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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
Dorinda, Linco.
Dor. |
E Conosciuta certo Tu non m'avevi, Linco? |
Lin. |
Chi ti conoscerebbe Sotto queste sì rozze, orride spoglie Per Dorinda gentile? S'io fossi un fiero can, come son Linco, Mal grado tuo t'avrei Troppo ben conosciuta. O, che veggio? ò, che veggio? |
Dor. |
Un affetto d'amor tu vedi, Linco, Un effetto d'amare Misero e singolare. |
Lin. |
Una fanciulla, come tu, sì molle E tenerella ancora, Ch'eri pur dianzi (si può dir) bambina; E mi par che pur ieri T'havessi tra le braccia pargoletta, E, le tenere piante Reggendo, t'insegnassi A formar babbo e mamma, Quando à i servigi del tuo padre i' stava; Tu che qual damma timida solevi, Prima ch'amor sentissi, Paventar d'ogni cosa Ch'à lo 'mprovviso si movesse, ogn'aura, Ogn'augellin che ramo Scotesse, ogni lucertola che fuori De la fratta corresse, Ogni tremante foglia Ti facea sbigottire; Hor vai soletta errando Per montagne e per boschi, Nè di fera hai paura nè di veltro? |
Dor. |
Chi è ferito d'amoroso strale, D'altra piaga non teme. |
Lin. |
Ben ha potuto in te, Dorinda, amore, Poi che di donna in huomo, Anzi di donna in lupo ti trasforma. |
Dor. |
Oh se qui dentro, Linco, Scorger tu mi potessi, Vedresti un vivo lupo, Quasi agnella innocente L'anima divorarmi. |
Lin. |
E qual è il lupo? Silvio? Dor. Ah tu l'hai detto. |
Lin. |
E tu, poi ch'egli è lupo, In lupa volentier ti sè cangiata, Perche, se non l'ha mosso il viso humano, Il mova almen questo ferino, e t'ami. Ma dimmi: ove trovasti Questi ruvidi panni? |
Dor. |
I' ti dirò. Mi mossi Stamani assai per tempo Verso là dove inteso havea che Silvio, A piè de l'Erimanto, Nobilissima caccia Al fier cignale apparecchiata havea; E, ne l'uscir de l'Eliceto à punto, Quinci non molto lunge, Verso il rigagno che dal poggio scende, Trovai Melampo, il cane Del bellissimo Silvio, che la sete Quivi, come cred'io, s'havea già tratta E nel prato vicin posando stava. Io, ch'ogni cosa del mio Silvio hò cara, E l'ombra ancor del suo bel corpo e l'orma Del piè leggiadro, non che 'l can da lui Cotanto amato, inchino, Subitamente il presi: Ed ei, senza contrasto, Qual mansueto agnel meco ne venne. E, mentre i' vò pensando Di ricondurlo al suo signore e mio: Sperando far, con dono à lui sì caro, De la sua grazia acquisto, Eccolo à punto che venia diritto Cercandone i vestigi, e qui fermossi. Caro Linco, non voglio Perder tempo in ridir minutamente Quello ch'è tra noi passato Ti dirò ben, per ispedirmi in breve, Che, dopo un lungo giro Di mentite promesse e di parole, Mi s'è involato il crudo, Pien d'ira e di disdegno, Col suo fido Melampo E con la cara mia dolce mercede. |
Lin. |
Oh dispietato Silvio, oh garzon fiero E tu che festi allor? non ti sdegnasti De la sua fellonia? |
Dor. |
Anzi, come s'à punto Il foco del suo sdegno Fosse stato al mio cor foco amoroso, Crebbe per l'ira sua l'incendio mio, E, tuttavia seguendone i vestigi E pur verso la caccia L'interrotto cammin continuando, Non molto lunge il mio Lupin raggiunsi, Che quinci poco prima Di me s'era partito; onde mi venne Tosto pensier di travestirmi e 'n questi Abiti suoi servili Nascondermi sì ben, che trà pastori Potessi per pastore esser tenuta E seguir e mirar comodamente Il mio bel Silvio. Lin. E 'n sembianza di lupo Tu sè ita à la caccia, E t'han veduta i cani e quinci salva Sè ritornata? Hai fatto assai, Dorinda. |
