- 244 -
Cap.38
Alfonso dà fuori la sua Teologia Morale.
- 245 -
Tra questo tempo, cioè
sul principio del 1753 e tra i tanti e sì
gravi imbarazzi diede fuori Alfonso la sua Teologia Morale.
Nel 1748 ad istanza de'
suoi corredato aveva il Bossembau di non poche note, che dedicò a Monsignor D.
Giuseppe Nicolai Arcivescovo di Conza. Erano queste varj casi discrifati nel
decorso delle Missioni, che da' suoi, per aversi alla mano, si vollero dati
alle stampe.
Alfonso in seguito non ebbe in conto quest'Opera, benchè applaudita, perchè non
munita, come credea di sufficiente criterio. Ristampandola, ed avendola
accresciuta in due grossi volumi la dedicò al Papa Benedetto XIV. Gradì questi
il dono e della Morale, e delle altre opere già stampate: Noi la ringraziamo li
rescrisse, del regalo; ed avendo data una scorsa al Libro della sua Morale,
l'abbiamo ritrovato pieno di buone notizie: ed ella può star sicura del
gradimento universale, e della pubblica autorità.
Quest'Opera è l'effetto
di un puro zelo. Altra mira in tesserla non ebbe che la gloria di Dio, ed il
bene delle anime. Stando al tavolino, non si determinava ad abbracciare, o a rifiutare
delle tante opinioni, senz'aver presente questi due fini; e non imprendeva la
penna, senza essersi raccomandato a Gesù Cristo, ed a Maria Ss., avendone
avanti gli occhi, e sul tavolino le di loro immagini.
Soleva dire Alfonso, che la Chiesa e lo Stato,
se vedesi riformato il costume, e rifiorir nelle Famiglie la pietà, e la
divozione, non ad altri sono tenuti, che ai buoni Confessori, e che ove
zoppicano le dottrine morali, non può mancarci disordine, e scostumatezza.
Evita Egli in
quest'Opera con somma prudenza i due estremi del lasso probabilista, e del
rigido tuziorista, nocivo per le anime così l'uno che l'altro. Tutto è equità
in quest'opera.
Egli non intende
discaricar le anime da quello che impone Gesù Cristo, e S. Chiesa: nè
aggravarle più di quello che questi non pretendono. Non è tale, che colla
rigidezza spaventi le anime, e contorci le coscienze: nè così benigno che
lusinghi il senso, e deroghi al Vangelo.
Ove la legge è chiara,
non è indulgente per la libertà: ed ove la legge non prepondera, se favorisce
la libertà, non si butta al lassismo. In una parola non è Alfonso uno di quei
spiriti rigidi, che facendo precetto ciò che non è, vogliono tutto peccato: nè
così indulgente, che faccia libertà, quello che è precetto: scopulos vel laxitatis, vel rigorismi, in
quos plerique impellunt, vir clarissimus arte mira declinat, così si spiega
facendo giustizia all'opera, il P. M. Fra Tommaso Cherubino, luminare in quel
tempo de' P. Domenicani, - 246 -
e
Regio Professore in questa Università di Napoli: così Monsignor Coppola Vescovo
di Cassano, Paroco allora, e Revisore Ecclesiastico: Nihil in eo offendi, quod bonis moribus Chistian eque pietati
adverfetur: nibil rigidum in eo reperi, quod pia Mater ecclesia abborret, nibil
laxum, quod animarum jacturam permittit, sed totum quod in eo est, Christianam
sapit doctrinam.
Non è egli Alfonso come
si vede, attaccato a verun partito. Rispetta tutti; ma sopra tutto venera la
ragione, e fa sua legge l'autorità della Chiesa.
Tante volte riprova come lasse le decisioni de' Teologi li più rigidi, e tante
volte condanna, ed è in contrario ai benigni: relectis auctoribus tam benigne, quam rigide sententie, non
altrimenti si protesta con Papa Benedetto XIV., alios nimirum benignitati indulgentes, alios nimium austeritati
addictas cum comperissem, opere pretium me facturum credidi, si librum ederem,
qui mediam viam tenens, sententias magis veritati consonas, magisque scitu
necessarias, ad coscientias dirigendas exponeret.
Quest'opera se si
esamina, non è che un risultato delle leggi Ecclesiastiche, e Civili. Ove
queste mancano, fa sua Alfonso la dottrina di S. Tommaso, e supplisce il di più
coll'autorità, ma di Teologi di sperimentata dottrina. Talvolta vedesi
barcolare tra due opposte opinioni; e non avendo per determinarsi un
sufficiente motivo, sospende il giudizio, e lascia il Lettore in libertà per
appigliarsi ove vuole.
