- 280 -
Cap.45
Altre fatiche di Alfonso, stando i nostri nelle
Calabrie.
- 280 -
Godevane estremamente Alfonso
per questo nuovo destino de' suoi nelle Calabrie. Stimavalo egli un tratto di
special providenza per quei Popoli, quasi destituti di spirituale ajuto. Non
potendo, perchè vecchio, assecondare i proprj desiderj, col portarvisi di
persona, cooperavasi presso Dio coll'orazione, per voler benedire in salute di
quelle anime, le fatiche de' suoi Confratelli. Anch'egli in questo tempo non - 281 -
vedevasi indifferente
per altre opere di gloria di Dio ne' luoghi convicini di Nocera.
Era qualche tempo che
egli mancava da Salerno. Monsignor Rossi, che n'era Arcivescovo, e ben
conosceva di qual tempra ei fosse, lo volle a beneficio di quel popolo, ed
Alfonso vi fù nel principio di Gennaro 1758 con venti altri de' suoi.
Vedendolo quei Patrizi avanzato in età, e carico d'acciacchi, insistettero, che
per la Predica incompensato avesse altro Padre. Non si arrese Alfonso, e così
acciaccato qual era, tirò avanti la Missione. Non corrispondeva la voce alla
grandezza del Duomo. Ciò non ostante il popolo struggevasi in lagrime, e vedevansi ai piedi de' Confessori i maggiori
peccatori scottati, e compunti.
Uno tra gli altri, ma carico d'iniquità, si presentò ad un Padre,
singhiozzando: chiesto del perchè? "come non voglio piangere rispose, se
ho offeso Dio, e vedo quel Sant'uomo, che fa penitenza per me, e mi passa il
cuore colle sue prediche.
Troppo libertà regnava
in Salerno nel sesso donnesco, anche in Chiesa. Avendone Alfonso rilevate le
conseguenze, se ne offesero le Gentildonne, facendoli capire il loro disgusto.
Si discolpò Alfonso; e ripigliando la Predica la sera susseguente: "Io,
disse, non ho inteso offendere le Gentildonne, ma ho insinuato maggior modestia
in Chiesa, perchè molto si manca, e si è scandalo agl'altri. Ma fattosi di
fuoco, soggiunse: "questi sono peccati gravi, che cercano vendetta, e non
sono scusati avanti a Dio: non ho inteso offendere veruna; ma cerco l'emenda
per la gloria di Gesù Cristo, e per lo bene di tante Anime. Quanto volle, tanto
ottenne. Il dì susseguente si videro le Dame in Chiesa tutte composte, e tali
lo furono anche in seguito.
Gravi erano le
inimicizie, che, con scandalo del pubblico, e con detrimento delle famiglie,
regnavano da qualche tempo tra varj nobili. Alfonso, avendoli rappacificati, e
volendoli perseveranti, ne formò una Congregazione nella Chiesa del Gesù, sotto
la direzione del Padre Pennacchia Gesuita. Oltre la frequenza de' Sacramenti,
una volta la settimana, tenendosi Congregazione, vi era la disciplina in
comune, ed avevano in obbligo questi fratelli associare, e prestare dei
suffragi ai defunti poveri. Persistette nel fervore, e nell'esemplarità questa
Congregazione anche fino alla soppressione de' Gesuiti.
Terminata la Missione
nel Duomo, Alfonso suddivisi i Padri, aprì tre altre Missioni. Si diedero gl'esercizi
al Clero, ai Nobili, ed anche ai carcerati.
Raguagliandomi
Monsignor Pinto Vescovo di Tricarico del gran bene operato da Alfonso in questa
Missione, così si spiega:
"Il profitto fu
grande, generale, e costante. Fu grande, perchè vi furono, ed in gran numero
delle conversioni strepitosissime: generale, perchè cambiò - 282 -
d'aspetto la Città tutta, cominciando dalla prima
Nobiltà fino all'ultimo ceto; e fu costante, avendo continuato a vivere la
maggior parte per anni, ed anni cristianamente. Posso anche assicurarvi, che in
alcuni anche dura il frutto di quelle fatiche, e se mi ritrovo lasciato il
mondo, anche sono tenuto ai lumi, che Dio mi diede in quella Missione.
