Musico spirto in giovanil vaghezza
D'acquistar fama ov'è più chiaro il grido,
Ch'avido anch'io di peregrina gloria,
Sdegnai che sola mi lodasse e sola
M'udisse Arcadia, la mia terra, quasi
Del mio crescente stil termine angusto;
E colà venni, ov'è sì chiaro il nome
D'Elide e Pisa e fa sì chiaro altrui.
Quivi il famoso EGON di lauro adorno
Vidi, poi d'ostro e di virtù pur sempre,
Sì che Febo sembrava, ond'io devoto
Al suo nome sacrai la cetra e 'l core.
E 'n quella parte, ove la gloria alberga,
Ben mi dovea bastar d'esser homai
Giunto à quel segno ov'aspirò il mio core,
Se, come il ciel mi feo felice in terra,
Così conoscitor, così custode
Di mia felicità fatto m'havesse.
Come poi per veder Argo, e Micene
Lasciassi Elide, e Pisa, e quivi fussi
Adorator di deità terrena,
Con tutto quel che 'n servitù soffersi,
Troppo noiosa historia à te l'udirlo,
A me dolente il raccontarlo fora.
Ti dirò sol, che perdei l'opra, e 'l frutto.
Scrissi, piansi, cantai, arsi, gelai,
Corsi, stetti, sostenni, hor tristo hor lieto,
Hor alto hor basso, hor
vilipeso hor caro,
E, come il ferro Delfico, stromento
Hor d'impresa sublime, hor d'opra vile,
Non temei risco, e non schivai fatica.
Tutto fei, nulla fei, per cangiar loco,
Stato, vita, pensier, costumi e pelo,
Mai non cangiai fortuna, al fin conobbi
E sospirai la libertà primiera,
E dopo tanti strazi, Argo lasciando
E le grandezze di miseria piene,
Tornai di Pisa à i riposati alberghi,
Dove, mercè di provvidenza eterna,
Del mio caro Mirtillo acquisto fei,
Consolator d'ogni passata noia.
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