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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO II
    • Cap.26 Prime opere, che Alfonso diede alle stampe stando in Iliceto: contradizione sofferta, e somma moderazione.
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Cap.26

Prime opere, che Alfonso diede alle stampe stando in Iliceto: contradizione sofferta, e somma moderazione.


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Abbiamo in Iliceto i primi parti del talento di Alfonso, non impiegato a benefizio di una qualche Città, o Diocesi, ma a vantaggio universale di Regni, e Provincie. Troppo ardente era il suo zelo, e ristretto non vedevasi in picciole circonferenze.
La calamita, che anche da secolare, attiravali il cuore, era Gesù nel Sacramento. Considerandolo abbandonato, e derelitto nelle Chiese, e volendolo vedere ossequiato, pensò restringere gli affetti dal proprio cuore in tanti atti dipartiti per tutt'i giorni del mese; così ancora, avendo della tenerezza per Maria SS., distese altri atti di ossequio per onorarla, volendo con questo invogliare i fedeli ad amarli, ed esserne divoti.

 

Questo librettino, che intitolò: Visita al Sacramento, ed a Maria SS., incontrò subito da per tutto il compiacimento delle Anime divote, affezionò i popoli a visitare Gesù Sacramentato, e Maria SS., e rara era quella persona, come lo è di presente, che presso di se non l'avesse. Oltre del Regno, se ne vide piena l'Italia, e vivendo Alfonso, solo tra Napoli, e Venezia, si contavano da venti, e più edizioni. Passò ancora tradotto in varie lingue di da' Monti, e nel 1777 fu rimesso ad Alfonso tradotto in francese sulla decimaquinta edizione italiana.

 

In seguito diede fuori un'altra operetta. Come intenerivali il cuore Gesù abbandonato nel Sacramento, così distruggevalo in lagrime Gesù sacrificato sopra una Croce: Non ha cuore, soleva dire, o non ha fede, chi non si compunge a vista del Crocifisso. Restrinse tutta la Passione di Gesù Cristo in un altro opuscolo, che intitolò: Riflessioni ed Affetti sulla Passione di Gesù Cristo, ch'ei ricavò da'  Padri e molto più dal sacro Testo, e l'unì, per commodo di tutti, al libretto della Visita. Mette in tale aspetto, e così viva la Passione del Salvatore, che forma la tenerezza anche de' cuori più duri, tanto sono teneri gli affetti, e così dolci l'espressioni

 

Sin da che abbracciato aveva lo stato ecclesiastico, volle il Canonico D. Matteo Gizzio suo zio, che preso si avesse per Avvocata la Madre S. Teresa.

Si affezzionò Alfonso alla Santa, maggiormente che ne' suoi spirituali bisogni sperimentato ne aveva il patrocinio. Volendo esserle grato, si diede ad imitarla nelle virtù, specialmente nell'arduo voto di non far cosa, che per Dio, ed a sua maggior gloria. Impegnato, che si ossequiasse, e s'imitasse dagli altri, epilogò in tante meditazioni i pregi più rari della Santa, proponendoli alle Anime divote,


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come per apparecchio alla sua festa.

Questa operetta, o sia Novena in onore di S. Teresa non solo fu applaudita da tutti, ma meritossi gli speciali ringraziamenti da' PP. Teresiani. Avendo conosciuto il gran male, che dalle laide canzoni risultava a' giovanetti, e zitelle, ed il gran bene, che operavano le sue, poste nella bocca di questi, volendo spargerle da per tutto, raccolte in un volume le diede alle stampe.

Chi legge non può non ammirare la grazia dello Spirito Santo, che in quelle vi riluce, ed il suo gran talento. In tutte, benchè popolari, ci si trova diletto, e compiacimento; ma in talune alza Alfonso il volo sopra se stesso, e fa conoscere l'arte, che possedeva, e lo Spirito Divino che inebriavalo.

Tale è quella sulle parole di S. Bernardo: Servus timet; l'altra che incomincia: Selva romita, e oscura, che compose in questa Casa; e i dialoghi sulla Cantica; ma in quella: Dove mi ritrovo, individua a maraviglia se stesso, e gli affetti di un'Anima ebra di amor Divino.

In tutte vi racchiude il più bello della mistica Teologia; e queste ed altre gareggiano tutte con quelle altrettanto divine del Beato Giovanni della Croce.

 

Girando le Provincie deplorò Alfonso l'indolenza di tanti Vescovi, che godendo de' beni delle Chiese, non facevansi carichi de' proprj doveri. Volendo giovare, e risvegliare in tutti lo zelo del proprio carattere, restrinse in un libriccino le precise loro obbligazioni.