E' voce comune, che
Alfonso fe tanto in Salerno, quanto poteva fare un Apostolo.
Nel decorso di questa
Missione, cioè a' 12 di Gennaro, soffrì egli ne' Ciorani la perdita
dell'ottimo Padre D. Saverio Rossi,
sostegno di quella Casa, ed uno de' primi suoi Compagni. Se si afflisse, perchè
in età immatura, consolossi vedendolo morto da santo. Ancorchè travagliato da
anni diciotto da uno sputo marcioso, era egli l'idea dell'osservanza. Singolare
era la sua unione con Dio: bastava vederlo sull'Altare per restarne compunto, e
raccogliersi; non ci era velame tra esso e Gesù nel Sacramento, tanto era
palpabile la sua fede.
Egli promosse talmente
in quella Casa l'opera degli Esercizj, che vi concorrevano anche da Napoli:
egli evitava nel Paese, e dava riparo a qualunque sconcerto: egli manteneva la
pace nelle famiglie; ed il Parroco da lui ricorreva in qualunque bisogno tra
suoi Figliani.
Singolare fu il Rossi
nella carità verso i poveri. Egli era il comun Padre di tutti. Conoscendo
Alfonso il dono di Dio, che possedeva, aveagli dato il permesso di diffondersi
verso i poveri senza veruna restrizione. Richiesto da me quante famiglie ne'
Ciorani non erano soccorse dalla nostra Casa, mi disse, che circa dieci in
dodici. Oltre de' Cioranesi venivano sollevati dalla sua carità tanti e tanti
de' Casali vicini, che per proprio profitto, e per essere corporalmente
soccorsi frequentavano la nostra Chiesa.
Facevagli controposto
alle virtù, che possedeva un umor bilioso, ed in estremo ardente. Era questo
per esso un continuato conflitto, che metteva alle strette il di lui spirito;
ma predominando la virtù, signoreggiava se stesso, e maggiormente si
perfezionava nello spirito. Sorpreso da tal fuoco, sì grande era la violenza,
che reprimendo se stesso egli soffriva, che ingialliva, e dava nel nero.
Costavali così caro questa violenza, che tante volte riducevalo in letto, e
buttar vedevasi bacili di veleno.
In varie occasioni, prevedendo la piena, correva subito nella stalla di casa, e
buttandosi a piè dell'asinello, umiliavasi, e faceva con quello i suoi conti;
nè rizzavasi, se digerito non vedeva il veleno. Sarà sempre in benedizione la
sua memoria, come figlio troppo degno della nostra Congregazione.
In quaresima Alfonso fu
chiamato in Napoli. Non potette negare l'opera sua a tanti, che lo ricercavano.
Varj Monasterj furono consolati coi santi Esercizj.
In S. Gaudioso vi fu cosa, che merita particolar memoria. Assistendolo il P.
Galtieri, desiderio li venne di venerare il - 283 -
Sangue del Protomartire S. Stefano, che in quel
Monastero si conserva. Non tanto Alfonso ne pregò le Monache, che processionalmente
fu preso, e portato al comunichino. Posta la Reliquia sull'Altare, e dato
l'incendio, non passarono due minuti, che liquefatto si vide, e divenuto
vermiglio, con istupore delle Monache, e di altri assistenti.
Questo prodigio non in altro tempo erasi veduto, che nel giorno del martirio
del Santo, e dell'invenzione, del suo Corpo. Tutto fu attribuito a special
favore del Protomartire verso Alfonso.
