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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
Mon. |
Ringrazia pur il ciel che padre sei; Se ciò non fosse, i' ti farei (per questa Sacra testa tel giuro) hoggi sentire Quel che può l'ira in me, poi che sì male Usi la sofferenza. Sai tu forse chi sono? |
Car. |
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Mon. |
Troppo t'hò io sofferto, e tu per questo Nè sai tu che, se l'ira in giusto petto Lungamente si coce, |
Car. |
Tempestoso furor non fù mai l'ira Ma un fiato sol di generoso affetto, Quand'ella è più con la ragione unita, La desta e rende à le bell'opre ardita. Dunque, se grazia non impetro, almeno Fa' che giustizia i' trovi, e ciò negarmi Per debito non puoi: Non è da legge in ogni parte sciolto, E quanto sè maggiore Nel comandar, tanto più d'ubbidire Sè tenut'anco à chi giustizia chiede: Ed ecco i' te la cheggio: |
Mon. |
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Car. |
Non mi dicesti tu che qui non lice Sacrificar d'huomo straniero il sangue? |
Mon. |
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Car. |
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Mon. |
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Car. |
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Mon. |
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Car. |
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Mon. |
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Car. |
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Mon. |
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Car. |
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Mon. |
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Car. |
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Mon. |
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Car. |
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Mon. |
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Car. |
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Mon. |
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Car. |
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Mon. |
Dunque, s'è figlio tuo, non è straniero; E se non è, non hai ragione in lui. |
Car. |
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Mon. |
Sempre convinta è di colui la fede, Che nel suo favellar si contraddice. |
Car. |
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Mon. |
Sopra questo mio capo E sopra il capo di mio figlio cada Tutta questa ingiustizia. |
Car. |
Tu te ne pentirai. |
Mon. |
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Car. |
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Mon. |
Chiami tu forse i Dei, ch'hai disprezzati? |
Car. |
E, poi che tu non m'odi, Odami la gran Dea che qui s'adora, E che non è mio figlio, e che profani Il sacrificio santo. Mon. Il ciel m'aiti Chi è dunque suo padre, Se non è figlio tuo? Car. Non tel so dire; Sò ben che non son io. |
Mon. |
È egli del tuo sangue? |
Car. |
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Car. |
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Mon. |
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Car. |
In Elide l'hebb'io, cortese dono |
Mon. |
Sdegno tu movi in un sol punto e riso. Dunque avesti tu in dono |
Car. |
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Mon. |
E tu poi c'hoggi à vaneggiar mi tiri Onde avuto l'havevi? |
Car. |
In un cespuglio d'odorato mirto Poco prima i' l'haveva |
Mon. |
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Mon. |
Come nol divoraro? |
Car. |
L'havea portato in quel cespuglio e quivi Lasciatolo, nel seno |
Mon. |
Tu certo ordisci ben menzogne e fole. Ed era stata sì pietosa l'onda, |
Car. |
Posava entr'una culla; e questa, quasi |
Mon. |
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Mon. |
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Mon. |
E quando hà che fù questo? Car. Fà tuo conto Che son passati già diciannove anni |
Mon. |
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Car. |
De le grand'alme ò pertinace ingegno, E pensa d'avanzar così di senno Questi certo è convinto, e se ne duole, Suo mormorar l'intendo, e 'n qualche modo, |
