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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
O primavera, gioventù dell'anno,
D'herbe novelle e di novelli amori,
Tu torni ben, ma teco
E fortunati dì de le mie gioie;
Ma teco altro non torna
Che del perduto mio caro tesoro
La rimembranza misera, e dolente.
Tu quella sè, tu quella
Ch'eri pur dianzi sì vezzosa e bella;
Ma non son io già quel ch'un tempo fui
O dolcezze amarissime d'Amore,
Quanto è più duro perdervi, che mai
Non v'haver ò provate ò possedute
Come saria l'amar felice stato,
Se 'l già goduto ben non si perdesse;
O quando egli si perde,
Ogni memoria ancora
Del dileguato ben si dileguasse
Ma se le mie speranze hoggi non sono,
Com'è l'usato lor, di fragil vetro,
O se maggior del vero
Non fa la speme il desiar soverchio,
E, s'altri non m'inganna,
Qui pur vedrolla al suon de miei sospiri
Di quel bel volto havrà soave cibo
Nel suo lungo digiun l'avida vista;
Girar inverso me le luci altere,
E, se non carche d'amorosa gioia,
Oh lungamente sospirato in vano
Avventuroso dì, se, dopo tanti
Tu mi concedi, Amor, di veder hoggi
Girar sereno il sol degli occhi miei
Ma qui mandommi Ergasto, ove mi disse
Corisca e la bellissima Amarilli
Per fare il gioco de la cieca; e pure
Cercando la sua luce, e non la trova.
O pur fraposto à le dolcezze mie
Non habbia il mio destino invido e crudo:
Di paura e d'affanno il cor m'ingombra,
Par ogn'ora che tardi, ogni momento,
Quell'aspettato ben che fa contento.
Son fors'io giunto, e qui m'havrà Corisca,
Fors'anco, indarno lungamente atteso.
Fui pur anco sollecito à partirmi.
Oime se questo è vero, i' vo' morire.