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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO II
    • Cap.31 Ottiene Alfonso l'approvazione del suo Istituto dalla Santità di Papa Benedetto XIV.
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Cap.31

Ottiene Alfonso l'approvazione del suo Istituto dalla Santità di Papa Benedetto XIV.

 


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Troppo florida vedevasi la Congregazione correndo l'anno quarantanovesimo del secolo XVIII., perchè ricca di soggetti in santità, e dottrina. Alfonso vedendola dilatata in tante Case  colla pietà dell'augusto Re Carlo, oltre l'approvazione de' Vescovi, meditava ottenere la benedizione del Papa.

Avendone avanzata supplica al Sommo Pontefice Benedetto XIV. per mezzo di Monsig: Giuseppe Puoti Prelato dimestico della Santità Sua; il Papa fattosi carico del gran bene, che Alfonso, e la sua Congregazione operava in Regno, ordinò al Prefetto della Congregazione del Concilio il Cardinale Gentili commetterne l'informo all'Eminentissimo Spinelli, come già fece a' trenta di Marzo dell'anno antecedente, e che spiegato avesse il suo voto.

 

Non era digiuno, come dissi, il Cardinal Spinelli dell'Opera di Alfonso. Si compiacque della commessa, e fattosi presentare la Regola ne incaricò per esaminarla il Canonico Simeoli, ed il suo Uditore l'Abbate Blaschi. Tutti e tre restarono ammirati del buon'ordine. Volle bensì il Cardinale, che tolto si fosse in Congregazione lo stretto digiuno del Venerdì; che nell'Avvento, e Novena dello Spirito Santo si mangiasse di bianco, e non di magro; e che la colezione della sera fosse più larga delle Vigilie della Chiesa.

Non assecondò l'Eminentissimo Spinelli lo spirito penitente di Alfonso; ma ebbe in mira la salute de' soggetti, perchè Operaj: Voi, disse, non avete le Case in città cospicue, e non potendosi aver del pesce, dovete per necessità buttarvi al salsume: ma chi è Operario, ha bisogno di salute per faticare, di non penitenza per accortarsi la vita. Ammirò la saviezza nel governo: ponderò, ed approvò le rispettive autorità, ma restrinse  a sei i Consultori Generali, che Alfonso stabilito aveva in numero di dodeci, avendo di mira il Collegio Apostolico.

 

Accertato il compiacimento, e l'Approvazione dell'Eminentissimo Spinelli, voleva ognuno che Alfonso portato si fosse in Roma. Egli nascondendo l'umiltà, ed affacciando i suoi acciacchi, vi spedì fin dal mese di Novembre 1748 il P. Villani. Umiliarono al S. Padre premurosissime lettere, oltre tanti altri, i Vescovi delle rispettive Case,


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cioè Monsig: Rossi Arcivescovo di Salerno, Monsig: Nicolai Arcivescovo di Conza, Monsig: Volpe Vescovo di Nocera, ed il Ven. Fra Antonio Lucci Vescovo di Bovino.

Tutti attestarono l'utilità dell'Opera, il bene, che se ne ricavava, ed il bisogno, che vi era in Regno di un tale ajuto. Monsig: Rossi, tra gli altri, così si spiegò: "Questi degni Operai, oltre il grande ajuto, che han dato, e danno a' poveri Contadini, ed oltre gli Esercizj spirituali, che danno nelle loro Case ad ogni sorta di persone, Ordinandi, Sacerdoti, e Secolari, fanno un grandissimo profitto in tutt'i luoghi, dove si portano colle sante Missioni; giacchè con religiosissima esemplarità, e con Apostolico zelo, accompagnato da una vera cristiana carità, adempiono un tal santo ministero.

Si compiacque il Papa di questi sinceri attestati di Personaggi così rispettabili; e benedisse Iddio, che anche, in questi ultimi tempi, suscitasse nella Chiesa degli Uomini Apostolici.

 

Oltre di questi, vi furono altre lettere di Personaggi distinti all'Eminentissimo Orsini, ed al Duca di Sora D. Gaetano Buoncompagno. Il Cardinale non conosceva Alfonso, che per quello ne diceva la fama; ma il Duca avevalo trattato, e sperimentato aveva in Napoli la di lui virtù, e qual fosse il suo zelo per Dio, e per le Anime. Noi siamo strettamente tenuti, così all'uno, che all'altro, specialmente all'Eminentissimo Orsini, che trattò questo affare, come proprio interesse.

