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Cap.23
Vien delegato Alfonso dall'Eminentissimo Spinelli a
predicare la Penitenza in varj luoghi della Puglia.
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Stando Alfonso nella
Casa d'Iliceto, ebbe altro stimolo a potersi diffondere in beneficio delle
Anime.
Benedetto XIV Papa
d'immortal memoria conoscendo il gran bene, che risulta dalle Sante Missioni,
volendo promuovere in questo Regno il buon costume, e la frequenza - 171 -
de' Sacramenti, delegato
aveva per quest'Opera, fin dagli otto di Settembre di quest'anno medesimo, con
piena facoltà di poter destinare i Missionarj nelle rispettive Diocesi,
l'Eminentissimo Spinelli Arcivescovo di Napoli.
Molti Vescovi, e fra gli altri quelli di Trevico, Troja, Bovino, e Capaccio,
così anche l'Arciprete nullius di
Citignola D. Michele Durante, fatti partecipi di quanto si era ordinato dal
Santo Padre, insistettero presso l'Eminentissimo Spinelli per avere Alfonso
nelle loro Diocesi. Se ne compiacque il zelante Cardinale: ben sapendo quale e
quanto bene promosso si era dal medesimo nella sua Archidiocesi.
Sbrigate le facende
della vendemia, avendo avuto Alfonso da Sua Eminenza il Cardinal Spinelli le
necessarie facoltà, colle particolari grazie dispensate dal Santo Padre,
preferì a tutti la Diocesi di Bovino, perchè ne stava in possesso, ed in
secondo luogo quella di Troja, e perchè vicina, e perchè molto bisognosa di
spirituale sollievo.
Per prima aprì la Missione
nella Terra di Montaguto, e poi in quella di Panni, non indifferente
popolazione del Duca di Bovino. Benedisse Iddio le sue fatiche. In tutti e due
i luoghi si vide riforma nel costume: pose la meditazione in Chiesa di mattina,
e la Visita di sera a Gesù Sacramentato. Animò i fedeli alla frequente
comunione, ed invogliolli ad una maggior divozione verso Maria Santissima.
Colpi di conversione vi furono non meno nel Popolo, che nel Clero, e tanti
Sacerdoti, animati dal suo zelo, e dal suo esempio, si diedero a faticare in
beneficio delle Anime.
Con buon numero di
compagni passò Alfonso nella Città di Foggia a' dodici di Decembre 1745. Questa
Città, considerandosi come Capitale della Puglia, ricca di varj capi di
commercio, e centro del Tavoliere Reale, è popolatissima più di forestieri, che
di Cittadini. Subito che Alfonso vi giunse, Foggia si può dire, che fu presa
per assalto.
Volendo soddisfare
l'immenso popolo, che l'abitava, e non era da meno in quel tempo di trenta e
più migliaia, aprì quattro Missioni in quattro delle principali Chiese.
Similmente non vi fu ceto, che non si vide attaccato. Si diedero i Santi
Esercizj al Clero Secolare, e Regolare, al Ministero, unito cogli Avvocati, e
Gentiluomini: agli Artieri anche a parte; ed a tutt'i cinque Monasteri, cioè ai
due di clausura, alle Pentite, alle Orfane, ed al nuovo, ma popolato, e
fervoroso Conservatorio del Salvatore. Anche le carceri, sentina de' viziosi,
non furono attrassate coi tanti Esercizj. In una parola il peccato fu sorpreso
ne' suoi forti, nè per esso vi fu quartiere. Un Giovane dissoluto, ma poi
pentito, confessò con suo rossore, che avendo girato una notte tutta Foggia,
non vi fu donna infame, che in casa l'avesse introdotto, anche quell'istessa,
con cui prima avevaci del commercio.
Proseguendosi le
predice, nove meretrici detestarono pubblicamente - 172 -
in faccia al popolo il proprio peccato, e quello,
ch'è più, tutte nove furono costanti nel bene. Una delle tante, che faceva la maggior
rovina delle Anime, essendo morta repentinamente, senza che accostata fosse
alla Chiesa, e senza aver dato luogo alla Grazia, Alfonso, come pubblica
impenitente, con orrore di tutti, se buttare il cadavere in un fosso dietro al
giardino de' Minori Osservanti.