In questo tempo il
Galtieri se li vide tenuto per la vita. Era questi Calabrese, e dovendo partire
per Mormanno sua Patria, noleggiato avea la barca. La sera antecedente Alfonso
sel chiama, e dice: "Voi domani volete partire? Sì, rispose, e tutto sta
all'ordine. Io non voglio che partite per mare disse Alfonso, e con questa
barca; ma come farò, disse il Galtieri, non essendoci altro comodo; ed Alfonso:
aspettate, che fra giorni non mancherà il ritorno per terra di qualche Prete
vostro compaesano, che verrà qui
Ubbedì il Galtieri. Non
più che a capo di tre giorni pervenne, con proprio comodo da Mormanno, il
Sacerdote D. Gaetano Molintosi, e con quello se ne partì. Vi è cosa di più: la
barca noleggiata, quando fu nel golfo di Policastro, naufragò senza salvarsi
veruno de' passeggeri, che erano molti, nè il Padrone della barca con tutti i
Marinari.
Terminati gli Esercizj
nel Monistero di S. Gaudioso, passò in quello di Bettelemme; e così nell'uno,
che nell'altro maggior fervore si vide, e maggior spirito di osservanza.
Oltre della Predicazione
ne' Monasteri, ed in varie Chiese, che ora non sovvengono, e che non davangli
respiro un giorno per l'altro, non è da credersi come, e quanto vedevasi in
Casa accerchiato di sera da ogni ceto di persone.
Una di queste sere,
oltre tutto l'officio che teneva in attrasso, eraci in Casa lo stampatore, che
premevalo, perdendo tempo la stampa, per li fogli da correggersi. Sul punto un
Magnate mandò a ricercarlo di tutta fretta, ritrovandosi in ultimo la Duchessa
sua moglie, che tanto lo desiderava. "Va, disse Alfonso, all'inviato, e
dite al Duca che sto impedito, ma che stia di buon animo: la Duchessa starà
bene, ed io domani sarò a visitarla. Come disse, così fu. La notte fuori, di
aspettativa, si vide la Duchessa passata dalle braccia della morte, a quelle
della vita.
Quanto più i doni di
Dio si manifestavano in lui, e vedevasi da tutti venerato, egli tanto
maggiormente umiliava se stesso. Invitato a pranzo nel Gesù nuovo dal P.
Provinciale de' Gesuiti, lo compiacque.
Tutto fu venerazione, e
rispetto per esso. Soprattutto non finivasi ammirare la sua povertà, e quel
sentir così basso di se medesimo. penetrati quei Padri dalla venerazione per
lui, non sapevano, come aver cosa di - 284 -
suo uso, e conservarsela per reliquia. Vedendo, che aveva per cinta un orlo
di panno, anche logorato, sbianchito, e rattoppato, procurano un altro nuovo, e
con disinvoltura ce l'offrono, con disegno di farcelo cingere, ed aversi il
vecchio. Gradì Alfonso la cinta; ma, odorando il mistero, con disinvoltura, se
si tenne la nuova, e non si disfece della vecchia.
Nel mese di Giugno
venne invitato in Nola dalle Monache Chiariste per un triduo in onore del Cuore
di Gesù. Vi fu, e per voce comune si disse: non, che si vide un uomo sul
Pulpito, ma un Serafino, che col cuore tutto fuoco, animava tutti ad amare Gesù
Cristo. Ancorchè vecchio tirava le Prediche anche le due ore, ma non sembravano
che momenti, tanto ogn'uno vedevasi sorpreso dall'affluenza de' suoi affetti,
ed incantato dalla sodezza delle dottrine.
Contemporaneamente fu
pregato da Mons. Caracciolo, e dal Canonico Crisci per un'altr'acqua serotina
in Seminario a beneficio delle tante piante, che lo desiderano. Se ne consolò
Alfonso, e ne gradì l'invito, sentendo, che tutto giorno germogliar vedeasi in
quel sacro luogo sempre più la pietà, e la divozione.