Si adoprò per la Congregazione anche il P. Abbate del Pozzi, Generale de' Padri Basiliani: così i Padri della Missione di S. Vincenzo di Paoli: il nostro Fondatore, disse il Signor Morgano al P. Villani, non fu un santo invidioso. Questi, tra l'altro, essendo stata loro offerta una nuova Fondazione in Subiaco, non ebbero ritegno cederla a noi, se si voleva. Parimente si sbracciò, e ci fu di un sommo ajuto un Abate soggetto di un rispettabile Istituto, amicissimo di Alfonso, che molto prevaleva in Roma.

 

Ponente per questa causa fu destinato il Cardinal Bisozzi. Si desiderava il Cardinal Orsini; ma l'Eminentissimo Gentili Prefetto in quel tempo della Congregazione del Concilio, voglio darvi, disse al P. Villani , uno di maggior peso, intendeva il Bisozzi, perchè Regolare, e più esperto. Essendosi intesa questa provvidenza dall'Eminentissimo Orsini: Voi, disse al P. Villani, per uno, ne avreste due. Difatti, avendo preso il rescritto, lo portò di persona ei medesimo all'Eminentissimo Bisozzi.

Troppo prospere caminavano le cose. Già tutto erasi convenuto per li punti essenziali coll'Eminentissimo Bisozzi. Solo si desiderava qualche mutazione di ordine nella rubrica delle cose; e per questo si rimise il Cardinale al P. Sergio Pio Operario, soggetto in quel tempo di molto credito in Roma.

Questi, o perchè occupato da' negozi,


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o perchè troppo pressato si vedesse dal P. Villani, la cosa, disse, non è così facile, come voi ve la pensate: ci vogliono anni; e soggiunse, che poteva ritornarsene in Napoli, e poi a capo di tempo essere di nuovo in Roma.

Cosa passasse per capo al P. Sergio nol sappiamo. Non sono io quì, disse il P. Villani, per altro negozio: Se V. R. si vede occupata, lo farò presente a S. E. Questa risposta sorprese il Padre. Soggiugnendo il P. Villani, non esserci cosa da poterlo imbarazzare, essendosi convenuto per la sostanza coll'Eminentissimo Bisozzi, maggiormente si accigliò, quasi dir volesse: Io a che servo.
Presente a questo contraddittorio ritrovavasi il P. D. Francesco Sanseverino, che da noi  era passato tra i Padri Pii Operarii. Perchè il Sanseverino era amicissimo del Sergio, avvalendosi dell'occasione il P. Villani, se volete, gli disse, potrete rimettervi al P. Sanseverino. Vi condiscese il P. Sergio; e fu perfezionato in un giorno tra Villani, e Sanseverino quello, che in senso del P. Sergio ricercava di tempo anni ed anni.

 

Proposta la Regola in Sagra Congregazione fu tolto, come superfluo il quarto voto di offerirsi i soggetti al Papa, ed esser pronti per le Missioni degl'Infedeli. Si suppone, dissero gli Eminentissimi, che ogni Religioso debba esser pronto a qualunque cenno del Santo Padre.

Stabilito aveva Alfonso, non volendo inpinguati di soperchio i suoi, che la rendita delle Case non oltrepassasse i docati mille, e ducento. Ammirò ognuno la sua moderazione; ma avendosi in mira le spese, che occorrono in una Casa di Vita Comune, si fosse fissata a mille, e cinquecento; e sino a duemila per le Case di Noviziato, e Studentato.

In tutto il dippiù non vi fu varietà di sentimento tra' Cardinali. Lodò ognuno la saviezza di Alfonso, e con ugual soddisfazione la Regola venne approvata ed ammirata da tutti. Tra le altre cose, che più mi piacciono, disse l'Eminentissimo Bisozzi, proponendo il suo voto, è quel Rinnovamento di Spirito ne' medesimi Paesi, poco tempo dopo, che si sono fatte le Missioni. Questo non vi è negli altri Istituti, ed è un gran mezzo, per mantenere il frutto, che colla Missione vi si è fatto. Cum... operam ponant in Christi fidelibus, precipue vero Rufticis, qui fame verbi Dei laborare solent, viam salutis reducendis, nec semel tantum, sed iterum post paucos menses loca adeundo id efficere conentur (quod sane singulare est hujus Instituti medium) censerem proinde eandem Congregationem approbari posse.
Il medesimo Cardinale, ne fu così soddisfatto, che giunse a dire: Io per questa Congregazione ci metterei il sangue e la vita.