Non mancò in questo
tempo a terrore de' Peccatori un altro tratto della Divina Giustizia. Girando
un Padre per le piazze, per raccorre della gente alla Chiesa, passando per una
bettola da vino, invitò alla Missione quella gentaglia, che ivi stava
scialacquando. Uno di quei sciagurati, non solo non si mosse all'invito, ma
alzando un bocale di vino, che aveva alla mano: Padre, disse, vuoi vedere
qual' è la mia Missione? così dicendo alza il bocale per bere, ma non
ancora avevalo alle labra, che cadde morto con ispavento degli astanti. Predicò
più in Foggia questo disgraziato morto, e disteso a terra, che non predicò
Alfonso vivente, e sulla Cattedra.
Vi è cosa, che
maggiormente autenticò in Foggia l'alta idea, che si aveva della santità di
Alfonso. Predicava egli colla Sacra Icona di Maria Santissima, detta de' sette
veli, esposta a vista dal popolo sopra l'Altare Maggiore.
Una sera diffondendosi
più da Angelo, che da uomo, in magnificare le glorie della Divina Madre, quando
fu alla mozione degli affetti, manifestandosi al popolo la Vergine, si vide da
tutti un raggio di fuoco permanente, che uscendo dal volto di Maria Santissima,
attraversando la Chiesa, andava a ferire Alfonso nel volto, ed egli nel tempo
istesso, come uscito di se, elevato da tre palmi sulla cattedra. Tutto il
popolo, a tale spettacolo, diede in un grido di gioia, e tale, che s'intese il
fragore, come di un tumulto, anche in distanza. Le Monache dell'Annunciata, non
sapendo cosa fosse, sbigottite accorsero alle gelosie, e molta gente di
lontano, anche corse in fretta alla Chiesa.
Il favore fu patente a
quattromila, e più Anime; e col popolo, Preti, e Gentiluomini, abbiamo contesti
il nostro Padre D. Francesco Garzilli, allora Canonico in Foggia, ed il P. D.
Domenico Corsano Sacerdote Secolare, che col
Clero assistevano in Chiesa.
Troppo ricca di
manipoli fu per Alfonso questa Missione, nè durò meno di quaranta giorni. Se
tutti i ceti furono attaccati, tutti profittarono delle sue fatiche. Varj
contratti furono o soppressi, o moderati: non furono poche le restituzioni,
anche di somme non indifferenti: tanti odi e rancori, che agitavano le
famiglie, si videro tolti: migliaia di Anime, avendo fatto divorzio col
peccato, di cuore si diedero a Dio; e tante altre da buone, che erano, s'invogliarono
di vivere da perfetti Cristiani. Stabilì di sera, come tuttavia si seguita, in
tutte le parrocchie la visita a Gesù Sacramentato, promosse con particolar - 173 -
tenerezza la divozione
verso Maria Santissima, ed invogliò tutti alla frequenza de' Sacramenti.
Avendo dati li santi
Esercizj alle Caustrali, non fu poco il profitto, che anche queste ne
ritrassero. Tante e tante si strinsero maggiormente coll'osservanza regolare,
ed all'adempimento de' proprj doveri; ed altre si diedero ad una vita più
santa, e più perfetta. L'Orazione, e le frequenti Comunioni, e le spesse Visite
a Gesù Sacramentato, presero piede in tutti cinque monisteri.
Nell'uno, e nell'altro
monistero delle donne nobili Francescane tolse il canto figurato in Chiesa; ed
il Mastro di canto alle grate: cosa non decente nelle Chiese, e ne' monasteri
delle sacre Vergini. Altro dissordine rilevò di non minor imbarazzo.
La Sacristia in tutti e due i Monasteri andava a conto delle particolari
Religiose. Questo peso, anche anni prima di esser addossato, metteva quelle in
agitazione, e teneva in angustia le di loro case. Alfonso conoscendo, e
facendone ponderare i tristi effetti, sistemò, che tutto andar dovesse a conto
del monistero. Uno di questi, che assecondò le sue idee, rattrovasi contento:
l'altro che fu restìo, ne piange le conseguenze. Altre riforme ci furono, che
da me si tralasciono.
Le operazioni della
Grazia, anche furono sorprendenti nel Clero Secolare, e Regolare. Tanti e
Preti, e Religiosi, che per l'innanzi vivevano dissipati, addivennero Anime di
orazione: molti tra gli altri si diedero ad operare: qualche scandalo fu tolto
con edificazione del pubblico; e si videro banditi tra questi anche certi
divertimenti, ancorchè onesti.
In questa Missione D.