Mi attesta il Sacerdote D. Saverio Ruopoli, che facendosi in Cappella
l'esposizione del Venerabile, i pianti, e i sospiri de' serventi Seminaristi,
erano tali che si udivano nel cortile; e se da Confessori non mettevasi freno
al loro fervore, avrebbero dato in eccesso nella mortificazione di se stessi, e
nella penitenza.
Non vi furono prediche di spavento. La Gioventù avea bisogno di freno, e non di
sprone. Si distese Alfonso soprattutto
sull'amore, che si dee a Gesù Cristo, e sopra le grazie, che si ricevono
frequentandosi la Comunione: così sopra l'amore, che la Vergine ci porta, e
come benefica i suoi divoti. Figli miei, lor disse, l'ultima sera, siate
perseveranti in amare Gesù Cristo, e Maria Santissima: così sarete esenti dal
peccato, vivrete contenti, e vi farete dotti, e santi. Fuggite non però, come
la peste, le occasioni di peccato, perchè Gesù Cristo, e la Madonna non
favoriscono i temerari.
Erano restati così
presi per Alfonso i Signori Amalfitani, per la precedente Missione, che di
nuovo in quest'anno lo vollero per la Novena a Maria Assunta. Vi fu; e non fu
poco il profitto, che vi fece. Anche qui venne favorito dalla Vergine con un
segno tutto speciale.
Una sera tra le altre, avendo detto in fine
della Predica, che mentre egli pregava Maria Santissima per tutti, anche essi
avessero chiesto una grazia per lui orando, si vide da tutti, non altrimenti,
che in Foggia, ed in S. Giorgio, un raggio come di Sole, che uscendo dal volto
della statua di Maria Santissima, andava a terminare in faccia ad Alfonso; ed
egli quasi due palmi elevato sopra la cattedra, ma tutto fuoco nel volto, che
sembrava non uomo, ma Serafino. Tanto mi attestano il Canonico Casabona, il
Sacerdote D. Pietro de Luca, e tanti altri, - 285 -
che vi erano presenti. Questo favore confirmò
maggiormente nel Popolo l'alta idea che si aveva della di lui Santità.
Se i Nostri nelle
Calabrie si affaticavano con la voce, Alfonso in Nocera operava colla voce, e
colla penna. Tra questo tempo restrinse in un Opera, che chiamò Apparecchio alla Morte, le massime più
importanti di nostra santa Religione. Con quest'Opera si può dire, tanto fu lo
spaccio che si ebbe dappertutto, che ei fece una general Missione nel Regno, ed
altrove. Questo libro, quì in Napoli, disse il Signor Alasia, uno de' Padri
della Missione, ha fatto, e fa delle strepitose conversioni.
Volendo invogliare le
anime, e far comprendere il gran Mistero dell'Incarnazione, sussecutivamente
donò al pubblico nove sermoni colle meditazioni a parte per l'Avvento, e per la
Novena di Natale. Così una particolar novena in onore del Sacro Cuore di Gesù,
ed un settenario pel glorioso S. Giuseppe. Furono così applaudite queste
operette, che per ogni dove si viddero sparse colle stampe di Venezia, e di
Bassano.
Persona vi fu che
impugnò la dissertazione, che egli avea fatto sopra l'abuso di maledire i
Morti, condannandolo di colpa mortale, Egli pubblicò una dotta lettera
apologetica su questo particolare. Dice aver fatto esaminare il punto
specialmente da tutte le Congregazioni de' Missionarj di Napoli, che fanno
legge in materia morale, e che tutti erano stati concordemente del suo
sentimento: che anche in Roma era stata esaminata questa sua dottrina per
ordine del Papa Benedetto XIV, e che il Papa istesso erasi spiegato esser anche
egli del suo medesimo sentimento. Vedendomi persuaso in contrario, non avrò
difficoltà, ei dice, ritrattarmi con altra scrittura publica, come non ho
ripugnato di farlo in altre mie opinioni.
