Scena duodecima. Aurora, e Titone
Aurora
Deh cessa omai Titone,
D'importunarmi più coi tuoi lamenti.
Nol senti tu, nol senti?
Quell'Orïon, di cui paventi ogn'ora,
Cura poco d'Apollo,
E nulla de l'Aurora.
Titone
Ben sovente la brama
Di ciò che più s'anela,
Sotto un finto disprezzo altrui si cela.
Aurora
Ah, maledetto sia
La mia sorte, il suo bello,
E la tua gelosia.
Titone
Come sdegno t'assale in un istante!
Vivo di te geloso,
Perché son troppo amante.
Aurora
Perch' à l'opre d'Amore
Non hai forze possenti,
Perché di gelo sei,
perciò, fatto geloso, ognor paventi.
Titone
E che vorresti tu?
Ch'à tuoi capricci rallentassi il freno?
Ch'io ti soffrissi in seno
A vaga gioventù?
Aurora
E che vorresti tu?
Tenermi ognor legata
Com'una schiava, e più?
Titone
Credo ch'a poco a poco,
Forza sarà ch'io stesso
Ti provveda d'amante;
Né pur sarà bastante.
Aurora
Credo ch'a poco a poco
Mi converrà starti legata al fianco;
Né basterà pur anco.
Titone
Tu del bell'Orïone
Seguiti ognor la traccia,
Per far un cervo il misero Titone;
E vuoi ch'io soffra, e taccia?
Aurora
Come vuoi tu, ch'io segua,
Chi mi disprezza e fugge?
Ei disse pur, e tu l'udisti ancora
Curo poco d'Apollo,
E nulla de l'Aurora.
|