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Dor. |
Non ti maravigliar, Linco, che i cani Non potean far'offesa A chi del signor loro È destinata preda. Quivi confusa in frà la spessa turba De' vicini pastori, Ch'eran concorsi à la famosa caccia, Stav'io fuor de le tende Spettatrice amorosa Via più del cacciator che de la caccia. A ciascun moto de la fera alpestre Palpitava il cor mio; A ciascun atto del mio caro Silvio Correa subitamente Con ogni affetto suo l'anima mia. Ma il mio sommo diletto Turbava assai la paventosa vista Del terribil Cignale Smisurato di forza e di grandezza. Come rapido turbo D'impetuosa, e subita procella, Che tetti e piante e sassi, e ciò ch'incontra In poco giro, in poco tempo atterra; Così, à un solo rotar di quelle zanne E spumose e sanguigne, Si vedean tutti insieme Cani uccisi, aste rotte, huomini offesi. Quante volte bramai Di patteggiar con la rabbiosa fera Per la vita di Silvio il sangue mio Quante volte d'accorrervi e di fare Con questo petto al suo buon petto scudo Quante volte dicea Fra me stessa perdona, Fiero cignal, perdona Al delicato sen del mio bel Silvio. Così meco parlava, Sospirando e pregando, Quand'egli di squamosa e dura scorza Il suo Melampo armato Contra la fera impetuoso spinse, Che più superba ogn'hora S'havea fatta d'intorno Di molti uccisi cani e di feriti Pastori orrida strage. Linco, non potrei dirti Il valor di quel cane, E ben ha gran ragion Silvio se l'ama. Come irato leon che 'l fiero corno De l'indomito Tauro Ora incontri, ora fugga; Una sola fiata che nel tergo Con le robuste branche l'afferri Il ferma sì, ch'ogni poter n'emunge: Tale il forte Melampo, Fuggendo accortamente Gli spessi giri e le mortali rote Di quella fera mostruosa, alfine L'assannò ne l'orecchia, E, dopo averla impetuosamente Prima crollata alquante volte e scossa, Ferma la tenne sì, che potea farsi Nel vasto corpo suo, quantunque altrove Leggermente ferito, Di ferita mortal certo disegno. Alhor subitamente il mio bel Silvio, Invocando Diana: Drizza tu questo colpo, Disse, ch'à te fo voto Di sacrar, santa Dea, l'orribil teschio. E, 'n questo dir, da la faretra d'oro Tratto un rapido strale, Fin da l'orecchia al ferro Tese l'arco possente, E nel medesmo punto Restò piagato ove confina il collo Con l'homero sinistro il fier cinghiale, Il qual subito cadde. I' respirai, Vedendo Silvio mio fuor di periglio. O fortunata fera, Degna d'uscir di vita Per quella man che 'nvola Sì dolcemente il cor dai petti humani |
Lin. |
Ma che sarà di quella fera uccisa? |
Dor. |
No'l so, perche men venni, Per non esser veduta, innanzi à tutti; Ma crederò che porteranno in breve, Secondo il voto del mio Silvio il teschio Solennemente al tempio. |
Lin. |
E tu non vuoi uscir di questi panni? |
Dor. |
Sì voglio; ma Lupino Ebbe la veste mia con l'altro arnese, E disse d'aspettarmi Con essi al fonte, e non ve l'hò trovato. Caro Linco, se m'ami, Va' tu per queste selve Di lui cercando, che non può già molto Esser lontano, i' poserò frattanto Là in quel cespuglio: il vedi? Ivi t'attendo, Ch'io son da la stanchezza Vinta e dal sonno, e ritornar non voglio Con queste spoglie à casa. |
Lin. |
Io vo. Tu non partire Di là fin ch'io non torni. |