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Cap.43
Alfonso ritorna di nuovo in Napoli: altre sue fatiche
apostoliche, e nuova opera per la guida delle Anime.
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Non fu Alfonso in
Nocera prima della settimana maggiore, avanti Pasqua. Fu sollecito nel ritirarsi,
volendosi sollevare nello spirito, e trattenersi, in que' giorni santi, da solo
a solo con Gesù appassionato.
Non ancora, per dir
così, era arrivato in casa, che fu richiesto in Lauro dalla Principessa Madre,
volendo questa consigliare con lui gli interessi di sua coscienza. Fu ricevuto
in quella Corte come un Angelo di Dio.
Somma fu la venerazione
presso tutti, e si ebbe a gran sorte, se di soppiatto si potè aver cosa del suo
per reliquia. Le Monache specialmente di uno di quei Monisterj, non sapendo
come poter avere anch'esse qualche ritaglio delle sue vesti, auguzzando
l'ingegno, l'invitarono a venerare un insigne reliquiario, che in Chiesa si
aveva.
Avendolo egli venerato,
fu pregato di darlo a baciare nella porta a tutta la comunità. Chinandosi
Alfonso per farlo baciare dalle Monache, riuscì ad un'Educanda tagliarli un
grosso squarcio della Cappa. La sera, perchè faceva del freddo, volendo
adattarsela sul letto, e ritrovandola accorciata; questa cappa, disse al P. Galdieri, che l'accompagnava, è mia, o vostra? E vostra, rispose il
Galdieri: Come mia, ripigliò Alfonso, se ci manca la metà. Le Monache ve l'hanno
fatta, ripigliò il Galdieri, - 270 -
smascellando per la risa; ed Alfonso, ma tutto confuso, ora conosco, disse, perchè una picciottola mi andava sempre per le gambe. Disprezzando
nel tempo istesso ogn'avra di vanità, il
fatto si è, disse, che non ci basta
per rattopparmi una mezza giudea. Questi, e simili giochi non erano rari,
ovunque capitava.
Nel principio di Luglio
di nuovo fu in Napoli. Troppo gli premevano gli interessi di sua Congregazione,
per vederla presso il Principe maggiormente assodata: voglio dire per ottenersi
l'Exequatur al breve Apostolico. Ai dieci del medesimo mese, così scrisse al P.
D. Gasparo Gajone Rettore nella Casa di Caposele "fate una novena, e
fatela fare dal Popolo per l'affare dell'approvazione. Ai venti replica di
nuovo: "Io fatico in Napoli per l'approvazione, ma trovo intoppi. Lasciamo
fare a Dio. Fate un'altra novena, colla disciplina ogni sera; ed altra fatela
fare dal Popolo. Così scrisse pure a tutte le Case.
Anche tra queste
sollecitudini, e tra li maggiori calori estivi, non ci fu momento, non che
giorno, che da esso impiegato non si fosse per lo bene delle anime. Oltre le
richieste de' Parochi, per tridui, ed esercizj al Popolo, le Claustrali
specialmente nol lasciarono in riposo. Tante si contentarono, per aver la sorte
di sentir la sua voce, chiudersi ne' santi Esercizj, ancorchè in tempo non
proprio, perchè estivo.
Altre comunità, e non furono poche, si videro sodisfatte, avendolo per due, o
tre giorni. Senza numero furono quelle, che per isgravarsi, e regolarsi nella
coscienza, lo vollero al Confessionale. L'Eminentissimo Sersale pose tutta
nelle sue mani la podestà delle Chiavi, ne con Esso ci fu riserva, o di ceto, o
di luogo.
Si sa Napoli come
abbonda di divote Confraternite. Anche varii Prefetti di queste lo vollero, e
l'ottennero, per infervorare nello Spirito, e nell'osservanza de' proprj
statuti le respettive adunanze. Tutto fu applicazione per Alfonso in casa, e
fuori di casa, ed egli tutti consolò, ne negò l'opera sua a veruno.
