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Cap. 46
Richiesta fatta ad Alfonso dalla Congregazione di
Propaganda per le Missioni dell'Asia; fondazione in Sicilia; e riforma
intrapresa nel Real Orfanatrofio di Gaeta
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L'anno cinquattottesimo
di questo secolo fu per Alfonso una catena di non ordinarie consolazioni.
Varj Popolo nell'Asia
di Setta Nesteriana, avendo aperti gli occhi alla verità, esposero al S. Padre
Clemente XIII - 287 -
, volersi unire alla Chiesa Romana, ed essere
istruiti nella Fede Cattolica.
Persuasi gli
Eminentiss. Porporati di Propaganda dello zelo di Alfonso, e de' valenti
Missionarj, che aveva, li fecero presente questo bisogno, e lo richiesero de'
suoi Alunni.
Se ne compiacque Alfonso;
ed in data de' I8 Luglio del medesimo anno, così scrisse a tutte le Case:
"Ecco già aperto,
PP. e Fratelli in Gesù Cristo, un vasto campo, ove la messe si fa vedere già
pronta, e non aspetta che zelanti Operarj per esser recisa. Io vi presento
quella povera gente da una parte cogli occhi bagnati di lagrime in atto
supplichevole alzar le voci al Celeste Padrone, che si degni mandarceli, e
dall'altra colle braccia aperte verso le RR. VV. che vi pregano sgombrarli da
quella ignoranza, in cui con perdita tanto considerabile vivono da più di
mille, e trecento anni.
Non vogliono ricorrere
a' loro Maestri per timor di restar ingannati, ma si portano alle RR. VV., che
considerano veri Ministri della Divina Sapienza. Vi cercano sol quanto gli
basta per ricoverarsi nel seno della S. Chiesa. Cose che agli altri con
tant'abbondanza donate, e di cui essi vivono in una estrema penuria.
Vi supplicano non istimar meno le Anime loro di quelle de' nostri, giacchè il
Creatore è stato lo stesso, la sostanza è la medesima, e non men noi ch'essi
debbon aver parte nel Sangue di Gesù Cristo; anzichè una certa specie di
giustizia deve spignerci a portar a quei Paesi la luce della verità, poichè di
là a noi venne. Se vi spaventa il viaggio, vi promettono un amorosa
accoglienza: se vi atterriscono gl'incomodi, v'assicurano d'una doviziosa
raccolta: se vi sgomentano gli stenti, v'accertano una eterna ricompensa; e
perchè PP. e FF. miei non soccorrergli?
Son certo che più d'uno mi esporrà i suoi desiderj, per non farsi cader quella corona,
che il Signore li mette nelle mani, e di cui desidero veder tutti fregiati
nella Patria Celeste ecc.
Fu questa tal richiesta
di consolazione non solo ad Alfonso, ma sì bene a tutti li Congregati. In
sentirsi per le Case un tale desiderio de' poveri Nestoriani, e la premura, che
dimostravano de' Nostri gli Eminentiss. di Propaganda, non vi fu soggetto, che
non si offerì a partire, e di voler dare la vita per Gesù Cristo.
Oltre tanti altri Sacerdoti, si esibì con particolar voto il P. D. Carmine Fiocchi
uno de' nostri più insigni Operarj, già morto in odore di santità. I giovani
anch'essi in numero di trenta, e più fecero eco ai Padri, dichiarandosi pronti
ognuno a voler partire; anzi tanti, rigarono le lettere col proprio sangue.
Sommo fu il compiacimento
di Alfonso, vedendo tanto zelo, specialmente ne' giovani. Volendo sperimentare
la costanza, e frenare con prudenza un tanto fervore, così rescrisse ai
medesimi nel giorno decimosettimo di Luglio: Fratelli miei, mi son consolato
nel ricevere - 288 -
le
vostre lettere, e non pensate, che io finga. Io ho tutto il desiderio di veder
andare più giovani de' nostri agl'Infedeli, e dar la vita per Gesù Cristo; ma
bisogna, che mi assicuri dello spirito, e della perseveranza di ciascuno.
Perciò vi prego
attendere allo studio (perchè si hanno da terminare gli studj), mentre prima di
andare, dovete essere esaminati in Roma. Ma prima di tutto vi prego di unirvi
con Gesù Cristo. Chi non va agl'Infedeli ben provveduto di amore a Gesù Cristo,
e di desiderio di patire, sta in pericolo di perdere l'Anima, e la Fede. Chi
poi persevera in questo desiderio, è di bene, che ogni tanto, cioè ogni nove, o
dieci mesi mi rinnovi la richiesta.
Frattanto stringetevi
con Gesù Cristo, e pregatelo ogni giorno, che vi faccia degni di questa grazia.
