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Battista Guarini
Il pastor fido

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SCENA II.

 

Dorinda, Lupino, Silvio.

 

Dor.

O del mio bello e dispietato Silvio

Cura, e diletto, avventuroso, e fido:

Foss'io sì cara al tuo signor crudele,

Come sè tu Melampo, egli, con quella

Candida man ch'à me distringe il core,

Te, dolcemente lusingando, nutre,

E teco il dì, teco la notte alberga:

Mentr'io, che l'amo tanto, in van sospiro,

E 'n vano il prego; e quel che più mi duole,

Ti dà sì cari e sì soavi baci;

Ch'un sol che n'avess'io, n'andrei beata.

E, per più non poter, ti bacio anch'io,

Fortunato Melampo. Hor, se benigna

Stella, forse, d'Amore à me t'invia

Perche l'orme di lui mi scorga, andiamo

Dove Amor me, te sol Natura inchina.

Ma non sent'io tra queste selve un corno

Sonar vicino. S. Tè Melampo, tè

Dor.

Se 'l desio non m'inganna, quella è voce

Del bellissimo Silvio, che 'l suo cane

Chiama tra queste selve. S. Te', Melampo,

Tè, tè. D. Senz'alcun fallo è la sua voce.

Oh felice Dorinda il ciel ti manda

Quel ben che vai cercando. È meglio ch'io

Serbi il cane in disparte: io farò forse

De l'amor suo con questo mezzo acquisto.

Lupino. L. Eccomi. D. Và con questo cane,

E ti nascondi in quella fratta. Intendi?

Lup.

Intendo. D. E non uscir, s'io non ti chiamo.

Lup.

Tanto farò. D. Và tosto. L. E tu fa' tosto,

Che, se venisse fame à questa bestia,

In un boccone non mi mannicasse.

Dor.

Oh come sè da poco sù va via.

Sil.

Dove misero me dove debb'io

Volger più il piede à seguitarti, ò caro,

O mio fido Melampo? hò monte e piano

Cercato indarno, e son già molle, e stanco.

Maladetta la fera che seguisti

Ma ecco ninfa, che di lui novella

Mi darà forse, ò come male inciampo

Questa è colei che mi dà sempre noia.

Pur soffrir mi bisogna, ò bella ninfa,

Dimmi: vedesti il mio fedel Melampo,

Che testè dietro ad una damma sciolsi?

Dor.

Io bella, Silvio? io bella?

Perche così mi chiami,

Crudel, se bella à gl'occhi tuoi non sono?

Sil.

O bella ò brutta, hai tu il mio can veduto?

A questo mi rispondi, ò ch'io mi parto.

Dor.

Tu sè pur aspro à chi t'adora, Silvio

Chi crederia che 'n sì soave aspetto

Fosse sì crudo affetto?

Tu segui per le selve

E per gli alpestri monti

Una fera fugace, e dietro l'orme

D'un veltro, oime t'affanni e ti consumi;

E me, che t'amo sì, fuggi e disprezzi.

Deh non seguir damma fugace; segui,

Segui amorosa e mansueta damma,

Che, senza esser cacciata,

È già presa, e legata.

Sil.

Ninfa, qui venni à ricercar Melampo,

Non à perder il tempo, à Dio. D. Deh Silvio

Crudel, non mi fuggire:

Ch'i' ti darò del tuo Melampo nova.

Tu mi beffi, Dorinda? D. Silvio mio,

Per quello amor che mi t'ha fatta ancella,

Io so dove è il tuo cane.

Nol lasciasti testè dietro una damma?

Sil.

Lasciailo e ne perdei tosto la traccia.

Dor.

Or il cane, e la damma è in poter mio.

Sil.

In tuo poter? D. In mio poter. Ti duole

D'esser tenuto à chi t'adora, ingrato?

Sil.

Cara Dorinda mia, daglimi tosto.

Dor.

Ve', mobile fanciullo, à che son giunta

Ch'una fera ed un can mi ti fa cara.

Ma vedi, core mio, tu non gli havrai

Senza mercede. S. È ben ragion: darotti,

Vò schernirla, costei. S. Che mi darai?

Sil.

Due belle poma d'oro, che l'altr'ieri

La bellissima mia madre mi diede:

Dor.

A me poma non mancano; potrei

A te darne di quelle, che son forse

Più saporite e belle, se i miei doni

Tu non havessi à schivo. S. E che vorresti?

Un capro od una agnella? ma il mio padre

Non mi concede ancor tanta licenza.

Dor.

Nè di capro hò vaghezza nè d'agnella:

Te solo, Silvio, e l'amor tuo vorrei.

