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Cap.16
Compiacimento del Re Carlo per la nouva Casa ne'
Pagani: Applauso, e liberalità del Popolo gettandosi le fondamenta, ed opere
Apostoliche di Alfonso, e de' suoi.
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Troppo prospere
camminavano le cose in Nocera. Avendo Monsignor de Dominicis fatto presente al
Re Carlo il bisogno della propria Diocesi, e 'l gran bene, che Alfonso fatto ci
aveva colle sante Missioni, col dippiù, che da questa Fondazione era per
risultarne a beneficio de' Popoli, non solo non fu alieno, che anzi si compiacque
il pio Monarca, e permise a' 23 di Marzo 1743 che da Alfonso, e da' suoi si
avesse Casa, e Chiesa in Nocera.
Fu di tale
compiacimento questa richiesta al Religiosissimo Principe, che, rescrivendo a
Monsig. Vescovo il Marchese Brancone Secretario di Stato, così si spiega:
"Stia con questa intelligenza VS. Illustrissima, essere di molto
gradimento a S. M., un'Opera così lodevole, santa, e pia, com'è l'acquistar a
Dio delle Anime abbandonate. Nell'istesso giorno dispacciò ancora il Re al
Governatore di Nocera di voler favorire i Missionarj, e prestar loro ogni sua
assistenza in beneficio di quest'opera.
Non fu minore il
compiacimento, che ne provò esso Monsig. de Dominicis. Questi dando relazione
nel primo di Marzo 1743 alla - 142 -
Sacra Congregazione de' Vescovi, e Regolari, dello Stato della sua Diocesi;
così si spiega: "Per quanto importa la disciplina del Clero, e del Popolo,
mi è riuscito introdurre, con mia infinita consolazione, altri nuovi Operari
nella Vigna del Signore, mentre in atto sta fondandosi una Congregazione di
Preti Regolari dell'Ordine del SS. Salvadore, che con tanto zelo invigilano
alle istruzioni, che cotidianamente danno nella loro, e nell' altrui Chiese,
tanto per gli Provetti, quanto per gli Figliuoli.
Di fatti con somma soddisfazione de' Cittadini, e sua, a' cinque Luglio del
medesimo anno 1743 diede fuori la Bolla, con cui ammetteva in Diocesi Alfonso,
il P. Sportelli, e gli altri Compagni.
Non avendo i Nostri nè
Casa, nè Chiesa ne' Pagani, Monsig. Vescovo accordò ad Alfonso per disimpegno
del proprio Ministero, e de' suoi una Chiesa beneficiata dedicata a S.
Domenico, attenente al medesimo Contaldi, ed in vicinanza del sito, ove
stabilir si doveva la nuova Casa. Quivi, oltre il Popolo de' Pagani, vi
concorrevano giornalmente in folla quei di S. Egidio, di Corbara, della Terra
di Angri, e quei de' Casali di S. Lorenzo, e S. Marzano.
Si operava dalla mattina in punto di giorno, e si tirava da i Padri fin dopo
mezzodì. Ma perchè il bene, che si operava, si diffondeva da per tutto, così
comune era l'applauso, e la venerazione verso Alfonso, ed i suoi Missionarj.
Determinato il sito
della Casa, si diede di piglio alla fabbrica Monsig. Ferri, in quel tempo
Vicario Generale in Nocera, si portò a 22 Luglio per benedirvi la prima pietra.
Questa fu una funzione solenne ne' Pagani. La maggior parte de' Canonici della
Cattedrale volle esserci presente: ci furono i quattro Parrochi della Rettorìa
della medesima Parrocchia de' Pagani, ed anche quei de' vicini Casali, ed oltre
un immenso Popolo, che vi concorse da ogni luogo, vi furono ancora Gentiluomini
in quantità, e Preti, ed anche Regolari, così della Città, che della Diocesi.
I ringraziamenti a Dio, e mille anni di
vita al Rettore Contaldi assordivano il Cielo, nè vi fu Casa ne' Pagani, dove
in quel giorno non vi fosse allegria per vedersi ivi situati i Missionarj.
Incamminata la
fabbrica, si vide un miracolo di materiale. Oltre un sacro furore nel Popolo a
chi più poteva segnalarsi, ed uomini, e donne nel trasporto d'ogni bisognevole,
le Gentildonne anch'esse così de' Pagani, che di Corbara, e di S. Egidio, unite
col Popolo, vedevansi prima di giorno al trasporto delle pietre, e far capo a
quelle D. Antonia Contaldi sorella del medesimo Rettore. I Gentiluomini, con
ammirazione comune, non avevano ribrezzo far da manuali, e coadiuvare la
maestranza in ogni occorrente.
