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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
[Cor.] |
oime, son morta. Sat. Ed io son vivo. Cor. Torna,Torna, Amarilli mia, che presa i' sono. |
Sat. |
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Sat. |
T'hò pur sì lungamente attesa al varco, |
Cor. |
A me, Satiro? Sat. A te. Non sè tu quella Oggi tanto famosa, ed eccellente Maestra di menzogne, che mentite Parolette e speranze e finti sguardi Vendi à sì caro prezzo? che tradito |
Cor. |
Corisca son ben io; ma non già quella, Satiro mio gentil, ch'agli occhi tuoi Un tempo fù sì cara. Sat. Hor son gentile, |
Cor. |
Te per altrui? Sat. Hor odi maraviglia E cosa nuova à l'animo sincero E quando l'arco à Lilla e 'l velo à Clori, La veste à Dafne ed i coturni à Silvia M'inducesti à rubar, perche 'l mio furto Fosse di quell'amor poscia mercede, Ch'a me promesso, fù donato altrui; E quando la bellissima ghirlanda, Che donata i' t'havea, donasti à Niso; E quando, à la caverna, al bosco, al fonte Facendomi vegghiar le fredde notti, M'hai schernito e beffato, allor ti parvi |
Cor. |
Tu mi strascini, oime come s'i' fussi Una giovenca. Sat. Tu 'l dicesti à punto. Scotiti pur se sai; già non tem'io Che quinci or tu mi fugga: à questa presa Non ti varanno inganni. Un'altra volta Ten fuggisti, malvagia; ma se 'l capo Qui non mi lasci, indarno t'affatichi D'uscirmi hoggi di man. Cor. Deh non negarmi Tanto di tempo almen, che teco i' possa Dir mia ragion comodamente. Sat. Parla. |
Cor. |
Come vuoi tu ch'io parli, essendo presa? Lasciami. Sat. Ch'i' ti lasci? Cor. I' ti prometto La fede mia di non fuggir. Sat. Qual fede, Perfidissima femmina? ancor osi Parlar meco di fede? I' vò condurti Ne la più spaventevole caverna Di questo monte, ove non giunga mai Raggio di Sol, non che vestigio humano. Del resto non ti parlo; il sentirai. |
Cor. |
Puoi tu dunque, crudele, à questa chioma Che ti legò già il core, à questo volto Che fù già il tuo diletto, à questa un tempo Più de la vita tua cara Corisca, Per cui giuravi che ti fora stato Anco dolce il morire, à questa puoi Soffrir di far oltraggio? ò cielo ò sorte In cui pos'io speranza? à cui debb'io Creder mai più, meschina? Sat. ah, scelerata Pensi ancor d'ingannarmi? ancor mi tenti |
Cor. |
Deh Satiro gentil, non far più strazio Di chi t'adora. Oime non sè già fera, Non hai già il cor di marmo ò di macigno. Eccomi à piedi tuoi. Se mai t'offesi, Idolo del mio cor, perdon ti cheggio. Per queste nerborute e sovrhumane Tue ginocchia ch'abbraccio, à cui m'inchino; Per quello amor che mi portasti un tempo, Per quella soavissima dolcezza Che trar solevi già dagli occhi miei Che tue stelle chiamavi, or son duo fonti, |
Sat. |
La perfida m'hà mosso; e, s'io credessi Solo à l'affetto, à fè che sarei vinto. Ma in somma io non ti credo. Tu sè troppo Malvagia e 'nganni più chi più si fida. Sotto quell'umiltà, sotto que' preghi |
Cor. |
oime il mio capo, ah crudo ancor un poco |
Cor. |
Che tu m'ascolti ancor un poco. Sat. Forse |
Cor. |
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Cor. |
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Cor. |
E 'n ciò sè tu ben fermo? Sat. In ciò ben fermo. Hai tu finito ancor questo incantesimo? |
Cor. |
O villano indiscreto ed importuno, Mezz'huomo e mezzo capra, e tutto bestia, Carogna fracidissima e difetto Di natura nefando, se tu credi Che Corisca non t'ami, il vero credi. Che vuoi tu ch'ami in te? quel tuo bel ceffo? Quella succida barba? quell'orecchie Caprigne? e quella putrida e bavosa |
Cor. |