Così Alfonso ai nostri Giovani studenti. Come, e perchè poi non fu effettuata
questa tale spedizione, non mi è noto.
Occasione diede ad
Alfonso questo fervore de' Giovani per insinuare, particolarmente a Padri
anziani, maggior fervore nell'osservanza, e per riscuotere più esattezza nel
ubbidire.
"Raccomando Padri miei, così scrisse per
le case, specialmente a voi la santa ubbidienza, non tanto a me, quanto a
Superiori locali, e delle Missioni. Si tratta, che ora i Superiori hanno da
ripetere mille volte una cosa, per esser ubbiditi; e poi alcuni ancora, son
tante le scuse, e le repliche, che portano, che finalmente i Superiori sono
obbligati per non disturbarli, ad esimerli dall'ubbidienza.
Raccomando dunque soprattutto a Padri di obbedire specialmente nelle Missioni a
qualunque soggetto, che sta in luogo di Superiore. Al presente abbiamo tanti
Giovani di gran talento e spirito, che possono fare una gran riuscita.
Saranno da venticinque, che mi hanno dimandato di andare agli infedeli, ma di
cuore, e con un fervore sì grande, che mi ha consolato. Ma se questi uscendo
poi ad operare seguiranno a vedere le repliche, le scuse, le ripugnanze de'
vecchi all'ubbidienza de' Superiori, anch'essi faranno lo stesso, e così come
potrà più avanti la Congregazione?
Non era mai soddisfatto
Alfonso, e ricercava sempre maggior perfezione come quei creditori esatti, che
esigono, e ripetono sempre più da debitori. Questa virtù dell'ubbidienza eragli
estremamente a cuore; ma benchè fiorisse tra Congregati, e si adorassero i
cenni de' Superiori, egli replicava sempre lo stesso, per non vederla decaduta,
e per vederla maggiormente perfezionata.
L'anno susseguente non
fu per Alfonso di minor consolazione. Monsig. Lucchese Vescovo di Girgenti in Sicilia,
preintendendo in gran bene, che l'Opera di Alfonso promuoveva ne' Popoli, li fe
richiesta de' suoi Missionarj.
Siamo tenuti per tal
richiesta alla furberia di un Galantuomo Napoletano - 289 -
. Questi
facendo abuso del venerato Alfonso, scrisse in nome di lui a molti Vescovi di
Sicilia, ed anche in altri luoghi, chiedendo sussidio per le opere di pietà,
che aveva per le mani. Tutti per la somma stima, in che si aveva Alfonso, li
corrisposero con grosse somme di danaro.
Ancorchè sollecito fosse
il buon Galantuomo in prendere le lettere alla Posta, una volta però (e
disposelo la Provvidenza) fu prevenuto dal nostro Fratello Francesco
Tartaglione, che assisteva in Napoli al disbrigo de' comuni affari. Apre
Alfonso la lettera in Nocera; e ritrova con istupore, che Monsig. Lucchese
incaricato aveva il suo Agente, per somministrargli docati venti. Ringraziò
Alfonso Monsig. Lucchese della cortese esibizione, e fecelo carico che non
esso, ma un qualche marioncello avevalo cercato in suo nome. Più cortese li
rispose Monsignore: volle, che ricevuto si avesse il contante, ed impiegato a
sua disposizione.
Tempo innanzi Monsig.
Lucchese, essendo Vicario delle Monache in Palermo, aveva avuta notizia da
Monsig. Martinez, Vicario di Monsig. Cusani, e di poi Vescovo di Avellino,
della nuova Congregazione fondata da Alfonso. Eletto Vescovo di Girgenti, e
passando per Napoli lo volle conoscere. Si compiacque dell'Opera, e se restò
invogliato, per averla in Diocesi, attraversandosi alcuni intrighi, nol pose in
effetto.
Rinnovata la memoria
con questo incidente, non solo offerì ad Alfonso una rendita conveniente, ma
anche un Collegio bello, e fatto. Non fu alieno Alfonso dal compiacerlo; ed
essendosi convenuto per la sussistenza de' Missionarj, sospese l'esecuzione per
aversi il contesto anche dal Principe.
Un'opera segnalata per
mezzo de' suoi, tra questo tempo, anche s'intraprese da Alfonso.
Nella Città di Gaeta
vedevasi ridotto in uno stato assai miserabile il Reale Conservatorio delle
figlie esposte, dipendente da quello dell'Annunziata di Napoli, e col temporale
ci andava di sotto anche l'eterno. Le figlie così mal guidate non erano meno di
quattrocento. Affidandosi le piccinine alla cura delle grandi, ognuna di
queste, chiamata maestra, avevane sotto di se le dieci, e dodeci.
Benchè veniva somministrato da Napoli e vitto, le Maestre, o per dir meglio, le
tante tigri, così chiamate, ritenevano tutto per se, e non somministravano a
quelle poverine, che troppo scarso un tozzo di pane. Così approfittavansi del vestito.
