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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO II
    • Cap. 15 Ritirandosi Alfonso dalla Diocesi di Napoli, effettua un altra fondazione ne' Pagani, e portasi colle Missioni in altri luoghi.
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Cap. 15

Ritirandosi Alfonso dalla Diocesi di Napoli, effettua un altra fondazione ne' Pagani, e portasi colle Missioni in altri luoghi.


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Benchè sperimentasse Alfonso il gran profitto, che colle sue Missioni si ricavasse nella Diocesi di Napoli, e 'l compiacimento, che tutto giorno dimostravane l'Eminentissimo Spinelli, tutta volta non ci persisteva che con somma sua pena.

Rifletteva al bisogno di tanti luoghi abbandonati in altre Diocesi, e che il bene, che da esso si faceva


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in quella di Napoli, potevasi dal Cardinale ottenere anche senza l'opera sua per mezzo di tanti altri Missionarj, laddove tanti Vescovi, perchè privi di Operarj, nol potevano conseguire in tutto, in parte. Questo riflesso affliggevalo estremamente. Pregava, e macerava se stesso avanti a Dio, per accertare qual fosse il suo divino volere.

 

Tra queste sue angustie, non voleva Alfonso disgustare il Cardinale, ma rincrescevagli compiacerlo di vantaggio. Era persona molto accetta all'Eminentissimo Spinelli, perchè uomo di merito, il Canonico D. Giacomo Fontana. Alfonso non avendo avuto lo spirito di spiegarsi col Cardinale, erasi spiegato tempo innanzi col Fontana. Posto in bilancio dal Canonico l'uno, e l'altro bisogno: ed essendosi persuaso della realtà delle cose, si compromise coadiuvarlo. Fu questo un principio di fondata speranza per Alfonso: "Scrivo ora, che Sua Eminenza non è stato parlato ancora, così scrisse al P. Sportelli; ma le cose stanno bene incamminate, perchè Fontana si è capacitato, ed ha promesso favorirmi.

 

Benchè così sperasse Alfonso per mezzo del Canonico, tuttavolta non mancò raccomandarsi a varie Anime sante, che impegnate si fossero presso Dio, per ottenerli dal Cardinale un libero ritorno nella sua diletta Casa di Ciorani. Questo istesso incaricò anche ai suoi. Sopratutto raddoppiò in se la penitenza, e vedevasi ai piedi del Crocifisso, per ottenere una tal grazia.

Vi è lettera al P. Sportelli fin da' 22. Luglio, che scrive così: "Raccomandatemi tutti a Gesù Cristo, e fatelo tutti specialmente nella Messa. Pregate che Gesù Cristo mi liberi da Napoli, se è gloria sua. Il Cardinale non è tornato ancora; ma io tengo in capo, che difficilmente ci lascerà partire: almeno come dicemmo, ne caveremo l'andare, e venire.

 

Fu malamente intesa dal Cardinale la parlata del Canonico Fontana, e la pretensione di Alfonso. Si afflisse, si perturbò, anzi si dichiarò, essendo così, voler dismettere le Missioni. Credeva, tant'era l'idea, che avevasi di Alfonso, che mancando esso, sarebbe mancato tutto.

Questa risoluzione del Cardinale amareggiò maggiormente, e pose in altra costernazione Alfonso, sì per lo bene, che si sarebbe perduto in quella Diocesi: si perchè il Cardinale sarebbe restato disgustato con se, e colla Congregazione. Ma insistendo il Fontana, che l'opera, ancorchè mancasse Alfonso, non era per soffrirne detrimento, essendoci il Sacerdote D. Matteo Testa, che colla sua abilità, e zelo, poteva supplire a tutto, e far da Capo agli altri Missionarj; tanto più, che le Missioni già eransi incamminate, e poste nel suo piede dal P. Liguori, condiscese il Cardinale, ma con patto, che ci restasse il P. Sarnelli, e non il Testa per Superiore, e Direttore degli altri.

Così si fece; e persistette il Sarnelli con soddisfazione del Cardinale fino all'anno 1748.


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In atto che Alfonso andò a licensiarsi dal Eminentissimo Spinelli, e fu a' 30 Luglio di questo medesimo anno 1742, cavalcò al solito il suo somarello, e traversando Napoli col P. Villani, andò a smontare nel cortile dell'Arcivescovado. Varie furono in questa comparsa le derisioni de' spiriti superbi, ma i buoni se ne compiacquero, e restarono edificati.

Mentre Alfonso se ne stava umile, e dimesso in un angolo dell'anticamera, aspettando sfollata l'udienza, e vi erano Cavalieri, e Canonici in quantità, uscendo il Cardinale accompagnando non so chi, in vedere Alfonso si scusa per l'imbasciata non ricevuta; e nulla badando ai tanti altri Signori, sel prende per la mano, e tutto affetto l'introduce nella propria stanza. Che vi pare, Padre D. Alfonso, li disse a prima giunta, la mia Diocesi è anche bisognosa, come tutte le altre? Entrati poi in discorso delle Missioni fatte, e da farsi, volle intendere i suoi sentimenti, ed essere illuminato dello stato della Diocesi, e di ogni altra cosa, che potevasi intraprendere in vantaggio di quei Diocesani. Si spiegò, che con somma sua pena permettevagli il ritirarsi.