A te caprone. Sat. Ed io con queste mani Non ti trarrò cotesta tua canina Ed importuna lingua? Cor. Se t'accosti E fossi tanto ardito. Sat. In tale stato Una vil femminuzza, in queste mani, |
Sat. |
I ti mangerò viva. Cor. E con qua' denti, |
Cor. |
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Cor. |
No, mal tuo grado, nò. Sat. Ci verrai pure Se mi credessi di lasciarci queste Braccia. Cor. Non ci verrò, se questo capo Di lasciarci credessi. Sat. horsù veggiamo Chi di noi ha più forte e più tenace, Tu il collo, od io le braccia. Tu ci metti Le mani, nè con questo anco potrai Difenderti, perversa. Cor. hor il vedremo. |
Sat. |
Sì certo. Cor. Tira ben. Satiro, à Dio, Fiàccati il collo. Sat. oime dolente ahi lasso Oime il capo oime il fianco oime la schiena O che fiera caduta A pena i' posso Movermi e rilevarmene. E pur vero È ch'ella fugga e qui rimanga il teschio? Oh maraviglia inusitata O ninfe, O pastori, accorrete e rimirate Il magico stupor di chi sen fugge E vive senza capo. Oh come è lieve Quanto ha poco cervello e come il sangue Fuor non ne spiccia Ma che miro? ò sciocco O mentecatto Senza capo lei? Senza capo sè tu. Chi vide mai Huom di te più schernito? Hor vedi s'ella Ha saputo fuggir, quando tu meglio La pensavi tener? Perfida maga Non ti bastava haver mentito il core E 'l volto e le parole e 'l riso e 'l guardo, S'anco il crin non mentivi? Ecco Poeti, Questo è l'oro nativo e l'ambra pura Che pazzamente voi lodate. Homai Arrossite, insensati, e, ricantando, Vostro soggetto in quella ++vece sia L'arte d'una impurissima e malvagia Incantatrice, che i sepolcri spoglia E, dai fracidi teschi il crin furando, Al suo l'intesse e così ben l'asconde, Che v'ha fatto lodar quel che aborrire Dovevate assai più che di Megera Le viperine e mostruose chiome. Amanti, hor non son questi i vostri nodi? Mirate e vergognatevi, meschini. E se, come voi dite, i vostri cori Son pur qui ritenuti, homai ciascuno Potrà senza sospiri e senza pianto Ricoverar il suo. Ma che più tardo A publicar le sue vergogne? Certo Non fù mai sì famosa, nè sì chiara La chioma ch'è là sù con tante stelle Ornamento del ciel, come fie questa Per la mia lingua, e molto più colei Che la portava, eternamente infame. |
CHOROAh, ben fù di colei grave l'errore, Che le leggi santissime d'Amore, De gli immortali Dei l'ira mortale, Di tante alme innocenti, ancor non langue. Così la fè, d'ogni virtù radice, E d'ogn'alma ben nata unico fregio, Così di farci amanti, onde felice Si fa nostra natura, Ciechi mortali, voi che tanta sete D'un cadavero d'òr, quasi nud'ombra Che vada intorno al suo sepolcro errando; D'una morta bellezza il cor v'ingombra? Son insensati amori. Il vero e vivo Amor de l'alma, è l'alma: ogn'altro oggetto, Degno non è de l'amoroso affetto. L'anima, perche sola è riamante, Sola è degna d'amor, degna d'amante. Ben è soave cosa Da una vermiglia e delicata rosa Di bella guancia. E pur chi 'l vero intende, Avventurosi amanti che 'l provate, Dirà che quello è morto bacio, à cui La baciata beltà bacio non rende. Ma i colpi di due labbra innamorate, Quando à ferir si va bocca con bocca Amor con soavissima vendetta L'una e l'altra saetta, Son veri baci, ove con giuste voglie Tanto si dona altrui, quanto si toglie. Baci pur bocca curiosa e scaltra O seno ò fronte ò mano: unqua non fia Che parte alcuna in bella donna baci Che baciatrice sia, Se non la bocca, ove l'un'alma e l'altra Corre e si bacia anch'ella, e con vivaci Sì che parlan tra loro Quegli animati, e spiritosi baci. e segreti dolcissimi che sono a lor solo palesi, altrui celati. Tal gioia amando prova, anzi tal vita, |