Francesco Garzilli, uomo facoltoso in casa sua, e persona dominante in quel
Capitolo, tocco da Dio, lasciò Casa e Parenti, e volle seguitar Alfonso nella
povertà, e nel disprezzo di se medesimo: così il Sacerdote D. Domenico Corsano
Gentiluomo della Città di Corato, ma coi suoi commorante in Foggia, anche voltò
le spalle ai parenti, e ritirossi a vivere in Congregazione.
Siccome questa Città è
ricca per sestessa, piena di mercanti, e popolata da gente di traffico, così
non è scarsa, ma abbondante di limosina.
Il credito non però in
cui era Alfonso, maggiormente facevalo padrone della borza altrui. Grosse somme
si riscossero, e troppo segnalate furono le opere di Carità. Tante Figlie, che
per la miseria potevano pericolare, furono soccorse: altre poste in sicuro a
spese altrui tra le sue Orfane. Le nuove Pentite, girandosi per la piazza,
furono provvedute di tutto il bisognevole: le antiche sovvenute nelle loro
necessità. Molte famiglie povere, ma vereconde, si videro sollevate. La Carità
cristiana, a dispetto dell'Inferno, trionfò da per tutto, e tolte si videro in
Città tante sorgenti di peccato.
Sodisfatta Foggia,
Alfonso a' sei di Gennaro passò in Troja, destinando altri de' suoi per le due
Terre di Biccari, ed Orsana.
In Troja, mentre - 174 -
era per salire sulla
cattedra per dar dipiglio alla predica, ricevette la notizia di esser morto suo
Padre. Avendolo brevemente raccomandato a Dio, pregò il popolo di raccomandarlo
anch'esso a Gesù Cristo, ed a Maria Santissima: così impose ai nostri, e
celebrar fece da' medesimi molte messe in suffragio di quell'Anima.
Erane stato prevenuto Alfonso della grave infermità che soffriva, ma
ritrovandosi impiegato per Dio e per le Anime, fece a Dio un'olocausto della
carne e del sangue, e tirò avanti la Missione. Morì D. Giuseppe Liguori carico di anni, e di meriti. Regolato dal
Figlio visse una vita santa, ed oggi è anche in benedizione la sua memoria.
Avendo Alfonso
terminata la Missione in Troja, con non poco profitto di quel pubblico, che
nella persona sua riconosceva quella di Monsig. Cavaliere suo zio, ritornando
in dietro in Diocesi di Bovino, passò a predicare la Penitenza nella terra di
Santagata; e tra questo tempo desitnò altri de' suoi in Cirignola, sollecitato
da quei Signori, e da quel degnissimo Arciprete. Confessano i Santagatesi, che
non erasi veduto da tempo e tempo Missione simile in quella Terra. Furono
portentose le conversioni, perchè portentosa era la vita di Alfonso. Anche
aggravato dalla febbre, non desisteva dal predicare. Al vedersi in pulpito, era
cominciata la mozione, e vedevasi il popolo prima commosso, che illuminato.
Non era ancora
terminata la Missione in Santagata, che Alfonso fu voluto in Iliceto dal
Cononico Casati, che si vedeva in fine della vita. Non reggendosi a cavallo,
perchè travagliato dalla febbre, e non essendoci altro comodo, fu portato in
una sedia di casa. A due di Febbraio fu Alfonso in Iliceto, e la mattina de'
tre il buon Canonico spirò fra le sue braccia. In questa ultima volontà
dichiarò totalmente erede di tutte le sue sostanze Maria Santissima della
Consolazione, e volle in grazia esser seppellito nella nostra Chiesa ai piedi
della Vergine.
Grato Alfonso ad un
tanto benefattore, non badò ad interesse. Volle che celebrata si fosse la pompa
funebre, non meno con pietà, che con isplendidezza. Solennizzate per prima
l'esequie nella Collegiata, si trasferì processionalmente il cadavere nella
nostra Chiesa, precedendovi tutte le Confraternite, i Padri Osservanti, ed il
Capitolo in abito corale. Da settecento e più del popolo lo susseguiva
deplorando ognuno la perdita di un sì insigne ecclesiastico. Si dispensarono ai
poveri da cento e più ducati, si replicarono l'esequie, e si consumarono in
tutta la pompa circa cento libre di cera.
Vedesi a perpetua memoria nella nostra Chiesa il suo
sepolcro, con iscrizione,
che rammenta ai nostri la beneficenza di
un tanto benefattore.
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