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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
Son ben io stato infin'à quì sospeso
Nel prestar fede à quel che di Corisca
Testè m'hà detto il Satiro, temendo
Non sua favola fosse à danno mio
Così da lui malignamente finta,
Troppo dal ver parendomi lontano,
Che nel medesmo loco ov'ella meco
Esser dovea (se non è falso quello
Che da sua parte mi recò Lisetta),
Sì repentinamente hoggi sia stata
Con l'adultero còlta. Ma, nel vero,
Mi par gran segno e mi perturba assai
La bocca di quest'antro in quella guisa
Ch'egli à punto m'ha detto e che si vede,
Da sì grave petron turata e chiusa.
O Corisca, Corisca i' t'hò sentita
Troppo bene à la mano, che 'incappando
Tu così spesso, alfin ti conveniva
Cader senza relievo. Tanti inganni,
Tante perfidie tue, tante menzogne
Certo dovean di sì mortal caduta
Esser veri presagi à chi non fosse
Stato privo di mente e d'amor cieco.
Buon per me, che tardai; fù gran ventura
Che 'l padre mio mi trattenesse (sciocco),
Quel che mi parve un fiero intoppo alhora;
Che se veniva al tempo che prescritto
Da Lisetta mi fù, certo poteva
Qualche strano incidente hoggi incontrarmi.
Ma che farò? debbi'io, di sdegno armato,
Ricorrer'a gli oltraggi? à le vendette?
No, che troppo l'honoro; anzi, se voglio
Discorrer sanamente, è caso degno
Più tosto di pietà che di vendetta.
Havrai dunque pietà di chi t'inganna?
Ingannata hà se stessa, che, lasciando
Un che con pura fè l'ha sempre amata,
Ad un vil pastorel s'è data in preda,
Vagabondo, e straniero, che domani
Sarà di lei più perfido, e bugiardo.
Che? debb'io dunque vendicar l'oltraggio
Che seco porta la vendetta, e l'ira
Supera sì, che fa pietà lo sdegno?
Pur t'ha schernito, anzi honorato; ed io
Ben ho donde pregiarmi, hor che mi sprezza
Femmina ch'al suo mal sempre s'appiglia
E le leggi non sà nè de l'amare
Nè de l'esser amata, e che 'l men degno
Sempre gradisce e 'l più gentile abhorre.
Ma dimmi, Coridon: se non ti move
Lo sdegno del disprezzo à vendicarti,
Com'esser può che non ti mova almeno
Il dolor de la perdita e del danno?
Non hò perduta lei, che mia non era;
Hò ricovrato me, ch'era d'altrui.
Nè il restar senza femmina sì vana
E sì pronta e sì agile à cangiarsi,
Perdita si può dire. E finalmente
Che cosa hò io perduto? una bellezza
Senza honestate, un volto senza senno,
Un petto senza core, un cor senz'alma,
Un'alma senza fede, un'ombra vana,
Una larva, un cadavero d'Amore,
Che doman sarà fracido e putente.
E questa si dè dir perdita? acquisto
Molto ben caro e fortunato ancora.
Mancheranno le femmine, se manca
Corisca? mancheranno à Coridone
Ninfe di lei più degne e più leggiadre?
Mancherà ben à lei fedele amante
Com'era Coridon, di cui fù indegna.
Hor, se volessi far quel che di lei
M'ha consigliato il Satiro, sò certo
Che la fe' da lei data. Hoggi accusando
Senza alcun fallo, i' la farei morire.
Ma non hò già sì basso cor, che basti
Mobilità di femmina à turbarlo.
Troppo felice ed honorata fôra
La femminil perfidia, se con pena
Di cor virile e con turbar la pace
S'havesse à vendicar hoggi Corisca
Per me dunque si viva, ò per dir meglio
Per me non moia e per altrui si viva:
Sarà la vita sua vendetta mia.
Viva à l'infamia sua, viva al suo drudo,
Poi ch'è tal, ch'io non l'odio ed hò più tosto
Pietà di lei che gelosia di lui.