Gran senso fece
nell'Italia un'Operetta, che in questo tempo Ei diede alle stampe, che
intitolò: Pratica del Confessore per ben
esercitare il suo Ministero. Tal ammirazione attirò quest'opera
dappertutto, che si giunse a dire da più savii, aver avuto in dettarla una
special assistenza del suo Angiolo tutelare.
Istruisce il Confessore ne' quattro caratteri, che l'assistono; cioè di Padre,
di Medico, di Dottore, e di Giudice, senza che l'uno resti dall'altro
pregiudicato. Individua come illuminarsi li rozzi, e coloro ancora di qualunque
stato, non eccettuandosi i Vescovi, che trascurati lo fossero di coscienza.
Fa cauto il Confessore
cogli occasionarj; cogli abituati, e recidivi; coi legati da Censure, e quello
che può occorrere intorno al Matrimonio: come portarsi co' fanciulli, zitelle,
e giovanetti; come coi muti, e sordi, co' moribondi, - 271 -
o condannati, o infestati da Demonj; e come con
persone divote, o scrupolose.
Entra nella guida delle Anime spirituali, e ne' diversi gradi di Orazione; così circa la mortificazione della carne, e
delle passioni, e circa la frequenza de' Sacramenti, con altre cose utili, ed
essenziali.
Questa istruzione è come
la caratteristica dello spirito di Alfonso; cioè spirito di saviezza, e di
prudenza; spirito di amore, e di dolcezza. Non si lusinga il peccato, ma si
anima il peccatore ad abborirlo, e di ricorrere a Dio con fiducia.
"Spira quest'Opera, così l'Autore del Dizionario degli Uomini Illustri, un
unzione di Dio. Ella è tutta carità, tutta dolcezza, tutta moderazione".
Tre anni prima erasi data alle stampe dall'Occhi in Venezia altra simile
istruzione; ma questa, dice il medesimo Autore, è un contraveleno a quella
precipitosa, e fanatica istruzione dei Confessori, e dei Penitenti stampata
dall'Occhi.
Encomiò, ed esaltò
quest'opera, in preferenza dell'altra, anche Francesco Zaccaria, in quel tempo
dotto, e rispettabile Gesuita, nel Tomo
XII della sua Storia Letteraria, Lib. II Cap. 3:
"Oh che buon
controveleno, ei dice, è questa mai a quella, anzi Filippica, che Istruzione de Confessori, e de
Penitenti, stampata dall'Occhi! Qual diversità! La Pratica del P. Ligorio
spira un unzione di Dio, tutta carità, tutta dolcezza, tutta moderazione:
l'Istruzione spira furore, tutta fierezza, tutta fantismo. In quella si vede
l'uomo saggio, che cerca la salute delle Anime: in questa uno Scrittore
impetuoso, che alla disperazione precipita i fedeli. La prima con diritto metodo
procede, e con giusta dottrina alla penitenza spiana la strada: la seconda è
uno zibaldone disordinato, e con istravolte opinioni odiosa rende la
Sacramental Confessione".
Per tutto Agosto Alfonso si trattenne in Napoli.
Vedevasi grondante sudore, batter que' selciati, e presentarsi ora ad un
Ministro, ora ad un altro. Tutto fu vano. Prevalendo il parere, come altrove
già dissi, di Monsignor Galiani, che dandosi dal Re esecuzione alla Bolla,
questi non era più in libertà, se l'adunanza degenerasse dal suo fine, di
sopprimerla, se voleva.
Così persuaso il Ministero, e tra questi anche li più inclinati per Alfonso,
benchè con rincrescimento, non si smossero dalla negativa. Il Re medesimo anche
ne provò pena; e non una, ma più volte fe' sentire ad Alfonso, che non si
affliggesse, che star poteva sicuro di sua protezione.
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