezze di critico, quante astruserie di dubbii e di sottintesi.

Quando gli pare che i muscoli della faccia non bastano, egli lancia nello spazio un pur troppo o un lo credo io o un sempre così o un già si sa! e tante altre frasi sempre accompagnate dal rispettivo punto d'esclamazione e dal relativo sorriso.

Il dizionario dell'imbecille incompreso rassomiglia in tutto al guardarobe di un artista drammatico.

Tu vi trovi corone di talco che son dogmi altissimi; corazze di latta, che rappresentano l'ignoranza in atto di difesa; pugnali di legno, che son ragionamenti senza senso; durlindane di princisbecco, che devono esser prese per spade di Toledo; e tutta una vetrina di false gemme che devono esser prese per gioielli di spirito e di acume.

Fra tutta quella roba puoi trovare anche un pugnale vero, che taglia davvero, un diamante vero, che brilla davvero; ma allora sta pur sicura, che è roba rubata e imparata a memoria per servirsene nelle grandi occasioni.

Ricorderò sempre la strana impressione, che mi fece una volta un lavoro scritto con invidiabile sicumera da un minchione, che voleva aspirare alla gloria d'autore.

Leggevo con molta attenzione quello scritto, che mi pareva in complesso l'aborto d'una mente idiota; ma fra quelle parole senza pensiero, fra quelle frasi senza sugo, trovavo a un tratto un'idea luminosa, un concetto ardito, che pareva una gemma caduta nel fango. Subito dopo però l'imbecillità riprendeva il filo, che poi era interrotto di nuovo da un nuovo gioiello.

Alla fine capii di che si trattava. Erano gemme tolte alle corone dello Stuart Mill e dello Spencer e incastonate nella mota.

Gli imbecilli incompresi nei loro discorsi fanno come quel povero scrittore, che aspirava alla gloria, senza aver diritto neppure a mangiare il pane quotidiano del senso comune.

 

L'imbecille incompreso e furbo possiede un'altra astuzia. Oltre il sapiente silenzio, oltre l'abile ed agile maneggio delle interiezioni e dei gesti che devono tener il luogo delle idee; sa dopo pochi momenti indovinare il livello intellettuale delle persone con cui egli si trova.

Se queste stanno molto in alto per ingegno e per coltura, tace sempre con ostinata fermezza, sicuro di guadagnarsi così almeno e alla peggio il merito di modesto.

Se invece chi gli parla è al disotto della media, allora egli discorre senza dir nulla, ma abbagliando gli ignoranti colla confusione delle frasi o l'oscurità del pensiero riesce a farsi credere qualche cosa o qualcheduno.

Ha anche un'altra furberia, quella di parlar sempre di cose ignote o mal note ai presenti.

L'arte di osservare gli uomini non è fra le più comuni e con grande mia meraviglia ho sentito questi giudizii dati da uomini d'ingegno su imbecilli incompresi:

Egli non è eloquente di certo, ma ha una grande profondità di analisi.

La sua testa non è molto ordinata, ma egli ha una grande originalità d'idee.

Che fantasia! Peccato che egli si esprime sempre in una forma oscura e avviluppata.

Parla poco, ma pensa molto! - Egli sa certamente assai più di quel che dice.

E simili!

Conosco un falso grand'uomo, che a furia di silenzi ostinati, di corrugamenti sapienti del muscolo frontale, di esclamazioni ingegnose, è riuscito a farsi credere un forte ingegno. Ha avuto una cattedra, la Commenda della Corona d'Italia, non so quanti titoli accademici; ed oggi siede nell'Olimpo d'una famosa Accademia accanto a molti veri grandi uomini, che ogni giorno si domandano meravigliati l'un l'altro:

- Ma che cosa ha fatto egli?

- Io non lo so. Dicono che sia un forte pensatore. Ha scritto poco, ma quel poco ha un gran valore.

- L'avete letto?

- Io no, ma lo dicono tutti. -

Quell'accademico è un imbecille incompreso!

 

 

 




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