Lo ringraziò Alfonso de' favori ricevuti, ed implorò il di lui Patrocinio per la sua Congregazione. Essendosi licenziato dal Cardinale, passò di nuovo nella Barra; e soddisfatto, come promesso aveva per la Novena dell'Assunta, tutto lieto fe ritorno col P. Villani nella Casa di Ciorani.

 

Non andarono a vuoto i progetti del Rettore Contaldi in Nocera, i desiderj de' Cittadini de' Pagani per avere i nostri a loro beneficio. Tutti erano in moto per questo: Preti, Religiosi, e Gentiluomini.

Monsig. de Dominicis ne sospirava i momenti; e non finiva consolarsi il zelante Prelato, vedendo il gran bene, che risultar poteva alla sua Diocesi. Assodato il tutto, venne chiamato Alfonso da' Ciorani, e vi fu sulla fine di Settembre in unione del P. Sportelli.

Donò il Contaldi molti mobili, e stabili, riserbandosi in morte altra disposizione di ducati tremila. Si spiegò di voler convivere coi nostri, e donò ancora il proprio Palazzo. Così si obbligò anche Alfonso alimentare il Contaldi, e farlo servire, come si conveniva. Il tutto si vide effettuato ai tredici di Ottobre del medesimo anno 1742, con soddisfazione di tutti i ceti.

Si fermarono in Casa del Contaldi i Padri Sportelli, Mazzini, e Giordani, destinandoci Alfonso per Rettore lo Sportelli. Tutti avrebbero voluto Alfonso di permanenza ne' Pagani; ma non potette compiacerli, e fe di nuovo ritorno nella Casa di Ciorani.

 

Disbrigato Alfonso dalla Diocesi di Napoli, ripigliò all'entrata di Novembre le sue Missioni. Sulle prime si portò nello Stato di Montuori: indi predicò la Penitenza nel Casale di S. Pietro, e nell'altro, ch'è detto Piazza di Pannola. Non potendo dar in dietro la Diocesi di Nocera, perchè troppo vedevasi obbligato con Monsig. Vescovo, passò colla Missione nel mese di Gennaro 1743 nella Terra di Corbara, e nel casale di S. Lorenzo.

In seguito fu di nuovo in Diocesi di Salerno, e fu con sommo profitto di quei Popoli, in S. Maria ad Ogliaro, e nell'altro Casale di Antessano. Monsig. de Dominicis, che ben vedeva, come Iddio benediceva le sue fatiche, non mancò premurarlo per riaverlo in Diocesi.

Verso la metà di Marzo portossi Alfonso nel Casale di San Michele, luogo popolato di circa tremila Anime, e consolò ancora, con una messe troppo abbondante, il Casale di Fioccano, e l'altro de' Pareti. Nel cader di Aprile ritornò di nuovo in Diocesi di Salerno. Fu colla Missione nel Casale di Spiano, ed in varj altri luoghi di quella vastissima Archidiocesi.

 

Gran frutto fece Alfonso per le Anime in queste Missioni, e grandi furono i meriti che acquistò per se medesimo.

Avendo fatta la missione in una di quelle tante popolazioni, ed a stento avendo abitato in un Convento de' Regolari, così obbligati da Monsignor Arcivescovo, se di mala voglia fu ricevuto, inumanamente fu licenziato. Appena terminata la missione, ancorchè aggravato da febbre, il Superiore fe sentirli di presto sloggiare; come di fatti, colla febbre addosso; senza punto lagnarsi, ne partì.

Essendosi portato dopo questa missione, anche per ispecial commessa di Mons. Arciv. a S. Tecla, Casale di Montecorvino, ebbe ivi, ancorchè convalescente, un altro complimento. In sentire il Parroco, che egli era per arrivare, essendosi fatto avanti, tutto fuoco, qui non ci è luogo, li disse: Ve l'ho mandato dicendo, e con questo lo caricò di termini non dovuti. Alfonso ad una tale accoglienza non si fa ragione per l'avviso non ricevuto, si umilia, e cerca raddolcire il Parroco: ma tutto fu inutile. Non potendo soffrire tale e tanta sgarbatezza un Notaro, si offerse, e condusselo in Casa sua. Si fece la missione, e riuscì con gran frutto.

Non altrimenti, così permettendo Iddio, fu onorato in Conca. Essendovisi portato, premuto da Monsig. Arciv. di Amalfi, il Parroco, che non voleva la missione, bruscamente lo ricevette, e con maggiore sgarbo li negò qualunque ricetto. Alfonso non si scompose, ma con tutta pace risolvette ricettarsi in un cantone della Chiesa.

Vedendolo così malmenato un gentiluomo, sgrida, e si risente col Parroco, e diedeli luogo in casa sua. La missione riuscì fervorosissima: vi furono molte conversioni, restituzioni di somme eccedenti, e famiglie rappacificate. Tutto il popolo nel partire si vide al lido del mare, e piangendo gridava: Padre già ci lasci; si ritirarono dal lido, se non quando lo perdettero totalmente di veduta.

