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Paolo Mantegazza
L'arte di prender marito

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  • PARTE SECONDA.   IL MANOSCRITTO DEL BABBO.
    • IL MARITO MEDICO.
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IL MARITO MEDICO.

 

La donna, che sceglie per marito un medico, deve amarlo non una volta sola, ma tre volte.

È questa una professione piena di pericoli per la felicità domestica.

Se sei gelosa, devi tremar sempre per la fedeltà del tuo compagno. Egli ha troppe occasioni a peccare e troppa impunità a delinquere. Tu devi stimarlo molto, moltissimo, devi essere più che sicura del suo amore per non essere in continua agitazione.

Di giorno, di notte, sempre, può lasciare il nido della sua casa, e non tutte le chiamate sono di infermi; ma ve n'ha di inferme, che non hanno di malato che il cuore.

Può anche lasciare la città dove abitate, chiamato da telegrammi, che non sono sempre veri.

Se sei molto delicata per certe cose, devi rassegnarti con dolore a racconti, che non parlan sempre di fiori.

Il tuo povero marito vive sempre tra le piaghe e i dolori; lascia il letto d'un agonizzante per medicare un cancro; può puzzare di iodorformio o di acido fenico, e tu involontariamente a tavola puoi pensare, che la mano che ti pela un frutto è la stessa, che un'ora innanzi ha razzolato nelle viscere d'un cadavere o ha operato un tumore.

Pensa prima a questi pericoli, se hai i sensi troppo suscettibili e la fantasia troppo fervida.

Non sposare mai un medico di poco ingegno e di poca coltura e che sarà costretto a viver sempre nel pantano della mediocrità. Egli rassomiglia molto all'artista incompreso ed è uno fra i più infelici operai della grande officina sociale.

Nell'arte medica non si sta benino che nei palchi di prima e seconda fila. La platea è una prigione, il lobbione una galera.

La guerra dei colleghi, l'ingratitudine e le esigenze dei malati, l'ambiente di dolori in cui dobbiamo vivere, fa della nostra arte la più difficile e la più spinosa e non può assorgere a più spirabil aere, che quando ci riscalda l'amore degli uomini e possiamo aspirare alla gloria.

È allora che Clotilde giovane e bella può essere felice di essere l'amante e la compagna del Dottor Pascal; è allora che una donna di cuore e di ingegno può essere felice di essere la moglie di un medico.

Molte donne, che nei loro sogni di fanciulla desideravano di essere dottoresse o suore di carità, trovano, sposando un medico, una via indiretta per realizzare il loro sogno pietoso.

Esse sono fiere e felici di accompagnare col pensiero ed anche coll'opera il loro compagno in quella missione di sagrifizii continui, in quel travaglio quotidiano, che è un apostolato e spesso anche un martirio. Esse sono beate di confortarlo, quando sconfortato dall'ingratitudine degli uomini o dall'impotenza della scienza ritorna a casa coll'amarezza nel cuore e colle lagrime negli occhi!

Quante volte la tua buona mamma mi ha dato il coraggio che mi mancava, per continuare il mio cammino: quante volte mi ha mostrato la meta lontana e gloriosa ed è riuscita a farmi benedire la professione che io liberamente aveva scelto e che nei primi anni mi sembrava un Calvario; che non aveva altri compagni per via che triboli e spine e che sulla vetta non mi mostrava che una croce!

soltanto ella si occupava di me, ma dei miei malati e mi accompagnava spesso nelle mie visite ai poveri, nelle capanne della campagna o nei bugigattoli asfissianti della città; dove più che i soccorsi dell'arte doveva portare i conforti della pietà o i soccorsi della carità.

Essa era il mio angelo confortatore in casa, la mia alleata nelle opere pietose al di fuori, ed io ero benedetto per merito suo e per opera sua benedicevo la mia arte, così difficile, così oscura, così travagliata da tutte le miserie morali e da tutti i dolori fisici del povero bipede implume.

Essa è riuscita a coltivare in me l'amore delle cose difficili, che io aveva da natura; e ad ogni difficoltà che io incontrava sul mio cammino, ad ogni calcio villano che mi tiravano i miei colleghi o ad ogni brutale schiaffo dei miei malati trovava in nuove parole di conforto, nuove carezze, nuovi impeti del cuor generoso.

M'è perfino avvenuto, che il contravveleno che essa mi porgeva mi sembrasse così dolce, da desiderare nuovo veleno per aver poi nel nido della mia casa più dolci carezze, più caro conforto:

"Ma non ami tu forse le cose difficili? Ebbene tu hai scelto per onor tuo la difficilissima e la spinosissima fra tutte le arti; e qui appunto, si parrà la tua nobilitate, e più alto e glorioso sarà il premio, quanto più contrastata e fiera sarà stata la lotta. In fondo a questa via troverai la massima delle compiacenze umane, quella di aver sparso intorno a te tante benedizioni, quella di aver fatto tacere tanti dolori, di aver salvate tante preziose esistenze, di aver forse aggiunto all'avara scienza nuove scoperte, nuove invenzioni, risorse nuove."

E la tua buona mamma aveva ragione, perchè le posizioni facili d'una vita senza contrasti, d'una lotta senza forti avversarii, se non ci possono dar forti dolori, ci negano anche le gioie più calde e più inebbrianti.

Poco travaglio, poco dolore e poca gioia. - Molto travaglio, molta fatica, ma anche voluttà senza nome.

Il mondo non l'abbiam fatto noi e dobbiamo accettarlo com'è, e si vuole, che la vittoria non si abbia che dopo la lotta. Se si rinuncia a lottare, si deve anche rinunziare ai trofei della gloria.

Io ti ho mostrato nella professione del medico i due lati della medaglia, i quali son forse tra di loro in più fiero contrasto che in qualunque altra posizione sociale.

Tocca a te il guardarli ben bene e il giudicare, se ti senti il coraggio di affrontare il male colla speranza di raccogliere anche il bene.

In ogni modo non sposare mai e poi mai un medico mediocre.

 

 

 




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