IL MARITO INDUSTRIALE.
In una gerarchia che mi son fatto io stesso per mio uso e consumo, ma che non ha
rapporto alcuno coi responsi della Consulta araldica nè
col famoso decreto del Menabrea, che metteva i
professori in ottava linea, io metto l'industriale molto al disopra del
negoziante ed anche del banchiere.
Il negoziante compra e vende,
l'industriale produce.
Il negoziante prende da una mano e
mette nell'altra, cercando che in questo passaggio una parte (la più grossa
possibile) rimanga nella sua.
L'industriale è un creatore: plasma
la materia e le dà nuova forma, adopera le mani sue, quelle dei suoi operai,
quelle delle macchine, e quando riesce a far cose nuove o a far meglio e più
presto d'un altro una cosa vecchia, arricchisce sè e
il proprio paese.
Dio volesse che tu sposassi
un'industriale!
Ma nel nostro paese ne abbiamo
tanto pochi, che sarà assai difficile che tu lo trovi, e che sia degno di te e
a modo mio.
L'industriale deve essere un
alleato dei suoi operai, non un parassita del lavoro altrui: deve essere il
loro amico, non il loro tiranno.
Ogni giorno, ogni ora del giorno
deve ricordarsi, che il gran problema dell'associazione del capitale e del
lavoro non è punto risolto, e che sono gli industriali i primi, che devono
concorrere alla sua soluzione equa e pronta.
E tu, cara figliuola mia, se avrai
per marito un industriale, devi persuaderlo ch'egli deve essere socialista, se
non vuole vivere di rapina e andar incontro ai pericoli di una rivoluzione
sociale.
Non aspettino i capi delle
officine, che i parlamenti risolvano il problema sociale. Lo risolvano essi pei
primi.
Applichino la mezzadria al lavoro
delle loro fabbriche, come già in Toscana e in altri paesi fu sapientemente e
umanamente applicata a quell'altra industria, che è
l'agricoltura!
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