Sil.

Nè altro vuoi che l'amor mio? D. Non altro.

Sil.

Sì sì, tutto tel dono, hor dammi dunque,

Cara ninfa, il mio cane, e la mia damma.

Dor.

O se sapessi quanto

Vale il tesor di che sì largo sembri,

E rispondesse à la tua lingua il core

Sil.

Ascolta, bella ninfa. Tu mi vai

Sempre di certo amor parlando, ch'io

Non so quel ch'e' si sia. Tu vuoi ch'i' t'ami,

E t'amo quanto posso e quanto intendo.

Tu dì ch'io son crudele, e non conosco

Quel che sia crudeltà, nè sò che farti.

Dor.

O misera Dorinda ov'hai tu poste

Le tue speranze? onde soccorso attendi?

In beltà che non sente ancor favilla

Di quel foco d'Amor, ch'arde ogn'amante.

Amoroso fanciullo;

Tu sè pur à me foco, e tu non ardi.

E tu, che spiri amore, amor non senti.

Te, sotto humana forma

Di bellissima madre,

Partorì l'alma Dea che Cipro honora;

Tu hai gli strali e 'l foco:

Ben sallo il petto mio ferito, ed arso.

Giugni à gli homeri l'ali:

Sarai novo Cupido,

Se non c'hai ghiaccio il core,

Nè ti manca d'Amore altro che amore.

Sil.

Che cosa è questo amore?

Dor.

S'i' miro il tuo bel viso,

Amore è un paradiso;

Ma, s'i' miro il mio core,

È un infernal ardore.

Sil.

Ninfa, non più parole,

Dammi il mio cane homai:

Dor.

Dammi tu prima il pattuito Amore.

Sil.

Dato non te l'hò dunque? oime che pena

E'l contentar costei, prendilo, fanne

Ciò che ti piace, chi tel nega ò vieta?

Che vuoi tu più? che badi?

Dor.

Tu perdi ne l'arena i semi e l'opra,

Sfortunata Dorinda?

Sil.

Che fai? che pensi? ancor mi tieni à bada?

Dor.

Non così tosto havrai quel che tu brami,

Che poi mi fuggirai, perfido Silvio.

Sil.

No certo, bella ninfa. D. Dammi un pegno.

Sil.

Che pegno vuoi? D. ah, che non oso à dirlo

Sil.

Perche? D. Perch'hò vergogna. S. E pur il chiedi

Dor.

Vorrei senza parlar esser'intesa.

Sil.

Ti vergogni di dirlo e non havresti

Vergogna di riceverlo? Dor. Se darlo

Tu mi prometti, i' tèl dirò. Sil. Prometto,

Ma vo' che tu me 'l dica. D. Ah, non m'intendi,

Silvio, mio ben; t'indenderei pur io,

S'a me il dicessi tu. Sil. Più scaltra certo

Sè tù di me. D. Più calda, Silvio, e meno

Di te crudele io sono. S. A dirti il vero,

Io non son indovin: parla, se voi

Esser intesa. D. O misera Un di quelli

Che ti dà la tua madre. S. Una guanciata?

Dor.

Una guanciata à chi t'adora, Silvio?

Sil.

Ma careggiar con queste ella sovente

Mi suole. Dor. Ah so ben io che non è vero.

E talor non ti bacia? Sil. Nè mi bacia,

Nè vuol che altri mi baci.

Forse vorresti tu per pegno un baccio?

Tu non rispondi. Il tuo rossor t'accusa.

Certo mi son apposto. I' son contento;

Ma dammi con la preda il can tu prima.

Dor.

Me'l prometti tu, Silvio? S. I' tel prometto.

Dor.

E me l'attenderai? S. Sì, ti dich'io.

Non mi dar più tormento. D. Esci Lupino

Lupino ancor non odi? Lu. oh, sè noioso

Chi chiama? oh, vengo, vengo Io non dormiva,

No certo. Il can dormiva. D. Ecco il tuo cane,

Silvio, che più di te cortese è in questo...

Sil.

Oh, come son contento. D. In queste braccia,

Che tanto sprezzi tu, venne à posarsi...

Sil.

Oh dolcissimo mio fido Melampo

Dor.

Cari avendo i miei baci e i miei sospiri.

Sil.

Baciar ti voglio mille volte e mille.

Ti sè fatto alcun mal forse correndo?

Dor.

Avventuroso can perche non posso

Cangiar teco mia sorte, à che son giunta,

Che fin d'un can la gelosia m'accora?

Ma tu, Lupin, t'invia verso la caccia;

Che fra poco i' ti seguo. L. Io vò, padrona.


 

 

 




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