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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
Costui crede à Corisca? e segue l'orme
Di lei ne la spelonca d'Ericina?
Stupido è ben chi non intende il resto.
Ma certo e' ti bisogna haver gran pegno
De la sua fede in man, se tu le credi,
E stretta lei con più tenaci nodi
Che non ebb'io quando nel crin la presi.
Ma nodi più possenti in lei dei doni
Certo avuto non hai. Questa malvagia,
Nemica d'honestate, hoggi à costui
S'è venduta al suo solito, e quì dentro
Si paga il prezzo del mercato infame.
Ma forse costà giù ti mandò il cielo
Per tuo castigo e per vendetta mia.
Da le parole di costui si scorge
Ch'egli non crede invano, e le vestigia,
Che vedute ha di lei, son chiari indizi
Ch'ella è già ne lo speco. Or fa' un bel colpo:
Chiudi il foro dell'antro con quel grave
E soprastante sasso, acciò che quinci
Sia lor negata di fuggir l'uscita.
Poi vanne, e 'l Sacerdote e' suoi ministri
Per la strada del colle à pochi nota
Conduci, e fàlla prendere, e, secondo
La legge, e i suoi misfatti, alfin morire.
E so ben io ch'à Coridone già diede
La fede maritale, il qual si tace
Perche teme di me, che minacciato
L'hò molte volte. Oggi farò ben io
Ch'egli di duo vendicherà l'oltraggio.
Non vo' perder più tempo, un sodo tronco
Schianterò da quest'elce... à punto questo
Fia buono..., ond'io potrò più prontamente
Smover'il sasso. Oh com'è grave oh come
È ben affisso Qui bisogna il tronco
Spinger di forza e penetrar sì dentro,
Che questa mole alquanto si divella.
Il consiglio fù buono. Anco si faccia
Il medesmo di quà. Come s'appoggia
Tenacemente. È più dura l'impresa
Di quel che mi pensava. Ancor non posso
Svellerlo, nè per urto anco piegarlo.
Forse il mondo è qui dentro? ò pur mi manca
Il solito vigor? Stelle perverse,
Che machinate? il moverò mal grado.
Maladetta Corisca e, quasi dissi,
Quante femmine ha il mondo Ò Pan Liceo,
O Pan che tutto puoi, che tutto sei,
Fosti amante ancor tu di cor protervo.
Così virtù del tuo gran nume il movo,
Così in virtù del tuo gran nume e' cade.
La mala volpe è ne la tana chiusa.
Or le si darà il foco, ov'io vorrei
Veder quante son femmine malvage
In un incendio solo arse, e distrutte.
Di natura miracolo e del mondo.
Qual cor sì rozzo ò qual sì fiera gente
Ma qual sì scaltro ingegno e sì profondo
Chi sà gli ardori che 'l tuo foco accende,
Dirà spirto mortal tu regni e vivi
Ma chi sà poi come à virtù l'amante
Farsi al suo foco, ogni (sfrenata voglia
Subito spenta) pallido e tremante,
Dirà: Spirto immortale, hai tu ne l'alma
Il tuo solo e santissimo ricetto.
Raro mostro e mirabile, d'humano
Di veder cieco e di saver insano;
Di senso e d'intelletto,
Di ragion e desio confuso affetto
E tale, hai tu l'impero
De la terra e del ciel ch'à te soggiace.
(Hà di te il mondo e più stupendo assai,
Però che quanto fai
Di maraviglia e di stupor tra noi,
Tutto in virtù di bella donna puoi.
Anzi pur di colui
Fe', d'ambo creator, più bel di lui,
Qual cosa non hai tu del ciel più bella?
Mostruoso Ciclope, un occhio ei gira,
Ma d'alta cecità cagione e fonte.
Com'irato leon rugge e spaventa;
Di tempestosa ed horrida procella,
Col fiero lampeggiar folgori avventa.
E con la vista angelica amorosa
Di duo soli visibili e sereni,
Di chi ti mira, acqueti e rassereni.
E valor e bellezza e leggiadria
Fan sì dolce armonia nel tuo bel viso,
(se 'l cielo è pur men bel del paradiso)
Di pareggiarsi à te, cosa divina.
E ben ha gran ragione
Ch'huomo s'appella ed à cui pur s'inchina
Ogni cosa mortale,
Se mirando di te l'alta cagione,
T'inchina e cede e, s'ei trionfa, e regna,
Non è perche di scettro ò di vittoria
Ma per maggior tua gloria,
Che quanto il vinto è di più pregio, tanto
Più glorioso è di chi vince il vanto.
Ma che la tua beltate
Vinca con l'huomo ancor l'umanitate,
Hoggi ne fa Mirtillo à chi nol crede
E mancava ben questo al tuo valore
Donna di far senza speranza amore.