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Battista Guarini Il pastor fido IntraText CT - Lettura del testo |
Titiro, Messo.
Tit. |
CHe piangerò di te prima, mia figlia, La vita, ò l'honestate? Piangerò l'honestate, Che di padre mortal sè tu ben nata, Ma non di padre infame; E'n vece de la tua Piangerò la mia vita hoggi serbata A veder in te spenta La vita, e l'honestate. O Montano, Montano, Tu sol co' tuoi fallaci E mali intesi oracoli, e col tuo D'amore e di mia figlia Disprezzator superbo, à cotal fine L'hai tu condotta, ahi, quanto meno incerti Degli oracoli tuoi Son'hoggi stati i miei C'honestà contr'Amore È troppo frale schermo A giovinetto core, E donna scompagnata È sempre mal guardata. |
Mes. |
Se non è morto ò se per l'aria i venti Non l'han portato, i' devrei pur trovarlo. Ma eccol, s'io non erro, Quando meno il pensai. O da me tardi e per te troppo à tempo, Vecchio padre infelice, alfin trovato, Che novelle t'arreco |
Tit. |
Che rechi tu ne la tua lingua? Il ferro Che svenò la mia figlia? |
Mes. |
Questo non già, ma poco meno. E come L'hai tu per altra via sì tosto inteso? |
Tit. |
Vive ella dunque? Mes. Vive, e 'n man di lei Sta il vivere e 'l morire. |
Tit. |
Benedetto sij tu, che m'hai da morte Tornato in vita hr come non è salva, S'a lei sta il non morire? |
Mes. |
Perche viver non vuole. |
Tit. |
Viver non vuole? E qual follia l'induce A sprezzar sì la vita? Mes. L'altrui morte, E, se tu non la smovi, Hà così fisso il suo pensiero in questo, Che spende ogn'altro in van preghi e parole. |
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Tit. |
Hor che si tarda? Andiamo. |
Mes. |
Fermati, che le porte Del tempio ancor son chiuse. Non sai tu, che toccar la sacra soglia, Se non à piè sacerdotal non lice Fin che non esca del sacrario adorna La destinata vittima à gli altari? |
Tit. |
E s'ella desse intanto Al fiero suo proponimento effetto? |
Mes. |
Non può, ch'è custodita. |
Tit. |
In questo mezzo dunque Narrami il tutto, e senza velo homai Fa' che 'l vero n'intenda. |
Mes. |
Gionta dinanzi al Sacerdote (ahi, vista Piena d'horror) la tua dolente figlia, Che trasse, non dirò dai circostanti, Ma, per mia fè, da le colonne ancora Del tempio stesso e da le dure pietre, Che senso haver parean, lagrime amare; Fù quasi in un sol punto Accusata, convinta, e condennata. |
Tit. |
Misera figlia E perche tanta fretta? |
Mes. |
Perche de la difesa eran gli indizi Troppo maggiori, e certa Sua ninfa, ch'ella in testimon recava De l'innocenza sua, Nè quivi era presente, nè fù mai Chi trovar la sapesse. I fieri segni intanto E gli accidenti mostruosi, e pieni Di spavento e d'orror, che son nel tempio, Non pativano indugio, Tanto più gravi à noi quanto più nuovi, E più mai non sentiti Dal dì che minacciar l'ira celeste, Vendicatrice dei traditi amori Del sacerdote Aminta, Sola cagion d'ogni miseria nostra. Suda sangue la Dea, trema la terra, E la caverna sacra Mugge tutta e risuona D'insoliti ululati e di funesti Gemiti, e fiato sì putente spira, Che da l'immonde fauci Più grave non cred'io l'esali Averno. Già con l'ordine sacro, Per condur la tua figlia à cruda morte, Il sacerdote s'inviava, quando, Vedendola Mirtillo (ò che stupendo Caso udirai), s'offerse Di dar con la sua morte à lei la vita, Gridando ad alta voce: Sciogliete quelle mani, ah, lacci indegni Ed invece di lei, ch'hesser dovea Vittima di Diana; Me trahete agli altari, Vittima d'Amarilli. |
Tit. |
Oh di fedele amante E di cor generoso atto cortese |
Mes. |
Hor odi maraviglia. Quella, che fù pur dianzi Sì da la tema del morire oppressa, Fatta alhor di repente A le parole di Mirtillo invitta, Con intrepido cor così rispose: Pensi dunque, Mirtillo, Di dar col tuo morire Vita à chi di te vive? O miracolo ingiusto Su, ministri, Sù che si tarda homai Menatemi à gli altari. Ah, che tanta pietà non volev'io, Soggiunse alhor Mirtillo. Torna cruda, Amarilli, Che cotesta pietà sì dispietata Troppo di me la miglior parte offende. A me tocca il morire, anzi à me pure Rispondeva Amarilli, che per legge Son condennata, e quivi Si contendea tra lor, come s'à punto Fosse vita il morire, il viver morte. Oh anime bennate, ò copia degna Di sempiterni honori O vivi, e morti gloriosi amanti Se tante lingue havessi e tante voci Quant'occhi il cielo e quante arene il mare, Perderien tutte il suono e la favella Nel dir à pien le vostre lodi immense. Figlia del cielo, eterna E gloriosa donna, Che l'opre de mortali al tempo involi, Accogli tu la bella istoria e scrivi Con lettre d'oro in solido diamante L'alta pietà de l'uno e l'altro amante. |
Tit. |
Ma qual fin hebbe poi Quella mortal contesa? |
Mes. |
Vinse Mirtillo, ò, che mirabil guerra, E inusitata, dove Visse il perdente, e'l vincitor morio Però che 'l sacerdote Disse à la figlia tua, quetati, Ninfa, Che campar per altrui Non può chi per altrui s'offerse à morte. Così la legge nostra à noi prescrive. Poi comandò che la donzella fosse Sì ben guardata, che 'l dolore estremo A disperato fin non la traesse. In tale stato eran le cose, quando Di te mandommi à ricercar Montano. |
Tit. |
Insomma egli è pur vero: Senza odorati fiori Le rive e i poggi e senza i verdi onori Vedrai le selve à la stagion novella, Prima che senza amor vaga donzella. Ma, se quì dimoriam, come sapremo L'hora di gir al tempio? |
Mes. |
Qui meglio assai ch'altrove, Che questo à punto è 'l loco, ov'esser deve Il buon pastore in sacrificio offerto. |
Tit. |
E perche non nel Tempio |
Mes. |
Perche si dà la pena ove fù il fallo. |
Tit. |
E perche no ne l'antro, Se ne l'antro fù il fallo? |
Mes. |
Perche à scoperto ciel sacrar si deve. |
Tit. |
E onde hai tu questi misteri intesi? |
Mes. |
Dal ministro maggior, così dic'egli Da l'antico Tirenio haver inteso Che 'l fido Aminta, e l'infedel Lucrina Sacrificati fôro. Ma tempo è di partire, ecco che scende La sacra pompa al piano. Sarà forse ben fatto Che per quest'altra via Ce n'andiam noi per la tua figlia al tempio. |