 

Siccome Iddio spianava le cose, così il demonio non mancava attraversarle. Avendo presente il Sig. Pozzolani, Uditore dell'Eminentissimo Bisozzi, il Voto dell'Eminentissimo Spinelli, ove encomiando il gran bene, che si faceva da Alfonso, diceva esser utilissima la Congregazione


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in questo Regno, anch'esso stendendo il voto per l'Eminentissimo Bisozzi, restringevasi relativamente al medesimo Regno di Napoli.

Questo voto ci avrebbe imbarazzato, ma fattosi capo dal Cardinale se li fece presente, non essere la supplica umiliata al Papa dal P. D. Alfonso per il solo Regno di Napoli, ma per tutta la Chiesa. Troppo raggionevole sembrò al Cardinale l'esposto, e rivolto al Pozzolano: Così è, disse: l'Opera perchè è grande, anche conviene, che sia universale. Fu dato altro contorno al voto, e fu posta in altro aspetto l'Opera, e l'Istituto.

 

Un gran colpo avrebbe fatto il demonio in questa occasione, come in seguito farò noto; ma Iddio fece vedere, che proteggeva la Congregazione, e la voleva. Tutto era spianato, ma non ancora decretato. Impegnatissimo per lo disbrigo ne stava l'Eminentissimo Orsini: Il Duca di Sora, anche impegnò fortemente Monsig: Foglietti Segretario della Congregazione. Questi, per favorire così il Duca, che il Cardinale, erasi compromesso farne parlare in primo luogo nell'imminente Congregazione, ch'era nell'ultimo di Febbraio. Furono tali gl'incidenti, che non se ne potè parlare.

Essendo stato dal Cardinale il P. Villani, questi afflitto gli disse: Compatite, perchè questa mattina vi è stata una Congregazione farraginosissima. Ciocchè non si è fatto in Congregazione, soggiunse il P. Villani, si può fare in Casa dell'Eminentissimo Prefetto. Così è, disse il Cardinale, io ci aveva badato; ed in punto sono per andarci per un mio negozio. Se volete ingarrare il vostro, dissegli confidentemente il P. Villani, trattate prima il mio.

Così farà, disse il Cardinale, e traditanto raccomandate a Dio il negozio mio, e vostro. Difatti in quel giorno Iddio ci rese consolati col Decreto dell'Approvazione nella Chiesa Universale; ed il Cardinale con biglietto di proprio pugno, riscontrò in propria Casa il P. Villani.

 

Essendosi presentato dal Papa il P. Villani, per ringraziarlo, e chiedere in conferma la sua Sovrana approvazione: Dov'è il decreto, disse il Papa? e dicendo il P. Villani, che stava annesso alla Regola, Questo è quello, rispose il Papa, che noi vogliamo vedere. Il susseguente essendosi presentato il Decreto e la Regola, lesse tutto, e n'ebbe un pieno compiacimento. Specialmente restò soddisfatto della perpetuità in persona del P. Rettore Maggiore, e suoi Assistenti. Questo, disse, toglie i tanti partiti, e le spesse scissure tra Regolari.

Vedendo, che il titolo, era del Salvatore; e riflettendo, che vi era in Venezia la Congregazione de' Canonici Regolari, anche detti del Salvatore, volle, per evitarsi ogni litigio, e confusione in contrario, che la Congregazione, non si fosse nomata del Salvatore, ma del Redentore. Così si fece. Varj Prelati, che ritrovavansi nell'anticamera del Papa, curiosi anch'essi vollero leggere la nostra Regola, e tutti ne restarono sommamente soddisfatti.


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Troppo grazioso è quello, che sortì in questa occasione. Avendo di mira il P. Villani la nostra povertà, si avanzò chiedere in grazia al Papa commettersi il Breve a Monsig: Amato Segretario delle lettere a' Principi (era questi Napoletano, e propriamente dello stato di Sanseverino, amicissimo del P. Villani). A qual fine, disse il Papa? Per qualche risparmio, rispose il P. Villani, essendo povera la Congregazione.
Non fu gradita questa domanda: E poveri, e poveri, e poveri, ripigliò enfaticamente il Papa, tutti siamo poveri, ed il Papa è il più povero di tutti. Ma se fu restìo in questo, fu prodigo nelle altre grazie. Tra l'altro graziosamente ci concesse l'Ufficio, e Messa propria del Redentore, anche coll'ottava, ed una volta in ogni mese.

