Io vi dirò. Stamane assai per tempo
Venne (come sapete) il Sacerdote
A visitar con l'infelice padre
De la misera Ninfa, il sagro tempio
Da un medesmo pensier ambidue mossi,
D'agevolar co' prieghi
Le nozze de' lor figli,
Da lor bramate tanto.
Per questo solo in un medesmo tempo
Fûr le vittime offerte,
E fatto il sacrificio
Solennemente e con sì lieti auspizi,
Che non fur viste mai
Nè viscere più belle
Nè fiamma più sincera, ò men turbata;
Onde, da questi segni
Mosso, il cieco indovino:
Hoggi disse à Montano
Sarà il tuo Silvio amante; e la tua figlia
Hoggi, Titiro, sposa.
Vanne tu tosto à preparar le nozze.
Oh insensate e vane
Menti degli indovini e tu di dentro
Non men che di fuor cieco
S'à Titiro l'esequie
In vece de le nozze havessi detto,
Ti potevi ben dir certo indovino.
Già tutti consolati
Erano i circostanti, e i vecchi padri
Piangean di tenerezza,
E partito era già Titiro, quando
Furon nel tempio horribilmente uditi
Di subito e veduti
Sinistri auguri e paventosi segni,
Nunzi de l'ira sacra,
Ai quali, oime s'attonito e confuso
Restasse ogn'un dopo sì bel principio,
Pensatel voi, cari pastori. Intanto
S'erano i sacerdoti
Nel sacrario maggior soli rinchiusi;
E mentre, essi di dentro e noi di fuori,
Lagrimosi, e divoti,
Stavamo intenti à le preghiere sante,
Ecco il malvagio Satiro, che chiede
Con molta fretta e per instante caso
Dal sacerdote udienza. E, perche questa
È, come voi sapete,
Mia cura, fui quell'io, che l'introdussi.
Ed egli (ah, ben ha ceffo
Da non portar altra novella) disse:
Padri, s'ai vostri voti
Non rispondon le vittime e gli incensi,
Se sopra i vostri altari
Splende fiamma non pura,
Non vi maravigliate. Impuro ancora
È quel che si commette
Hoggi contra la legge
Ne l'antro d'Ericina.
Una perfida Ninfa
Con l'adultero infame ivi profana
A voi la legge, altrui la fede rompe.
Vengan meco i ministri:
Mostrerò lor di prenderli su'l fatto
Agevolmente il modo.
Alhora (o mente humana,
Come nel tuo destino
Sè tu stupida e cieca)
Respirarono alquanto
Gli afflitti, e buoni padri,
Parendo lor che fosse
Trovata la cagion, che pria sospesi
Gli ebbe à tener nel sacro ufficio infausto;
Onde subitamente il Sacerdote
Al ministro maggior, Nicandro impose,
Che sen gisse col Satiro e cattivi
Conducesse ammendue gli amanti al tempio.
Ond'ei da tutto il choro
De' ministri accompagnato
Per quella obliqua, e tenebrosa via
Ch'avea mostrato il Satiro malvagio,
Tenebrosa ed obliqua,
Si condusse ne l'antro.
La giovane infelice,
Forse da lo splendor de le facelle
D'improvviso assalita e spaventata,
Uscendo fuor d'una riposta cava
Ch'è nel mezzo de l'antro,
Si provò di fuggir, come cred'io,
Verso cotesta uscita, che fù dianzi
Dal troppo accorto Satiro, e sagace
Com'e' ci disse, chiusa.
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