Mon. |
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Car. |
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Car. |
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Mon. |
Conoscerestil tu? Car. Sol ch'io 'l vedessi: |
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Rozzo pastor à l'habito ed al viso, |
Mon. |
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Dam. |
A qual di questi più si rassomiglia, L'huom di cui parli? Car. A quel che teco parla. Nol sol si rassomiglia, E mi par quello stesso |
Mon. |
Tornatevi in disparte, e tu qui meco Conosci tu costui? Dam. Mi par di sì, ma dove Già non sò dirti ò come. Car. Hor io di tutto Ben ricordar farollo. Mon. À me tu prima Lascia favellar seco; e non t'incresca D'allontanarti alquanto. Car. E volentieri |
Car. |
Che sarà questo, ò Dei? |
Mon. |
Tornando tu da ricercar, già sono Vent'anni, il mio bambin, che con la culla Non mi dicesti tu che le contrade |
Mon. |
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Mon. |
Ch'alhor donasti in Elide à colui Che qui t'hà conosciuto? Dam. Or son vent'anni, |
Mon. |
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Dam. |
Più tosto egli vaneggia. Mon. Hor il vedremo. |
Car. |
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Car. |
Non ti ricordi tu, quando nel Tempio De l'olimpico Giove, avendo quivi Già la risposta e stando Tu per partire, i' mi ti feci incontro, Chiedendoti di quello Che ricercavi i segni, e tu li desti; Indi poi ti condussi A le mie case, e quivi il tuo bambino |
Car. |
Ch'allor tu mi donasti e ch'io poi sempre Hò come figlio appresso me nudrito, |
Dam. |
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Dam. |
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Mon. |
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Dam. |
Deh non cercar più innanzi, |
Mon. |
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Dam. |
Perche m'havea l'oracolo predetto Che 'l trovato bambin correa periglio, Se mai tornava à le paterne case, D'esser dal padre ucciso. Car. E questo è vero, Che mi trovai presente. Mon. oime, che tutto |
Car. |
Hor che ti resta più? vuoi tu chiarezza Di questa anco maggior? Mon. Troppo son chiaro: Troppo dicesti tu, troppo intes'io. Cercato havess'io men, tu men saputo Come teco dolor cangio e fortuna Come gli affetti tuoi son fatti miei; Troppo infelice d'infelice padre; Figlio, da l'onde assai più fieramente |
Car. |
Padre tu di Mirtillo? ò maraviglia In che modo il perdesti? |
Mon. |
Rapito fù da quel diluvio horrendo, Che testè mi dicevi; ò caro pegno |
Car. |
Tanti accidenti hai fin'à qui sospesi, Per farli poi cader tutti in un punto Gran cosa hai tu concetta, Gravida sè di mostruoso parto: Partorirai tu certo. |
Mon. |
Questo fù quel che mi predisse il sogno, Nel ben troppo bugiardo. Questa fù quella insolita pietate, Quell'improvviso horrore Ch'abborriva natura un così fiero, Per man del padre, abominevol colpo. |
Car. |
Ma che? Darai tu dunque A sì nefando sacrificio effetto? |
Mon. |
Non può per altra man vittima humana |
Mon. |
Così comanda à noi la nostra legge. E qual sarà di perdonarla altrui |
Car. |
Dove m'hai tu condotto? |
Mon. |
La soverchia pietà fatta omicida: La tua verso Mirtillo, La mia verso gli Dei. |
Car. |
Che partorisce il fato. ò caso atroce O Mirtillo mia vita, è questo quello Che m'ha di te l'Oracolo predetto? Così ne la mia terra Figlio, di questo sventurato vecchio |
Mon. |
Lascia à me queste lagrime, Carino, Se l'hò da sparger io? misero figlio Perche ti generai? perche nascesti? A te dunque la vita Perche te la togliesse il crudo padre? Senz'il cui alto intendimento eterno Si move ò in aria spirto, ò in terra fronda, Hò contra voi commesso, ond'io sia degno Di venir col mio seme in ira al cielo? E con un soffio del tuo sdegno ardente Me folgorando, non ancidi, ò Giove? E vedrà prima il figlio estinto il padre, Che 'l padre uccida di sua mano il figlio. Mori dunque, Montano, hoggi morire Ecco, il vostro furore, Poi che così vi piace, hò già concetto. Non bramo altro che morte; altra vaghezza Un funesto desio d'uscir di vita |
Car. |
Come il lume maggiore |