Mentre Alfonso a dispetto del Mondo crocifiggeva se stesso ne' Ciorani, ed operava tanto per Gesù Cristo, e per le Anime, il mondo non lasciava mezzo per guadagnarlo.
Rincrescendo a D. Giuseppe suo Padre


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vederlo in mezzo a' Pretazzoli, e marcire tra' Contadini, e tra' Proquoi, non avendo avuto l'intento di vederlo decorato da secolare nel Senato di Napoli, cercava vederlo vantaggiato in quello della Chiesa colle cariche Ecclesiastiche. Non poteva mancare ad Alfonso una Chiesa delle più cospicue nel Regno, sì per la nobiltà de' Natali, che per gli suoi talenti, e maggiormente per l'opinione di uomo zelante e tutto di Dio, che presso tutti godeva. Varj erano i maneggi che suo Padre faceva, e tenevalo anche ricordato colle sue lettere.

Non gradiva questo fiotto Alfonso. Tra l'altro così si spiega in una sua de' 5 Agosto.
"Per lo Vescovado, Gnore mio, a non me lo nominate più, se non volete darmi grave disgusto, mentre ancorchè riuscisse, io son pronto rinunciare anche l'Arcivescovado di Napoli, per attendere a questa grand'opera, alla quale mi ha chiamato Gesù Cristo. Se io la lasciassi, io mi stimerei quasi per dannato, perchè lascierei la chiamata, che Iddio mi ha fatto conoscere con tanta evidenza. Onde vi prego non parlarne più con me, con altri: tanto più che nel nostro Istituto abbiamo per Regola doversi rinunciare i Vescovadi, e tutte le Dignità. Io non lascio raccomandarvi a Gesù Cristo; e voi beneditemi sempre, acciocchè io sia fedele a quel Dio, a cui devo tutto. Resto con baciarvi i piedi umilmente, e cercandovi la Santa Benedizione".

D. Giuseppe, non v'ha dubbio, troppo vedevasi impegnato per veder in questo mondo vantaggiato il figlio, ma non tanto, quanto era sollecito Alfonso per veder suo Padre vantaggiato in Cielo.

Spesso spesso, come aveva l'occasione di scriverli, non mancava ricordarli il gran negozio della propria Anima. Una volta tra le altre così li scrisse:
"Vi prego Gnore mio a stare un poco più unito con Dio, confessarvi più spesso, e tenere i conti apparecchiati, perchè quando viene Gesù Cristo, allora non è tempo di rimediare. Pensate, che già siete avanzato di età: Chi sa fra quanto tempo, non vi trovarete più su questo Mondo; ed è certo, che questo ha da essere, o volete o no. Io ogni mattina vi raccomando alla Messa, e temo molto molto della vostra salute eterna: spero a Maria Vergine, che vi abbia da aiutare; ma Maria Vergine senza Voi non potrà far niente, e vi bacio i piedi".

Manca la data. Calca la penna Alfonso, perchè troppo ne viveva interessato.

Sino a questo tempo ebbe Alfonso, come dissi, per sua guida nelle cose dell'Anima, ed anche per gl'incidenti della Congregazione, Monsignor Falcoia Vescovo di Castellammare.

Essendo questo passato a miglior vita a 20 Aprile 1743 elesse suo Direttore, e colla stessa legge di soggettarsi


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sub gravi il nostro Padre D. Paolo Cafaro uomo Santissimo, e troppo esperto nella guida delle Anime.

Fu sensibile a tutti, e molto più ad Alfonso la morte di questo S. Prelato. Amava Monsignor Falcoia l'Opera di Alfonso, come opera sua, e non mancava coadiuvarlo in tutto quello che poteva. Vedendosi assistito dallo Sportelli, anche suo figlio in Gesù Cristo, e da altri de' nostri, tutto si consolava. In quelli estremi, rivolto a Monsignor Anastasio, Arcivescovo di Sorrento, protestando, e richiamando in se tutto lo spirito, Monsignore, li disse additando lo Sportelli, quest' è Opera di Dio (intendendo la Congregazione), Dio la benedirà, e si propagherà come gramigna.

Monsignor Milante, suo successore fa in ristretto un compendio della di lui vita. Avendo questi formato nella Cattedrale un sepolcro comune a tutti i Vescovi, e trasportandosi a capo di anni in questo sepolcro anche le ossa del Falcoja, il Sacerdote D. Giuseppe Cerchia ne prese tre della mano, ma aride, e sciolte; ed avendole date avvolte in una carta alla serva di un Conservatorio, che egli il Falcoja eretto aveva, questa per istrada sentendosi riscaldata la mano, guarda, e vede tutta la carta insuppata di vivo sangue.

Questo solo basta, se altro manca, per autenticare la santità di Monsignor Falcoja.

Posizione Originale Nota - Libro II, Cap. XV, pag. 140

 




a Gnore mio è espressione napoletana: vale a dire: Signor Padre.






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