La ragione, soleva dire, se mancano i Canoni, e non è chiaro il
Vangelo, questa è quella che ci dee regolare: ove è velata, non posso buttarmi
alla cieca, ma lascio che altri la dilucidano. Oltre l'orazione, e la
preghiera per discifrarsi un qualche caso, consumava i mesi, esaminandone i
varj pareri: non restando persuaso, non contento de' nostri, che faceva giudici
del suo opinare, mandava per consiglio in Roma, ed in Napoli ai primi Teologi
che rifiorivano, ed aveansi in credito, e più di tutto faceva Capo alle Sacre
Congregazioni, che sono in Roma come gli organi della voce del Papa.
Non entro ad
individuare le tante opinioni, che come lasse, ridusse al giusto peso: dico
bensì che a lui siamo debitori, se attraversato si vede nella Chiesa uno
scandalo, e così grave, che deturpava, e vilipeso rendeva il Santuario.
Comunemente non aveasi ribrezzo da' Confessori abilitare per le Sacre Ordinazioni
Chierici, o altri di fresco spoppati dalle materie le più turpi.
Aveasi per massima, che
essendosi disposto per lo Sacramento della Penitenza, erasi ancora per quello
dell'Ordine: se non si vuol dire, che si abilitavano taluni per l'uno, e per l'altro.
Questo disordine così grave per S. Chiesa, fe dar fuori ad Alfonso la sua dotta dissertazione, e cotanto
applaudita sul Chierico Abituato.
Prova che quantunque atto sia questi a poter ricevere il Sacramento della
Penitenza, non è bensì disposto per quello dell'Ordine,
- 247 -
e persistendo nella volontà di volersi ordinare,
indegno è ancora per quello della Penitenza.
Avendo diretta questa
sua dissertazione ai Vescovi d'Italia, non ci fu Vescovo che renduto non gli
avesse i suoi più vivi ringraziamenti. Monsignor Amato Vescovo di Lacedogna,
mancandomi altre lettere, così li rescrisse a' 12 Ottobre "Ognuno de'
Vescovi è tenuto render grazie a V. P., ma con maggior fervore lo so io per li
tanti lumi, che ci somministra colle sue fatiche, in profitto delle anime.
Anche di là dai Monti comunemente fu applaudita questa sua Dissertazione.
Benedetto XIV, avendola avuta tra le mani, non mancò metterla in prospetto
nell'aurea Opera de Synodo Diocesana.
Tutto per Alfonso è
glorioso in quest'opera. Meglio ponderando la prima edizione, benchè incontrato
avesse presso del Pubblico, egli non stimandola ben diggerita, non ebbe
ribrezzo in questa seconda ristampa, ritrattarsi in molte e varie opinioni: in nonnullas opiniones, così si spiega nella
prefazione, temporis decursu, rebus ad seduliorem trutinam revocatis, hominem
me agnoscens, reformavi.
L'ingannarsi è proprio dell'Uomo, ma non è di tutti il rivocarsi, e dichiararsi
imbecille avanti al Pubblico. Alfonso che cercava Dio, e non se stesso, non
mancò in seguito ricorreggere ciò, che credeva aver errato.
In Napoli bensì non
furono gradite da quelle rispettabili Congregazioni che vi sono, queste sue
ritrattazioni, giudicandosi da tutti come bastantemente sode, e fornite di
classiche autorità le opinioni da esso ritrattate. Taluni arrivarono a dire,
che con questo, poco onore si faceva.
Si dica di me disse
Alfonso, ciò che si vuole: io non cerco la mia gloria, ma il bene delle Anime,
e la gloria di Gesù Cristo.
Siccome non fu Egli
dominato dallo spirito di partito, così non fu dallo spirito di autorità.
Ancorchè Fondatore e Superiore, non obbligò i suoi a seguitarlo; ma lasciò in
libertà ognuno adottare qualunque opinione, ancorchè contraria alla sua: mai
bensì lassa, e non uniforme a' Canoni, ed al Vangelo: nè così rigida, che
spaventasse i fedeli, e fosse loro di tracollo all'inferno. Sapendo che taluno
de' nostri degenerasse o nell'uno, o nell'altro, egli non davasi pace, se il
soggetto smosso non si vedeva dal suo strampo opinare.
Come e quanto benedisse Iddio quest'Opera, e queste
sue rette intenzioni così nell'Italia, che fuori, lo vedremo in seguito. Dico
bensì, che profetò il Papa, allorchè li rescrisse che incontrato avrebbe la
comune approvazione. Individuerò altrove in quali e quanti luoghi di Europa, ed
anche in America sia stata ricevuta con applauso. In Venezia, vivendo Alfonso,
si vide ristampata dieci volte.
Era tale la stima che di sua saviezza aveva il medesimo Pontefice Benedetto
XIV, che richiesto del suo parere circa la maledizione
de' morti dal dotto - 248 -
Missionario
Napoletano, e gran servo di Dio D. Giuseppe Jorio, non volendo decidere da se, Voi avete, li rispose, il vostro Ligorio, consigliatevi con esso.
|