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Battista Guarini
Il pastor fido

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SCENA II

 

Titiro, Messo.

 

Tit.

CHe piangerò di te prima, mia figlia,

La vita, ò l'honestate?

Piangerò l'honestate,

Che di padre mortal tu ben nata,

Ma non di padre infame;

E'n vece de la tua

Piangerò la mia vita hoggi serbata

A veder in te spenta

La vita, e l'honestate.

O Montano, Montano,

Tu sol co' tuoi fallaci

E mali intesi oracoli, e col tuo

D'amore e di mia figlia

Disprezzator superbo, à cotal fine

L'hai tu condotta, ahi, quanto meno incerti

Degli oracoli tuoi

Son'hoggi stati i miei

C'honestà contr'Amore

È troppo frale schermo

A giovinetto core,

E donna scompagnata

È sempre mal guardata.

Mes.

Se non è morto ò se per l'aria i venti

Non l'han portato, i' devrei pur trovarlo.

Ma eccol, s'io non erro,

Quando meno il pensai.

O da me tardi e per te troppo à tempo,

Vecchio padre infelice, alfin trovato,

Che novelle t'arreco

Tit.

Che rechi tu ne la tua lingua? Il ferro

Che svenò la mia figlia?

Mes.

Questo non già, ma poco meno. E come

L'hai tu per altra viatosto inteso?

Tit.

Vive ella dunque? Mes. Vive, e 'n man di lei

Sta il vivere e 'l morire.

Tit.

Benedetto sij tu, che m'hai da morte

Tornato in vita hr come non è salva,

S'a lei sta il non morire?

Mes.

Perche viver non vuole.

Tit.

Viver non vuole? E qual follia l'induce

A sprezzar sì la vita? Mes. L'altrui morte,

E, se tu non la smovi,

così fisso il suo pensiero in questo,

Che spende ogn'altro in van preghi e parole.

 

Tit.

Hor che si tarda? Andiamo.

Mes.

Fermati, che le porte

Del tempio ancor son chiuse.

Non sai tu, che toccar la sacra soglia,

Se non à piè sacerdotal non lice

Fin che non esca del sacrario adorna

La destinata vittima à gli altari?

Tit.

E s'ella desse intanto

Al fiero suo proponimento effetto?

Mes.

Non può, ch'è custodita.

Tit.

In questo mezzo dunque

Narrami il tutto, e senza velo homai

Fa' che 'l vero n'intenda.

Mes.

Gionta dinanzi al Sacerdote (ahi, vista

Piena d'horror) la tua dolente figlia,

Che trasse, non dirò dai circostanti,

Ma, per mia , da le colonne ancora

Del tempio stesso e da le dure pietre,

Che senso haver parean, lagrime amare;

quasi in un sol punto

Accusata, convinta, e condennata.

Tit.

Misera figlia E perche tanta fretta?

Mes.

Perche de la difesa eran gli indizi

Troppo maggiori, e certa

Sua ninfa, ch'ella in testimon recava

De l'innocenza sua,

quivi era presente, mai

Chi trovar la sapesse.

I fieri segni intanto

E gli accidenti mostruosi, e pieni

Di spavento e d'orror, che son nel tempio,

Non pativano indugio,

Tanto più gravi à noi quanto più nuovi,

E più mai non sentiti

Dal che minacciar l'ira celeste,

Vendicatrice dei traditi amori

Del sacerdote Aminta,

Sola cagion d'ogni miseria nostra.

Suda sangue la Dea, trema la terra,

E la caverna sacra

Mugge tutta e risuona

D'insoliti ululati e di funesti

Gemiti, e fiatoputente spira,

Che da l'immonde fauci

Più grave non cred'io l'esali Averno.

Già con l'ordine sacro,

Per condur la tua figlia à cruda morte,

Il sacerdote s'inviava, quando,

Vedendola Mirtillo (ò che stupendo

Caso udirai), s'offerse

Di dar con la sua morte à lei la vita,

Gridando ad alta voce:

Sciogliete quelle mani, ah, lacci indegni

Ed invece di lei, ch'hesser dovea

Vittima di Diana;

Me trahete agli altari,

Vittima d'Amarilli.

Tit.

Oh di fedele amante

E di cor generoso atto cortese

Mes.

Hor odi maraviglia.

Quella, che pur dianzi

Sì da la tema del morire oppressa,

Fatta alhor di repente

A le parole di Mirtillo invitta,

Con intrepido cor così rispose:

Pensi dunque, Mirtillo,

Di dar col tuo morire

Vita à chi di te vive?

O miracolo ingiusto Su, ministri,

che si tarda homai

Menatemi à gli altari.

Ah, che tanta pietà non volev'io,

Soggiunse alhor Mirtillo.

Torna cruda, Amarilli,

Che cotesta pietàdispietata

Troppo di me la miglior parte offende.

A me tocca il morire, anzi à me pure

Rispondeva Amarilli, che per legge

Son condennata, e quivi

Si contendea tra lor, come s'à punto

Fosse vita il morire, il viver morte.

Oh anime bennate, ò copia degna

Di sempiterni honori

O vivi, e morti gloriosi amanti

Se tante lingue havessi e tante voci

Quant'occhi il cielo e quante arene il mare,

Perderien tutte il suono e la favella

Nel dir à pien le vostre lodi immense.

Figlia del cielo, eterna

E gloriosa donna,

Che l'opre de mortali al tempo involi,

Accogli tu la bella istoria e scrivi

Con lettre d'oro in solido diamante

L'alta pietà de l'uno e l'altro amante.

Tit.

Ma qual fin hebbe poi

Quella mortal contesa?

Mes.

Vinse Mirtillo, ò, che mirabil guerra,

E inusitata, dove

Visse il perdente, e'l vincitor morio

Però che 'l sacerdote

Disse à la figlia tua, quetati, Ninfa,

Che campar per altrui

Non può chi per altrui s'offerse à morte.

Così la legge nostra à noi prescrive.

Poi comandò che la donzella fosse

Sì ben guardata, che 'l dolore estremo

A disperato fin non la traesse.

In tale stato eran le cose, quando

Di te mandommi à ricercar Montano.

Tit.

Insomma egli è pur vero:

Senza odorati fiori

Le rive e i poggi e senza i verdi onori

Vedrai le selve à la stagion novella,

Prima che senza amor vaga donzella.

Ma, se quì dimoriam, come sapremo

L'hora di gir al tempio?

Mes.

Qui meglio assai ch'altrove,

Che questo à punto è 'l loco, ov'esser deve

Il buon pastore in sacrificio offerto.

Tit.

E perche non nel Tempio

Mes.

Perche si la pena ove il fallo.

Tit.

E perche no ne l'antro,

Se ne l'antro il fallo?

Mes.

Perche à scoperto ciel sacrar si deve.

Tit.

E onde hai tu questi misteri intesi?

Mes.

Dal ministro maggior, così dic'egli

Da l'antico Tirenio haver inteso

Che 'l fido Aminta, e l'infedel Lucrina

Sacrificati fôro.

Ma tempo è di partire, ecco che scende

La sacra pompa al piano.

Sarà forse ben fatto

Che per quest'altra via

Ce n'andiam noi per la tua figlia al tempio.

 


 

 




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