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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
Mirtillo.
Ah pur troppo son desto e troppo miro
Così nato senz'occhi
Foss'io più tosto, ò più tosto non nato
A che, fiero destìn, serbarmi in vita
Per condurmi à vedere
Spettacolo sì crudo e sì dolente?
O più d'ogni infernale
Anima tormentata,
Tormentato Mirtillo,
Non stare in dubbio, nò, la tua credenza
Non sospender già più; tu l'hai veduta
Con gli occhi proprio, e con gli orecchi udita.
La tua Donna è d'altrui,
Non per legge del mondo,
Che la toglie ad ogni altro;
Ma per legge d'Amore,
Che la toglie à te solo.
O crudele Amarilli,
Dunque non ti bastava
Di dar'à questo misero la morte,
S'anco non lo schernivi?
Con quella insidiosa ed incostante
Bocca, che le dolcezze di Mirtillo
Gradì pur una volta?
Hor l'odiato nome,
Che forse ti sovvenne
Per tuo rimordimento,
Non hai voluto à parte
De le dolcezze tue, de le tue gioie,
E 'l vomitasti fuore,
Ninfa crudel, per non l'haver nel core.
Ma che tardi, Mirtillo?
Colei che ti dà vita,
A te l'ha tolta e l'ha donata altrui;
E tu vivi, meschino? e tu non mori?
Mori, Mirtillo, mori
Al tormento, al dolore,
Com'al tuo ben, com'al gioir sè morto.
Mori, morto Mirtillo:
Hai finita la vita,
Finisci anco il tormento.
Esci, misero amante,
Di questa dura & angosciosa morte,
Che per maggior tuo mal ti tiene in vita.
Ma che? debb'io morir senza vendetta?
Farò prima morir chi mi dà morte.
Tanto in me si sospenda
Il desio di morire,
Che giustamente habbia la vita tolta
A chi m'ha tolto ingiustamente il core.
Ceda il dolore, à la vendetta, ceda
La pietate à lo sdegno
E la morte à la vita,
Fin ch'habbia con la vita
Vendicata la morte.
Non beva questo ferro
Del suo signor l'invendicato sangue,
E questa man non sia
Ministra di pietate
Che non sia prima d'ira.
Ben ti farò sentire,
Chiunque sè che del mio ben gioisci,
Nel precipizio mio la tua ruina.
M'appiatterò qui dentro
Nel medesmo cespuglio, e, come prima
A la caverna avvicinar vedrollo,
Improvviso assalendolo, nel fianco
Il ferirò con questo acuto dardo.
Ma non sarà viltà ferir altrui
Nascosamente? sì sfidalo adunque
A singolar contesa, ove virtute
Del tuo giusto dolor possa far fede.
No, che potrebbon di leggieri in questo
Loco, à tutti sì noto e sì frequente,
Accorrere i pastori ed impedirci,
E ricercar'ancor, che peggio fora,
La cagion che mi move: e s'io la nego,
Malvagio, e s'io la fingo, senza fede
Ne sarò riputato, e s'io la scopro,
D'eterna infamia rimarrà macchiato
De la mia donna il nome, in cui ben ch'io
Non ami quel che veggio, almen quell'amo
Che sempre volli e vorrò fin ch'i' viva
E che sperai e che veder devrei.
Moia dunque l'adultero malvagio,
Ch'a lei l'honore, à me la vita invola
Ma, se l'uccido qui, non sarà il sangue
Chiaro indizio del fatto? E che tem'io
La pena del morir, se morir bramo?
A l'homicidio, alfin fatto palese,
Scoprirà la cagione; onde cadrai
Nel medesmo periglio de l'infamia
Che può venirne à questa ingrata; hor entra
Ne la spelonca e quì l'assali, è buono,
Questo mi piace entrerò cheto cheto,
Sì ch'ella non mi senta, e credo bene
Che ne la più segreta e chiusa parte,
Come accennò di far ne detti suoi,
Si sarà ricovrata, ond'io non voglio
Penetrar molto à dentro. Una fessura
Fatta nel sasso e di frondosi rami
Tutta coperta, à man sinistra à punto
Si trova à piè de l'alta scesa: quivi
Più che si può tacitamente entrando,
Il tempo attenderò di dar effetto
A quel che bramo, il mio nemico morto
A la nemica mia porterò innanzi:
Così d'ambidue lor farò vendetta;
Indi trapasserò col ferro stesso
A me medesmo il petto, e tre saranno
Gli estinti, duo dal ferro, una dal duolo.
Vedrà questa crudele
De l'amante gradito
Non men che del tradito
Tragedia miserabile e funesta;
E sarà questo speco,
Ch'esser dovea de le sue gioie albergo,
Così de l'un come de l'altro amante,
E, quel che più desio,
De le vergogne sue tomba, e sepolcro.
Ma voi, orme già tanto in van seguìte,
Così fido sentiero
Voi mi segnate? à così caro albergo
Voi mi scorgete? e pur v'inchino e seguo.
O Corisca, Corisca,
Or sì m'hai detto il vero, hor sì ti credo.