Tutto era pietà e
divozione. Le limosine erano pingui, e continue: chi somministrava danaro, e
chi prestava i materiali: le donne, e specialmente le Matrone, si vedevano - 143 -
esibire anche anella, ed
orecchini, ed altri pezzi d'oro, e d'argento. Similmente le sette Università,
essendosi unite a' 23 Settembre in pubblico parlamento, e conoscendone il
comune vantaggio, somministrarono ducati 100 in sussidio dell'Opera.
Monsig. Vescovo, avendo
sperimentato lo zelo de' Nostri, volle, che uno de' Padri diretto avesse nello
spirito il suo Seminario, e ne' giorni stabiliti, dovevansi i Giovanetti
istruire nel buon costume, ed ascoltarne le confessioni. La Congregazione detta
del Rosario, che nel Duomo vien composta da' Gentiluomini, anche elesse un
Padre per regolare le coscienze, e sermocinare a' fratelli in ogni Domenica.
Tutto era acclamazione per gli Missionarj, e facevasi a gara dalle Parrocchie a
chi prima poteva avere uno de' Nostri per qualche triduo di prediche, o nelle
solennità qualche sermone in onore del Santo tutelare.
Effettuata la
fondazione in questa Diocesi di Nocera, fu tale l'applauso de' Popoli, che non
ebbe tempo Alfonso a poter respirare.
La Terra di Angri,
Terra popolata di cinque in seimil' Anime, in sentire il gran bene, che fatto
aveva in tanti altri luoghi, anche s'invogliò per la santa Missione. Vi fu
Alfonso nel Novembre di quest'anno: fu ricevuto come un Apostolo, anzi felice
si riputava chi poteva aver cosa di suo uso.
Vi fu un fatto, che non
merita trasandarsi. Abitava Alfonso in casa di D. Lorenzo Rossi. Avendo D.
Teresa, di lui figlia, strappato dal fratello Laico un paio di sottocalze di
Alfonso, intinte di sangue, le conservava con somma divozione. Essendo stata
gridata da un Religioso, come cosa non buona, essendo Alfonso peranche viatore,
le diede in limosina ad un poveretto idropico da molto tempo, e tutto gonfio
nelle gambe. Non passò qualche giorno, che di nuovo sel vide in Casa
ristabilito e senza travaglio. Ammirando D. Teresa l'istantanea guarigione,
quegli tutto lieto le disse: da che mi daste queste calze, mi si sgonfiarono le
gambe, e mi vidi sano. Vale a dire, che anche l'ombra di Alfonso era benefica,
e salutare.
Sorprendente fu il
frutto, che vi fece Alfonso in questa Terra. Vi erano da centoventotto cattive
pratiche, e tutte si videro tolte, e darsi uomini, e donne ad un vivere tutto
esemplare. Trecento, e più Giovanette voltando le spalle al Mondo, consacrarono
a Gesù Cristo la loro verginità; nè vi fu una, che tralignato avesse dal suo
proponimento.
In questa Missione il
Sacerdote D. Lorenzo di Antonio, che viveva una vita libertina, dando Alfonso
gli Esercizj al Clero, si diede alla sua seguela, e morì poi in Congregazione
penitente, zelantissimo operario, e tutto di Dio. Anche in questo tempo il
Giovanetto D. Pasquale Adinolfi risolvette ritirarsi tra Noi, e lasciar Casa, e
Parenti. Introdusse in Chiesa la meditazione in comune la mattina, e la sera,
come tuttavia si pratica, la visita a Gesù Sacramentato, e - 144 -
promosse in tutt'i ceti la frequenza de' Sacramenti,
e la divozione a Maria Santissima.
Non ancora aveva
Alfonso operato veruna cosa in Nocera, o sia nel corpo della Città. Subito che
s'intesero i prodigi di conversione, che tutto giorno operava nella Terra di
Angri, non mancarono farli premura quei Gentiluomini, per averlo nella
Parrocchia di S. Matteo.
