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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
Choro, Ergasto.
[Cho.] |
Pastori havete inteso Che 'l nostro semideo, figlio ben degno Del gran Montano e degno Discendente d'Alcide, Hoggi n'ha liberati Da la fera terribile, che tuttaInfestava l'Arcadia; E che già si prepara Di sciôrne il voto al tempio. Se grati esser vogliamo Di tanto beneficio, Andiamo tutti ad incontrarlo, e come Nostro liberatore Sia da noi onorato Con la lingua, e col core. E, ben che d'alma valorosa, e bella L'honor sia poco pregio, è però quello Che si può dar maggiore A la virtute in terra. |
Erg. |
Ò sciagura dolente ò caso amaro O piaga immedicabile, e mortale O sempre acerbo e lagrimevol giorno |
Cho. |
Qual voce odo di pianto e d'horror piena? |
Erg. |
Stelle nemiche à la salute nostra, Così la fè schernite? Così il nostro sperar levaste in alto Perche poscia cadendo Con maggior pena il precipizio havesse? |
Cho. |
Questi mi par Ergasto, e certo è desso. |
Erg. |
Ma perche il cielo accuso? Te pur accusa, Ergasto; Tu solo avvicinasti L'esca pericolosa Al focile d'Amor, tu il percotesti E tu sol ne traesti Le faville, onde è nato L'incendio inestinguibile e mortale. Ma sallo il ciel, se da buon fin mi mossi E se fù sol pietà che mi c'indusse. O sfortunati amanti O misera Amarilli O Titiro infelice ò orbo padre O dolente Montano O desolata Arcadia ò noi meschini O finalmente, misero e infelice Quant'hò veduto e veggio, Quanto parlo, quant'odo e quanto penso |
Cho. |
Oime qual fia cotesto Sì misero accidente, Che'n sè comprende ogni miseria nostra? Andiam, pastori, andiamo Verso di lui, ch'a punto Egli ci vien incontra, eterni numi, Ah Non è tempo ancora Di rallentar lo sdegno? Dinne, Ergasto gentile: Qual fiero caso à lamentar ti mena? Che piangi? |
Erg. |
Amici cari, Piango la mia, piango la vostra, piango La ruina d'Arcadia. |
Cho. |
Oime che narri? |
Erg. |
È caduto il sostegno D'ogni nostra speranza. |
Cho. |
Deh parlaci più chiaro. |
Erg. |
La figliuola di Titiro, quel solo Del suo ceppo cadente e del cadente Padre appoggio e rampollo; Quell'unica speranza De la nostra salute, Ch'al figlio di Montano era Destinata dal ciel e promessa in terra Per liberar con le sue nozze Arcadia; Quella Ninfa celeste, Quella saggia Amarilli, Quell'esempio d'honore, Quel fior di castitate; Oime quella... ah mi scoppia Il core à dirlo. Cho. È morta? |
Erg. |
No, ma sta per morire. |
Cho. |
Oime che intendo? Erg. e nulla ancor intendi Peggio è che more infame. |
Cho. |
Amarillide infame? e come, Ergasto? |
Erg. |
Trovata con l'adultero. E se quinci Non partite sì tosto, La vedrete condurre Cattiva al tempio. Cho. ò bella e singolare, Ma troppo malagevole virtute Del sesso femminile, ò pudicizia, Come hoggi sè si rara Dunque non si dirà donna pudica Se non quella che mai Non fù sollecitata? Oh secolo infelice |
Erg. |
Veramente potrassi Con gran ragione havere D'ogn'altra donna l'honestà sospetta, Se dishonesta l'honestà si trova. |
Cho. |
Deh cortese pastor, non ti sia grave Di raccontarci il tutto. |
Erg. |
Io vi dirò. Stamane assai per tempo Venne (come sapete) il Sacerdote A visitar con l'infelice padre De la misera Ninfa, il sagro tempio Da un medesmo pensier ambidue mossi, D'agevolar co' prieghi Le nozze de' lor figli, Da lor bramate tanto. Per questo solo in un medesmo tempo Fûr le vittime offerte, E fatto il sacrificio Solennemente e con sì lieti auspizi, Che non fur viste mai Nè viscere più belle Nè fiamma più sincera, ò men turbata; Onde, da questi segni Mosso, il cieco indovino: Hoggi disse à Montano Sarà il tuo Silvio amante; e la tua figlia Hoggi, Titiro, sposa. Vanne tu tosto à preparar le nozze. Oh insensate e vane Menti degli indovini e tu di dentro Non men