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Battista Guarini
Il pastor fido

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SCENA III

 

Corisca.

 

Chi vide mai, chi mai udì più strana

E più folle e più fera e più importuna

Passione amorosa? amore & odio

Con sì mirabil tempre in un cor misti,

Che l'un per l'altro (e non ben dir come)

E si strugge e s'avanza e nasce e muore.

S'i' miro à le bellezze di Mirtillo,

Dal piè leggiadro al grazioso volto,

Il vago portamento, il bel sembiante,

Gli atti, i costumi e le parole e 'l guardo;

M'assale Amor con sì possente foco,

Ch'i' ardo tutta, e par ch'ogn'altro affetto

Da questo sol sia superato e vinto:

Ma se poi penso à l'ostinato amore

Ch'ei porta ad altra donna, e che per lei

Di me non cura, e sprezza, il pur dire,

La mia famosa e da mill'alme e mille

Inchinata beltà, bramata grazia,

L'odio così, così l'abborro e schivo,

Ch'impossibil mi par, ch'unqua per lui

Mi s'accendesse al cor fiamma amorosa.

Tal Hor meco ragiono; O, s'i' potessi

Gioir del mio dolcissimo Mirtillo,

Sì che fosse mio tutto, e ch'altra mai

Posseder no'l potesse, ò più d'ogn'altra,

Beata e felicissima Corisca.

Ed in quel punto in me sorge un talento

Verso di lui sì dolce, e sì gentile,

Che di seguirlo e di pregarlo ancora

E di scoprirgli il cor prendo consiglio.

Che più? Così mi stimola il desio,

Che, se potessi, alhor l'adorerei.

Da l'altra parte, i' mi risento e dico:

Un ritroso? uno schifo? un che non degna?

Un che può d'altra donna essere amante?

Un ch'ardisce mirarmi e non m'adora?

E dal mio volto si difende in guisa

Che per amor non more? Ed io, che lui

Devrei veder come molti altri i' veggio,

Supplice e lagrimoso à i piedi miei;

Supplice e lagrimosa à piedi suoi

Sosterrò di cadere? ah, non fia mai;

Ed in questo pensier tant'ira accoglio

Contra di lui, contra di me che volsi

A seguirlo il pensier, gli occhi à mirarlo,

Che 'l nome di Mirtillo e l'amor mio

Odio più che la morte, e lui vorrei

Vedere il più dolente, il più infelice

Pastor che viva; e, se potessi, à lhora

Con le mie proprie man l'anciderei.

Così sdegno e desire, odio ed amore

Mi fanno guerra, ed io, che stata sono

Sempre fin qui di mille cor la fiamma,

Di mill'alme il tormento, ardo e languisco,

E provo nel mio mal le pene altrui.

Io che tant'anni in cittadina schiera

Di vezzosi, leggiadri e degni amanti

Fui sempre insuperabile, schernendo

Tante speranze lor, tanti desiri,

Hor da rustico amor, da vile amante,

Da rozzo pastorel son presa e vinta.

Oh più d'ogn'altra misera Corisca,

Che sarebbe di te, se sproveduta

Ti trovassi or d'amante? che faresti

Per mitigar quest'amorosa rabbia?

Impari à le mie spese hoggi ogni donna

A far conserva, e cumulo d'amanti.

S'altro ben non havessi, altro trastullo

Che l'amor di Mirtillo, non sarei

Ben fornita di vago? ò mille volte

Mal consigliata donna, che si lascia

Ridurre in povertà d'un solo amore

sciocca mai non sarà già Corisca.

Che fede? che costanza? imaginate

Favole de' gelosi e nomi vani

Per ingannar le semplici fanciulle.

La fede in cor di donna, se pur fede

In donna alcuna (ch'io no'l so) si trova,

Non è bontà, non è virtù, ma dura

Necessità d'amor, misera legge

Di fallita beltà, ch'un sol gradisce,

Perche gradita esser non può da molti.

Bella donna e gentil, sollecitata

Da numeroso stuol di degni amanti,

Se d'un solo è contenta e gli altri sprezza,

O non è donna o, s'è pur donna, è sciocca.

Che val beltà non vista? o, se pur vista,

Non vagheggiata? e se pur vagheggiata,

Vagheggiata da un solo? E quanto sono

Più frequenti gli amanti e di più pregio

Tanto ella d'esser gloriosa e rara

Pegno nel mondo ha più sicuro, e certo.

La gloria, e lo splendor di bella donna

È l'haver molti amanti, e così fanno

Ne le cittadi ancor le donne accorte,

E 'l fan più le più belle e le più grandi.

Rifiutare un amante, appresso loro,

E peccato e sciocchezza, e quel, ch'un solo

Far non può, molti fanno: altri à servire,

Altri à donare, altri ad altr'uso è buono;

E spesso avvien che, nol sapendo, l'uno

Scaccia la gelosia che l'altro diede,

O la risveglia in tal che pria non l'hebbe.

Così ne le città vivon le donne

Amorose e gentili, ov'io col senno

E con l'esempio già di Donna grande

L'arte di ben amar fanciulla appresi.

Corisca mi dicea, si vuole à punto

Far degli amanti quel che de le vesti:

Molti averne, un goderne, e cangiar spesso,

Che 'l lungo conversar genera noia,

E la noia disprezzo, & odio alfine.

far peggio può donna, che lasciarsi

Svogliar l'amante: fa pur ch'egli parta

Fastidito da te, non di te mai

E così sempre fatto. Amo d'haverne

Gran coppia, e li trattengo, & honne sempre

Un per mano, un per occhio; ma di tutti

Il migliore e 'l più commodo nel seno;

E, quanto posso più, nel cor nessuno.

Ma, non come, à questa volta, ahi lassa

V'è pur giunto Mirtillo, e mi tormenta;

Sì, che à forza sospiro, e, quel ch'è peggio,

Di me sospiro, e non inganno altrui,

E le membra al riposo e gli occhi al sonno

Furando anch'io, desiar l'aurora,

Felicissimo tempo de gli amanti

Poco tranquilli, ed ecco, io per queste

Ombrose selve anch'io cercando l'orme

De l'odiato mio dolce desio.

Ma che farai, Corisca? il pregherai?

che l'odio non vuol, bench'io 'l volessi.

Il fuggirai? questo Amor consente,

Benche far il devrei. Che farò dunque?

Tenterò prima le lusinghe e i prieghi,

E scoprirò l'amor, ma non l'amante;

Se ciò non giova, adoprerò l'inganno;

E, se questo non può, farà lo sdegno

Vendetta memorabile. Mirtillo,

Se non vorrai amor, proverai odio;

Ed Amarilli tua farò pentire

D'esser à me rivale, à te sì cara;

E finalmente proverete entrambi

Quel che può sdegno in cor di donna amante.

 

 


 




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