 

Tra queste notizie, così prospere, e di tanto bene per la Congregazione, che consolavano Alfonso ne' Ciorani, vi fu cosa non però, che sommamente lo afflisse, e li fu di rammarico.

Essendoseli scritto dal P. Villani, che il Papa era per confirmarlo perpetuo Superiore della Congregazione, perdette la pace, e se ne dolse amaramente. Scrisse e pregò, che divertito se li fosse un tanto travaglio: pianse, e replicò più lettere, esponendo sempre co' sensi i più dimessi la propria insufficienza, e per un tal peso qual fosse la debolezza delle proprie spalle.

Mancano queste lettere, perchè non conservate dal P. Villani, ma ci giovano per lo meno le risposte di questo al medesimo Alfonso. In una de' quattro di Febbraio, così si spiega: "Dio benedetto vuole, che V. P. porti questa Croce sino alla morte; ed opporsi, stimo esser cosa direttamente opposta alla volontà di Dio: ora più che mai questa povera navicella ha bisogno di un buon Nocchiero. Ed insistendo Alfonso, così replica, in un'altra de' ventuno dello stesso mese: "Se V. P. è nominata Rettore Maggiore perpetuo (intende nel Breve) abbia pazienza, e sottometta il collo al giogo della Croce. Padre mio, non ci pensi più: ho creduto dovere, giustizia, e gratitudine.

 

Come dissi, non mancò il demonio, mentre le cose così passavano, opporsi in contrario, ed attraversar se poteva, l'Opera di Dio.

In Napoli una rispettabile comunità, riguardando con occhio livido Alfonso, e con Alfonso i progressi della Congregazione, sentendo un tal maneggio, prevenne in Roma uno de' suoi, per frapporvi impedimento. Questo tale, essendo stato visitato dal P. Villani, perchè credevalo amico, freddamente gli disse: Ritrovandomi iersera col Cardinal Portocarrera, ed essendosi aperto a caso S. Tommaso, c'incontrammo nell'articolo, se era espediente, o no l'approvarsi una nuova Religione, e conchiudeva in contrario; ed il Cardinale, soggiunse, ci segnò la carta.

Non disse cosa di più; ma tanto bastò per indicare di quanto mal' animo era ripieno verso la Congregazione. Non badò, e rifletter doveva il buon Padre, che S. Tommaso era premorto tre secoli prima, e che ne anche


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la sua esisteva in tempo del Santo. Contemporaneamente venne incaricato un altro Soggetto del medesimo Istituto. Questi non essendo dello stesso umore, rescrisse, che non si era a tempo, e che tutto erasi effettuato con soddisfazione del Papa, e della Sacra Congregazione.

 

Se impedir non potette l'Inferno la grazia del Santo Padre, tentò per lo meno renderla monca.
Erasi detto in Sacra Congregazione, che si approvava la Regola, e l'Istituto, e per il Breve fu data l'incombenza al Cardinal Passionei. Essendosi guadagnato dal anzidetto degli amici l'Abbate Fiore, che doveva distenderlo, questi scrisse Regulam,  et non Institutum.

Fattosi capo dall'Eminentissimo Passionei, e chiamato il Fiore con franchezza disse, esser tale il costume della Santa Sede, sperimentar prima la Regola, e poi approvarsi l'Istituto, e che così erasi fatto co' Padri Passionisti. Chiese il decreto il Cardinale: conobbe la trappola dell'Abbate, s'infastidì; e dato di penna al Breve scrisse di sua mano: Regulam;  et Institutum.

Non altrimenti, con iscorno dell'Inferno, e confusione de' malevoli, sortì in Roma, con consolazione di Alfonso, a' venticinque di Febbrajo 1749 la conferma della nostra Regola, ed Istituto. Una grazia così grande, ed in tempo, così corto, fece senso a tutti.  Questa vostra approvazione, disse l'Uditor Pozzolano al P. Villani, ha fatto stordire tutta Roma.

