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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
Carino, Montano, Nicandro, Mirtillo, Choro di Pastori.
Car. |
Chi vide mai sì rari abitatori In sì spessi abituri? hor, s'io non erro, Eccone la cagione: Velli quà tutti in un drappel ridotti. Oh quanta turba, ò quanta Com'è ricca e solenne veramente Qui si fa sacrifizio. |
Mon. |
Porgimi il vasel d'oro, Nicandro, ov'è riposto L'almo licor di Bacco. Nic. Eccotel pronto. |
Mon. |
Così il sangue innocente Ammollisca il tuo petto, ò santa Dea, Come rammorbidisce L'incenerita, ed arida favilla Questa d'almo licor cadente stilla. Hor tu riponi il vasel d'oro, & poscia Dammi il nappo d'argento. Nic. Eccoti il nappo. |
Mon. |
Così l'ira sia spenta Che destò nel tuo cor perfida ninfa, Come spegne la fiamma Questa cadente linfa. |
Car. |
Pur questo è sacrifizio, Nè vittima ci veggio. |
Mon. |
Hor tutto è preparato, Nè manca altro che'l fin. Dammi la scure. |
Car. |
Vegg'io forse, ò m'inganno, un che nel tergo Ad uom si rassomiglia, Con le ginocchia à terra? È forse egli la vittima? Ò meschino, Egli è per certo, e gli tien già la mano Il Sacerdote in capo. Infelice mia patria ancor non hai L'ira del ciel dopò tant'anni estinta? |
C. P. |
Ò figlia del gran Giove, O sorella del Sol, ch'al cieco mondo Splendi nel primo ciel, Febo secondo |
Mon. |
Vindice dea, che la privata colpa Con publico flagello in noi punisci, (così ti piace, e forse Così sta ne l'abisso De l'immutabil providenza eterna), Poi che l'impuro sangue De l'infedel Lucrina in te non valse A dissetar quella giustizia ardente Che del ben nostro ha sete, Bevi questo innocente Di volontaria vittima e d'amante Non men d'Aminta fido, Ch'al sacro altare in tua vendetta uccido. |
C.P. |
Ò figlia del gran Giove, O sorella del Sol, ch'al cieco mondo Splendi nel primo ciel, Febo secondo |
Mon. |
Deh, come di pietà pur'hora il petto Intenerir mi sento Che 'nsolito stupor mi lega i sensi. Par che non osi il cor nè la man possa Levar questa bipenne. |
Car. |
Vorrei prima nel viso Veder quell'infelice, e poi partirmi, Che non posso mirar cosa sì fiera. |
Mon. |
Chi sà che 'n faccia al sol, ben che tramonti, Non sia fallo il sacrar vittima humana, E perciò la fortezza Languisca in me de l'anima e del corpo? Volgiti alquanto e gira La moribonda faccia inverso il monte. Così sta ben. Car. Misero me Che veggio? Non è quello il mio figlio? Il mio caro Mirtillo? |
Mon. |
Hor posso. Car. È troppo desso. Mon. E'l colpo libro. |
Car. |
Che fai, sacro ministro? |
Mon. |
E tu, huomo profano, Perche ritieni il sacro ferro ed osi Di por tu qui la temeraria mano? |
Car. |
Ò Mirtillo, ben mio, Già d'abbracciarti in sì dolente guisa... |
Nic. |
Và in malora, insolente e pazzo vecchio |
Car. |
Non mi credev'io mai. Nic. Scostati dico Che con impura man toccar non lice Cosa sacra agli Dei. Car. Caro agli Dei Son ben anch'io, che con la scorta loro Qui mi condussi. Mon. Cessa Nicandro. Udiamlo prima, e poi si parta. |
Car. |
Deh ministro cortese, Prima che sopra il capo Di quel garzon cada il tuo ferro, dimmi Perche more il meschino, io te ne prego Per quella Dea ch'adori. |
Mon. |
Per nume tal tu mi scongiuri, ch'empio Sarei se tèl negassi. Ma che t'importa ciò? Car. Più che non credi. |
Mon. |
Perch'egli stesso à volontaria morte S'è per altrui donato. |
Car. |
Dunque per altrui more? Anch'io morrò per lui, deh per pietate, Drizza in vece di quello A questo capo già cadente il colpo. |
Mon. |
Amico, tu vaneggi. |
Car. |
E perche à me si nega Quel ch'a lui si concede? |
Mon. |
Perche sè forestiero. Car. E se non fussi? |
Mon. |
Nè fare anco il potresti; Che campar per altrui Non può chi per altrui s'offerse à morte. Ma dimmi: chi sè tu, se pur è vero Che non sij forestiero? A l'habito tu certo Arcade non mi sembri. Car. Arcade sono. |
Mon. |
In questa terra già non mi sovviene D'haverti io mai veduto. |
Car. |
In questa terra nacqui, e son Carino, Padre di quel meschino. |
Mon. |
Padre tu di Mirtillo? ò come giugni A te stesso ed à noi troppo importuno Scostati immantenente, Che col paterno affetto Render potresti infruttuoso e vano Il sacrifizio nostro. |
Car. |
Ah, se tu fussi padre |
Mon. |
Son padre, e padre ancor d'unico figlio, E pur tenero padre, nondimeno, Se questo fosse del mio Silvio il capo; Già non sarei men pronto A far di lui quel che del tuo far deggio, Che sacro manto indegnamente veste Chi, per publico ben del suo privato Comodo non si spoglia. |
Car. |
Lascia ch'i 'l baci almen prima che mora. |
Mon. |
E questo molto meno. |
Car. |
Ò sangue mio, e tu ancor sè sì crudo, Che non rispondi al tuo dolente padre? |
Mir. |
Deh padre, omai t'acqueta. Mon. O noi meschini Contaminato è 'l sacrificio, ò Dei |
Mir. |
Che spender non potrei più degnamente La vita che m'hai data. |
Mon. |
Troppo ben m'avvisai Ch'a la paterne lagrime costui Romperebbe il silenzio. |
Mir. |
Misero qual errore Hò io commesso, ò come La legge del tacer m'uscì di mente? |
Mon. |
Ma che si tarda? Su, ministri: al Tempio Rimenatelo tosto, E ne la sacra cella un'altra volta Da lui si prenda il volontario voto. Quì poscia ritornandolo, portate Con esso voi per sacrificio novo Nov'acqua, novo vino e novo foco. Sù, speditevi tosto, Che già s'inchina il sole. |