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Francesco Melosio
Orione

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  • ATTO PRIMO
    • Scena settima. Venere travestita da Vecchia
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Scena settima. Venere travestita da Vecchia

 

Venere
E chi mai lo crederà?
Queste neglette spoglie,
Questo rugoso volto,
Questo canuto crine,
Ascondon la più bella Deità.
E chi mai lo crederà?
Poiché a me di veder non è permesso
Nel mio vero sembiante il dì festoso
Del Sol, ch'ho in odio tanto;
Sotto mentito aspetto,
A suo dispetto
Pur lo vedrò.
Curioso desio
De la Donna, e che non può?
Ch'oggi anch'io,
Benché Dea, errando vo?
Non fia però chi pensi
Ch'a riveder Vulcano
Qua mi conduchi il marital affetto,
Che mai più lieta sorte
Bella moglie non ha,
Ch'all'ora che da lei lungi sen va
Il suo vecchio consorte.
Ma del tempio del Sole
Si disserran le porte: oh, quante faci
Ardon a lui su l'Ara,
Quanti spiran d'intorno arabi fumi!
Giove non v'è per nulla: ah, potessi io
Tutte oscurar le glorie,
Di questo Autore degli oltraggi miei,
Come lieta il farei, ma vuo' per ora
Starmi in disparte ad osservar di qua,
E poi, basta, chi sa?




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