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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
Chi vide mai, chi mai udì più strana
E più folle e più fera e più importuna
Passione amorosa? amore & odio
Con sì mirabil tempre in un cor misti,
Che l'un per l'altro (e non sò ben dir come)
E si strugge e s'avanza e nasce e muore.
S'i' miro à le bellezze di Mirtillo,
Dal piè leggiadro al grazioso volto,
Il vago portamento, il bel sembiante,
Gli atti, i costumi e le parole e 'l guardo;
M'assale Amor con sì possente foco,
Ch'i' ardo tutta, e par ch'ogn'altro affetto
Da questo sol sia superato e vinto:
Ma se poi penso à l'ostinato amore
Ch'ei porta ad altra donna, e che per lei
Di me non cura, e sprezza, il vò pur dire,
La mia famosa e da mill'alme e mille
Inchinata beltà, bramata grazia,
L'odio così, così l'abborro e schivo,
Ch'impossibil mi par, ch'unqua per lui
Mi s'accendesse al cor fiamma amorosa.
Tal Hor meco ragiono; O, s'i' potessi
Gioir del mio dolcissimo Mirtillo,
Sì che fosse mio tutto, e ch'altra mai
Posseder no'l potesse, ò più d'ogn'altra,
Ed in quel punto in me sorge un talento
Verso di lui sì dolce, e sì gentile,
Che di seguirlo e di pregarlo ancora
E di scoprirgli il cor prendo consiglio.
Che più? Così mi stimola il desio,
Che, se potessi, alhor l'adorerei.
Da l'altra parte, i' mi risento e dico:
Un ritroso? uno schifo? un che non degna?
Un che può d'altra donna essere amante?
Un ch'ardisce mirarmi e non m'adora?
E dal mio volto si difende in guisa
Che per amor non more? Ed io, che lui
Devrei veder come molti altri i' veggio,
Supplice e lagrimoso à i piedi miei;
Supplice e lagrimosa à piedi suoi
Sosterrò di cadere? ah, non fia mai;
Ed in questo pensier tant'ira accoglio
Contra di lui, contra di me che volsi
A seguirlo il pensier, gli occhi à mirarlo,
Che 'l nome di Mirtillo e l'amor mio
Odio più che la morte, e lui vorrei
Vedere il più dolente, il più infelice
Pastor che viva; e, se potessi, à lhora
Con le mie proprie man l'anciderei.
Così sdegno e desire, odio ed amore
Mi fanno guerra, ed io, che stata sono
Sempre fin qui di mille cor la fiamma,
Di mill'alme il tormento, ardo e languisco,
E provo nel mio mal le pene altrui.
Io che tant'anni in cittadina schiera
Di vezzosi, leggiadri e degni amanti
Fui sempre insuperabile, schernendo
Tante speranze lor, tanti desiri,
Hor da rustico amor, da vile amante,
Da rozzo pastorel son presa e vinta.
Oh più d'ogn'altra misera Corisca,
Che sarebbe di te, se sproveduta
Ti trovassi or d'amante? che faresti
Per mitigar quest'amorosa rabbia?
Impari à le mie spese hoggi ogni donna
A far conserva, e cumulo d'amanti.
S'altro ben non havessi, altro trastullo
Che l'amor di Mirtillo, non sarei
Ben fornita di vago? ò mille volte
Mal consigliata donna, che si lascia
Ridurre in povertà d'un solo amore
Sì sciocca mai non sarà già Corisca.
Che fede? che costanza? imaginate
Per ingannar le semplici fanciulle.
La fede in cor di donna, se pur fede
In donna alcuna (ch'io no'l so) si trova,
Non è bontà, non è virtù, ma dura
Necessità d'amor, misera legge
Di fallita beltà, ch'un sol gradisce,
Perche gradita esser non può da molti.
Bella donna e gentil, sollecitata
Da numeroso stuol di degni amanti,
Se d'un solo è contenta e gli altri sprezza,
O non è donna o, s'è pur donna, è sciocca.
Che val beltà non vista? o, se pur vista,
Non vagheggiata? e se pur vagheggiata,
Vagheggiata da un solo? E quanto sono
Più frequenti gli amanti e di più pregio
Tanto ella d'esser gloriosa e rara
Pegno nel mondo ha più sicuro, e certo.
La gloria, e lo splendor di bella donna
È l'haver molti amanti, e così fanno
Ne le cittadi ancor le donne accorte,
E 'l fan più le più belle e le più grandi.
Rifiutare un amante, appresso loro,
E peccato e sciocchezza, e quel, ch'un solo
Far non può, molti fanno: altri à servire,
Altri à donare, altri ad altr'uso è buono;
E spesso avvien che, nol sapendo, l'uno
Scaccia la gelosia che l'altro diede,
O la risveglia in tal che pria non l'hebbe.
Così ne le città vivon le donne
Amorose e gentili, ov'io col senno
E con l'esempio già di Donna grande
L'arte di ben amar fanciulla appresi.
Corisca mi dicea, si vuole à punto
Far degli amanti quel che de le vesti:
Molti averne, un goderne, e cangiar spesso,
Che 'l lungo conversar genera noia,
E la noia disprezzo, & odio alfine.
Nè far peggio può donna, che lasciarsi
Svogliar l'amante: fa pur ch'egli parta
Fastidito da te, non di te mai
E così sempre hò fatto. Amo d'haverne
Gran coppia, e li trattengo, & honne sempre
Un per mano, un per occhio; ma di tutti
Il migliore e 'l più commodo nel seno;
E, quanto posso più, nel cor nessuno.
Ma, non sò come, à questa volta, ahi lassa
V'è pur giunto Mirtillo, e mi tormenta;
Sì, che à forza sospiro, e, quel ch'è peggio,
Di me sospiro, e non inganno altrui,
E le membra al riposo e gli occhi al sonno
Furando anch'io, sò desiar l'aurora,
Felicissimo tempo de gli amanti
Poco tranquilli, ed ecco, io vò per queste
Ombrose selve anch'io cercando l'orme
Ma che farai, Corisca? il pregherai?
Nò che l'odio non vuol, bench'io 'l volessi.
Il fuggirai? nè questo Amor consente,
Benche far il devrei. Che farò dunque?
Tenterò prima le lusinghe e i prieghi,
E scoprirò l'amor, ma non l'amante;
Se ciò non giova, adoprerò l'inganno;
E, se questo non può, farà lo sdegno
Vendetta memorabile. Mirtillo,
Se non vorrai amor, proverai odio;
D'esser à me rivale, à te sì cara;
E finalmente proverete entrambi
Quel che può sdegno in cor di donna amante.