Vedevansi le figlie talmente nude, e cenciose, che ci pativa estremamente la
pudicizia; ma così cariche di
animaletti, e di croste sulla testa, che guardar non si potevano senza che lo
stomaco non si sconvolgesse. Non vi erano letti; ed il riposo di ognuna non
era, che un poco di paglia sul pavimento, ma infracidita, e puzzolente.
Col corpo ci pativa
anche l'anima. Mancavano li primi - 290 -
rudimenti cristiani: idea di onestà non vedevasi tra tutte; ed essendo il
luogo aperto ad ognuno, non vi era nè rossore, nè vergogna. Le parolacce erano
comuni; vi regnavano le bestemmie; nè sapevasi, anche dalle più vecchie, cosa
fosse confessione.
Tutto era miseria, e peccato. In buon senso il pio luogo, se era un porcile per
il corpo, era un inferno per le anime.
Più volte eransi
impiegati per darvi del riparo, ma inutilmente, varj zelanti Operari. Vedendo
disperato il caso il Presidente d'Anna, e l'Avvocato Mirra, ne resero informato
il Re Carlo. Restò commosso il savio Principe in vista di un tanto male. Ben
sapendo il zelo di Alfonso, ed il fare de' suoi Missionarj, volle che Alfonso
se ne incaricasse, e che disponesse con tutta autorità a suo arbitrio il
bisognevole. Anche Alfonso pianse in sentirne lo stato. Abbracciò l'opera; e
fatto il piano, destinò in Gaeta li soggetti più ragguardevoli in santità, e
prudenza, cioè i PP. Mazzini, Fiocchi, e Gaiano.
Si diede riparo, per
prima, all'onestà delle figliuole, vestendole da capo a piede. Si pulirono
dalle scabie, e da altre lordure, e si ebbero da Napoli pagliacci, e lettiere
per farle riposare. Porte, e finestre, che pregiudicar poteano l'onestà, si
chiusero, ed altre se ne aprirono giusta il bisogno; nè si stentò poco per
igravar il pio luogo dalle tante immondezze.
Scabrosa fu l'opera, e
più scabrosa, perchè l'anziane prevedendo il proprio discapito, apprender
fecero i Missionarj alle figliuole altrettanti tiranni. Come si risolvette
somministrarsi il vitto a tutte in comune, e stabilirvi il Refettorio, con
togliersi alle Maestre il dipartimento de' cibarj, vi fu rivolta tra tutte. Le
anziane, perchè perdevano li giornalieri provecci, e le figliuole non capendone
il vantaggio; Non vogliamo il calderone, gridavano
tutte da disperate. Mutarono bensì linguaggio, vedendosi i Padri far da cuochi,
e da serventi a tavola, ed esse ben trattate, e con vitto sovrabbondante.
Si diede forma al pio
luogo di regolato Conservatorio. Due volte il giorno si fissò in comune
l'Orazione mentale, la visita al Sacramento, ed il Rosario a Maria Santissima,
e si fece l'orario giornaliero così per il lavoro, che per gli Esercizj di
pietà. Anche le più vecchie si dovettero istruire nè Misteri più necessarj.
Essendosi dati gli
Santi Esercizj, sgravò ognuna la propria coscienza, e si stabilirono per ogni
anno. Varj cordati Sacerdoti si destinarono per assisterci giornalmente, e per
dare al pio luogo un sesto costante, si fecero venire dal Conservatorio di S.
Vincenzo di Napoli, quattro di quelle savie donne, per regolare le figliuole
nello spirito, e nella fatica.
Non fu questo un giuoco
di mesi, ma di anni; ed Alfonso far dovea ritornare i suoi, e trattenervicisi i
cinque, e sei mesi per volta. - 291 -
Il pio luogo da inferno, che era, addivenne un patente paradiso. Tra poco
tempo vi si viddero anime di orazione, e di special mortificazione: prese piede
il silenzio, e il raccoglimento: frequentata la santa Comunione; e poste in
pratica tra quelle Vergini, con consolazione di Alfonso, e soddisfazione somma
del Re Carlo le virtù Cristiane.
Non è che questa sia la
sola opera, che Alfonso intraprese, o per se, o per mezzo de' suoi; ve ne sono
molte, e segnalate. Comunità di Religiosi si viddero riformate, e Monasteri di
Monache, o Conservatorj santificati. Molti Seminarj, che vedevansi dissipati,
rifiorir si viddero nello spirito, e nelle lettere. Così centinaja di
Popolazioni pacificate tra di se, o con i proprj Baroni.
Avendo io di mira la brevità, tralascio queste opere
per dar luogo a chi farà per impinguare maggiormente la storia della di lui
vita.
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