Quest'operetta quanto è picciola di mole, altretanto è gravida di sensi. Avendola inviata a tutt'i vescovi Italiani, ne riscosse da tutti i più vivi ringraziamenti, e coi ringraziamenti taluni ci unirono ancora le proprie giustificazioni. Tra gli altri così si spiega Monsignor Salerno Vescovo di Molfetta.

Leggo con mia somma edificazione le Riflessioni sopra il buon governo del Vescovo, ristrette da V. P. con tanto zelo, prudenza, e dottrina nel suo libretto. In esso ben si dimostra la gran carità di V. P. verso di me, e di tutti i Vescovi. Ma questa di lei singolar bontà anderà sempre congionta con un suo benigno compatimento; poichè coll'esperienza, che ha in venti anni di Missioni, non meno de' Vescovi, che de' popoli, rifletterà senza dubbio, che quanto è facile la teorica, altrettanto è ardua la pratica, attese le maggiori difficoltà, che s'incontrano, massime in questi tempi calamitosi.

 

In Puglia ritrovò caso riserbato la maledizione de' morti. Benchè la riserba facesse ribrezzo, non per questo toglieva il vizio. Scrutinando Alfonso l'intenzione, e non conoscendoci livore verso i defonti, ma una stizza verso i viventi, entrò nel dubio, se di per se fosse o no colpa mortale. Non conoscendola tale, ebbe a male la riserba, e molto più l'erroneità delle coscienze, e le Anime, perchè recidive, lontane mesi e mesi da' Sacramenti, stimandosi ree di colpa mortale.


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Avendo comunicato in Napoli questi suoi sentimenti a quelle rispettabili Congregazioni, che in Regno fanno autorità per la loro saviezza, specialmente alla sua delle Apostoliche Missioni, concordemente fu stimato, non poter essere grave la colpa, ove la materia non fosse tale.

D. Antonino Sersale, Segretario allora di quella delle Apostoliche Missioni, indi Cardinale, ed Arcivescovo di Napoli, così li rescrisse: "Essendosi letta nell'Accademia la sua giudiziosa scrittura circa la  bestemmia de' morti, concordemente è stata da tutti approvata, non avendoci nessuno ritrovato difficoltà in contrario. Stima bensì la Congregazione, che se ne facci parola, ma con prudenza presso de' Vescovi, che l'hanno riserbata, e con libertà Apostolica, per togliersi la mala fede, e la coscienza erronea, s'intuì al popolo non esser colpa grave tal bestemmia, ma solo quando s'intende bestemmiare le Anime de' morti, e dire, che in questo senso, e non altrimenti è stato riserbato il peccato. Il tutto però con somma prudenza, acciò riesca di profitto per le Anime, e di gloria al Signore; ed anche si dimostri ossequioso rispetto a' Prelati".

Non contento di questo fece capo anche in Roma, ivi si stimò altrimenti.
Non esitando Alfonso su tale opinione, volendo disingannare i Parochi, diede fuori colle stampe una dottissima lettera.

Ci fu un Claustrale Pugliese, che offeso dalla novità, non rispose alle dottrine, ma lo caricò di note non dovute. Chi sei tu, gli scrisse, che uscendo dal bosco, vuoi dar legge ad altri, e farla da maestro. Non avendo che si dire, tra l'altro lo trattò da Eretico, asserendo francamente, che riprovasse le Orazioni vocali.

Urtò in questo sbaglio, perchè promovendo Alfonso, ed inculcando per ogni dove la meditazione in comune nelle Chiese (cosa nuova in Puglia), il Claustrale si diede a credere, che insistendo per questa, riprovasse l'altra. Alfonso, imitando il Redentore, che rimproverato di essere Sammaritano, e che assistito fosse dal Demonio, si scagiona della seconda, e non risponde alla prima: così egli non si fa carico nella difesa delle contumelie, ma risponde col fatto alla taccia, che di Eretico li vien data:
"Come io nego, disse, le Orazioni vocali, se ho voto di recitare ogni giorno il Rosario di Maria Santissima; e nelle Missioni io, ed i miei compagni invogliamo tutti a recitarlo ogni sera colla propria famiglia; e prima degli atti grandi in Chiesa, è destinato anche un Padre a recitarlo col popolo, e contemplarne i Misteri". Ringrazia il Contradittore de' ricevuti avvertimenti, e non si duole d'altra cosa a

 

Posizione Originale Nota- libro II, Cap. XXVI, pag. 186




a Confesso, che dopo anni dieci di ricerche, ritrovato aveva ultimamente in Puglia quelle tre lettere, ma ora, con mia pena, non me le ritrovo, so a che pensare.






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