Contemporaneamente nel
Giugno del 1758, dopo mesi sette impiegati nei loro Apostolici disimpegni,
ritornarono i nostri dalle Calabrie. Non è credibile quale, e quanta
consolazione sperimentò Alfonso in vederli tutti sani, e carichi di varie prede
fatte all'Inferno.
Erano stati consolati a
prima giunta colle S. Missioni, Vigianello, Ossomarzo, Cepollino, Verbicaro, e
S. Domenica. In Quaresima essendosi ripassati colle rinovazioni di spirito i
medesimi luoghi, si erano fatte le Missioni in Saraceno, in Cività, S. Basile,
Lungro, e Fermo tutti Albanesi di Rito Greco. Nell'Aprile, volendosi compiacere
il Principe della Rocca, erano stati in Cutri, Policastro, Cotronei, e Rocca
Bernardo, feudi del Principe nella Calabria Ultra, ed essendosi fatte anche in
questi luoghi le rinnovazioni di spirito, si era passato nella terra di S. Gio:
in Fiore, commenda del Figlio del Principe in Diocesi di Cosenza.
Consolavasi Alfonso in
sentir spezzato il pane Evangelico a tante popolazioni, maggiormente perchè
affamate, e con piacere ricevuto.
In Saraceno essendo
stato pregato da Reggimentarj il Predicatore Quaresimalista, - 286 -
e non volendo accordare
di predicar egli la mattina, e i Padri di sera, il Popolo tolse la scala dal
Pulpito, e così l'indussero a convenire.
In tanti luoghi, le donne specialmente, si nascondevano di notte dietro i
confessionali, e negli angoli delle Chiese, per esser le prime di mattina a
potersi confessare. Tante giunsero a stare due giorni digiune, o portavansi con
se un tozzo di pane.
In Policastro accadde
un caso, ma troppo lugubre. Essendosi ritrovata di notte dal Camerlengo una
donna con due drudi in casa, tutti e tre furono carcerati. Sapendosi dai Padri
questo scandalo, erano sul punto di partire. Questa mossa afflisse tutto il
Popolo, e lacrimevoli, compromettendosi voler dar riparo allo scandalo, si
presentarono ai Padri il Clero, i Gentiluomini, ed il Governatore. I due Uomini
confusi, e pentiti, ma carichi di funi, e con corone di spine in testa vennero
portati, accompagnati da' Preti, e dal Popolo, disciplinandosi, e cercando
scusa per tutto il paese.
Questo spettacolo
infervorò la Missione. Anche la donna fece in Chiesa atti tali, che
autenticarono una vera conversione. Quanto si volle, tanto si ottenne dai
Signori Policastresi. Erano stati danneggiate da alcune persone, in quattro
mila e più ducati, varj Preti, e Gentiluomini: tutti generosamente nella sera
della Predica della pace condonarono l'offesa, e rilasciarono il danno
ricevuto. Un solo, ed era fondachiere, rilasciò ducati cinquecento.
Esuberante fu il frutto
in tutte queste Missioni. Offese rimesse, e strepitose: restituzioni non
leggiere; scandali gravi detestati; Baroni, ed Università pacificate. Oltre di
questo riconciliati si videro colla Chiesa, e con G. C. tanti pubblici
miscredenti anche tra Preti, che rimessi, si resero a tutti di edificazione.
Se la Corte non fosse stata restia, le Calabrie
ripiene si vedrebbero delle nostre Case. In Normanno, che non fecero per farci stabilire
nel soppresso Convento de' Coloriti. Quei di Cutri, e Policastro destinarono
persona in Napoli per ottenersi il Reale beneplacito. Il Principe della Rocca
nè fu così invogliato, che contentavasi dimezzare la rendita della Comenda del
Figlio, per vederci stabiliti in S. Giovanni in Fiore.
|