che di fuor cieco S'à Titiro l'esequie In vece de le nozze havessi detto, Ti potevi ben dir certo indovino. Già tutti consolati Erano i circostanti, e i vecchi padri Piangean di tenerezza, E partito era già Titiro, quando Furon nel tempio horribilmente uditi Di subito e veduti Sinistri auguri e paventosi segni, Nunzi de l'ira sacra, Ai quali, oime s'attonito e confuso Restasse ogn'un dopo sì bel principio, Pensatel voi, cari pastori. Intanto S'erano i sacerdoti Nel sacrario maggior soli rinchiusi; E mentre, essi di dentro e noi di fuori, Lagrimosi, e divoti, Stavamo intenti à le preghiere sante, Ecco il malvagio Satiro, che chiede Con molta fretta e per instante caso Dal sacerdote udienza. E, perche questa È, come voi sapete, Mia cura, fui quell'io, che l'introdussi. Ed egli (ah, ben ha ceffo Da non portar altra novella) disse: Padri, s'ai vostri voti Non rispondon le vittime e gli incensi, Se sopra i vostri altari Splende fiamma non pura, Non vi maravigliate. Impuro ancora È quel che si commette Hoggi contra la legge Ne l'antro d'Ericina. Una perfida Ninfa Con l'adultero infame ivi profana A voi la legge, altrui la fede rompe. Vengan meco i ministri: Mostrerò lor di prenderli su'l fatto Agevolmente il modo. Alhora (o mente humana, Come nel tuo destino Sè tu stupida e cieca) Respirarono alquanto Gli afflitti, e buoni padri, Parendo lor che fosse Trovata la cagion, che pria sospesi Gli ebbe à tener nel sacro ufficio infausto; Onde subitamente il Sacerdote Al ministro maggior, Nicandro impose, Che sen gisse col Satiro e cattivi Conducesse ammendue gli amanti al tempio. Ond'ei da tutto il choro De' ministri accompagnato Per quella obliqua, e tenebrosa via Ch'avea mostrato il Satiro malvagio, Tenebrosa ed obliqua, Si condusse ne l'antro. La giovane infelice, Forse da lo splendor de le facelle D'improvviso assalita e spaventata, Uscendo fuor d'una riposta cava Ch'è nel mezzo de l'antro, Si provò di fuggir, come cred'io, Verso cotesta uscita, che fù dianzi Dal troppo accorto Satiro, e sagace Com'e' ci disse, chiusa. |
Cho. |
Ed egli, intanto, che facea? Erg. Partissi, Subito che 'l sentiero Hebbe scorto à Nicandro. Non si può dir fratelli, Quanto rimase ognuno Stupefatto ed attonito, vedendo Che quella era la figlia Di Titiro, la quale Non fù sì tosto presa, Che subito v'accorse, Ma non saprei già dirvi, onde s'uscisse, L'animoso Mirtillo, E per ferir Nicandro, Il dardo ond'era armato, Impetuoso spinse: E se giungeva il ferro Là 've la mano il destinò, Nicandro Hoggi vivo non fôra. Ma in quel medesmo punto, Che drizzò l'uno il colpo, S'arretrò l'altro. O fosse caso ò fosse Avvedimento accorto, Sfuggì il ferro mortale, Lasciando il petto, che diè luogo, intatto; E ne l'irsuta spoglia Non pur finì quel periglioso colpo, Ma s'intricò, non so dir come, in modo Che, nol potendo ricovrar, Mirtillo Restò cattivo anch'egli. |
Cho. |
E di lui che seguì? Erg. Per altra via Nel condussero al tempio. |
Cho. |
E per far che? Erg. Per meglio trar da lui Di questo fatto il vero. E chi sa? forse Non merta impunità l'haver tentato Di por man ne' ministri e 'ncontra loro La maestà sacerdotale offesa. Havessi almen potuto Consolarlo, il meschino |
Cho. |
E perche non potesti? |
Erg. |
Perche vieta la legge Ai ministri minori Di favellar co' rei. Per questo sol mi sono Dilungato dagli altri; E per altro sentiero Mi vò condurre al tempio, E con prieghi e con lagrime devote Chieder al ciel ch'à più sereno stato Giri questa oscurissima procella. À Dio, cari pastori, Restate in pace, e voi co' prieghi nostri Accompagnate i vostri. |
Cho. |
Così farem, poi che per noi fornito Sarà verso il buon Silvio il nostro à lui Così devoto officio. O Dei del sommo cielo, Deh mostratevi ormai Con la pietà, non col furore, eterni. |