Ma se vi è obligazione per l'uomo, dobbiamo dire, che dopo Dio, è tenuta la Congregazione alle sollecitudini troppo incessanti dell'Eminentissimo Orsini, che avendo una special venerazione per Alfonso, non lasciò mezzo per venirne a capo.

L'ultima volta, che il P. Villani fu dal Santo Padre, in vederlo gli disse: Abbiamo fatto tutto; ed avendolo richiesto della Paterna benedizione per Alfonso, per se medesimo, e per tutt'i Congregati, l'arricchì anche l'Indulgenze, e di altri favori. Ammise al bacio del piede, anche il fratello Francesco; ed avendolo dimandato donde fosse, e cosa volesse, in sentire Napoletano, benedico a voi, ripigliò lepidamente il Papa, a vostro Padre, a vostra Madre, ed a tutt'i vostri, facendolo ricco nel tempo istesso di molte Indulgenze da poterle distribuire a tutti gli Amici, e Parenti.

 

Sel figuri ognuno, con qual' ansia Alfonso, e i nostri ne' Ciorani stavano aspettanso da ora in ora da Romafausta notizia. I momenti sembravano secoli ad ognuno; e vie più si accrescevano presso Dio le preghiere, e le afflizioni del proprio corpo.

Pervenute per la posta le ultime lettere, che tenevano tutti in aspettativa, non le aprì Alfonso, come si suole, di slancio, ma cominciò a spiegare la carta a poco a poco, ed osservare ad una ad una le lettere della prima parola. Nel vedersi il G., e poi L., e l'O indicanti Gloria, si concepì buona nuova. Spiegandosi tutta la lettera, e leggendosi: Gloria Patri etc.


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la Congregazione è restata approvata, Alfonso tutto lagrime si butta di faccia a terra, e con essi quanto eravamo accorsi curiosi alla sua stanza. Per un pezzo si stiede così, ringraziando Dio di un tanto beneficio. Toccato il Campanello comune, unito con tutti si portò Alfonso in Chiesa; ed essendosi cantato il Te Deum in rendimento di grazie, fece una allocuzione a Dio sopra quelle parole Visita Domine vineam istam,  perfice eam, quam plantavit dextera tua, esortando tutti nel tempo istesso a voler corrispondere ad un tanto beneficio coll'esatta osservanza delle Regole, e con esser più grati a Gesù Cristo, ed a Maria Santissima.

 

Varj furono in Roma in questa occasione i sentimenti di persone autorevoli. Chi encomiava una cosa, e chi riprovarne un'altra. Taluni avrebbero voluto, per rendere più stabile la Congregazione, che per i più Anziani, ottenuto si fosse un quarto Voto Solenne, come si aveva da' Padri Gesuiti.

Titubando, e parlando il P. Villani di questo progetto con Monsig: Pirelli, un rispettabile Camaldolese, che vi era presente, alzando la voce, disse: Che spropositi! piacesse a Dio, e tutte le Religioni avessero questa porta aperta, che non si vedrebbero i tanti disordini, che si veggono: Voi l'avete, e ve la volete chiudere.
Ritrovandosi similmente il medesimo Padre col Sig. Costa, e col Canonico Ruggiero nella Casa della Missione in Monte Citorio, disse il Canonico, che molti disapprovavano la Vita Comune. In sentir ciò il Sig. Costa, fattosi tutto di fuoco, ripigliò: che vogliono dir questi? il bene della Vita Comune non si capisce: Dove non ci è questa, il soggetto fatica per se, e non per la Comunità; ma non è così, ove si vive senza parzialità, e perfettamente in comune.

 

Non voglio ommettere, e sia per corona di questa narrativa, un ricordo di Monsig: Pirelli, dappoi Eminentissimo Cardinale, che anche favorì molto Alfonso in questa occasione. Essendo andato il P. Villani, per licenziarsi da questo savio Prelato, tra l'altro gli disse: Se le altre Comunità si sono mantenute nell'osservanza primiera dell'Istituto i cento, e più anni, voi fate che per lo meno vi duriate i cinquanta.

Questi brevi, ma savi sensi di sì degno Ecclesiastico, vorrei che i nostri se l'imprimessero nel Cuore, e così animarsi l'un l'altro, per degnamente corrispondere a' precisi obblighi della propria vocazione.




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