Fu molto laboriosa per
Alfonso questa Missione. Forma la Parrocchia da seimil' Anime, e concorrendovi
i vicini Casali, arrivavano a nove in diecimila. Abusi, e disordini non erano
per mancare. Molte inimicizie, e troppo antiche, si videro riconciliate: gran
numero di Persone restituirono l'indebitamente ritenuto: tanti Giovanetti da
gran tempo ligati con parola di Matrimonio, che con iscandalo frequentavano le
figliuole, si videro sposati, e posti in grazia: altri, che vivevano da anni,
ed anni pubblici impenitenti, si videro rimessi, e convertiti.
In questa Missione lasciò il Mondo, e ritirossi
tra di noi, mosso più dall'esempio di Alfonso, che dalle prediche, il
Primicerio della Cattedrale, e Gentiluomo di Nocera, D. Giacomo Andrea Nola.
Similmente il giovanetto D. Francesco Sanseverino, che, passato a capo di anni
tra' Pii di Casa Nola, ed il Chierico D. Nicola Moscarelli, morto in
Congregazione carico di meriti, e di virtù.
Volendo Alfonso
invogliare il Popolo alla divozione
verso Maria Santissima, e non essendoci nella Parrocchia una statua sotto il
titolo de' Dolori, animò tutti a farla. Si videro specialmente le donne portare
in Chiesa il migliore, che si aveva, anche in oro, ed argento. Furono tante le
oblazioni, che Alfonso, oltre la Statua, impiegò il danaro in altre opere pie
in beneficio de' poveri.
Siccome era egli tutto
zelo per Maria Santissima, così la Vergine riserbava per Alfonso certi colpi di
particolar conversione.
La sera antecedente al
suo arrivo un disgraziato Giovane, erasi indotto in quella notte ad offendere
Iddio. Mentre portavasi a far del male, avendo ribrezzo peccare coll' abitino
indosso, va per lasciarlo in un forame di fabbrica. Sentendosi sul punto
attirato il braccio, spaventato si diede in dietro. Volendo la Vergine
compensargli quell'ideale ossequio dimostrato pel suo abitino, la notte,
comparendogli in sogno, miserabile, li
disse, hai rispetto pel mio abitino, e
non hai orrore offendere il Figlio mio? Dimani, che viene colla Missione il
Padre D. Alfonso va da lui, confessati, e muta vita. Non ancora il Giovane
aveva inteso nominare Alfonso, nè sapeva cosa della Missione.
La mattina essendo
andato da un dilettante di Lotto, per farsi interpretare il sonno, ed averne i
numeri, quegli, troncandogli la parola, li disse: sapete, che oggi viene il P. D. Alfonso colla Missione. In sentir
Alfonso e Missione, restò sorpreso il Giovane, non pensa più a' numeri, ma pensa - 145 -
a' casi suoi. Arrivato Alfonso fu subito a ritrovarlo, narrandogli
l'accaduto. Alfonso piangendo li disse: Dunque
Mamma a me ti ha mandato? l'intese, lo ridusse a Dio; e fu tale il
ravvedimento, che ancor vive da perfetto Cristiano. Fu sì grande il frutto di
questa Missione, che ancor se ne raccontano delle meraviglie.
Sin da che Alfonso operava nei Casali di Napoli col
Padre Sarnelli, lo zelo di Dio, che non è mai sazio, progettò loro un'altra
opera, quanto scabrosa, altrettanto vantaggiosa per Dio, e per lo Stato.
Vedendosi il grande scandolo, che dalle donne prostitute ne soffrivano in
Napoli le buone, abitando con quelle alla rinfusa, entrarono nell'impegno (chi
il crederebbe!) di voler espugnare la Città da tal peste di gente, e situarla
fuori di Napoli.
Esultò l'Eminentissimo Spinelli in sentirne il progetto. Ardua non però
sembrava l'impresa. Benedisse Iddio le comuni intenzioni, concorrendoci
l'Augusto Re Carlo, ed Alfonso non potendo di persona coadiuvare il Sarnelli,
avendo a cuore l'opera de' villaggi, assistevalo con lettere, ed imploravane la
protezione de i Soggetti li più rispettabili. Impegnò anche suo Padre, perchè
molto prevaleva presso il Ministero: "Gnore mio caro, così a 16 Luglio, vi
raccomando l'affare di D. Gennaro Sarnelli circa la separazione delle
meretrici: la cosa veramente è di gran gloria di Dio". Ed in un altra de'
5 Agosto. "Sento quanto avete fatto per l'affare di Sarnelli: prego
cooperarvi quanto potete per la gloria di Gesù Cristo". Di fatti
accantonata si vide quella peste di gente nel Borgo detto Sant'Antuono.
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