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Cap.47
Ultima Missione di Alfonso nella Città di Nola, ed
altre sue Opere date alle stampe.
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Non una ma più volte
Alfonso era stato nella Città di Nola. Monsig. Caracciolo, che tanto lo stimava,
non mancava approfittarsi delle sue fatiche. "Troppo è tenuta questa
Città, così il Canonico Crisci, ai sudori del P. D. Alfonso. Posso dire, che la
grazia di Dio ha operato sempre per suo mezzo de' prodigi, ed in quantità.
Restava il Popolo compunto, specialmente i Gentiluomini, sì per quello che si
udiva, che per quello si vedeva. La sua vita povera, e trapazzata era per
ognuno, massime per il Clero, e per la Nobiltà una censura troppo efficace. La
sua voce, la sua dottrina Apostolica, schietta, e senza stato penetrava i cuori
di tutti, nè vi era persona, che approfittar non si potesse del suo esempio, e
della sua parola.
Godette Nola per
l'ultima volta delle fatiche di Alfonso nel Novembre del 1759.
Vivendo in Città, da molto tempo, con scandalo comune in pubblico concubinato
uno de' primi Officiali Militari, e non potendo darci del riparo il Parroco D.
Felice Zambarelli, nè Monsig. Vescovo, si pensò, per ultimo espediente,
chiamarvi Alfonso colla S. Missione. Credeva Mons. Caracciolo, tale era l'idea
che avea di sua santità, che col solo vedersi in Città, ognuno si sarebbe
rimesso.
Essendosi Alfonso portato unito coi suoi per chiedere la benedizione, gara di
umiltà ci fu tra Lui, e Monsignore. Cercandogli Alfonso la benedizione, e
volendogli baciare la mano, Monsignore si slanciò egli il primo per baciarla a
Lui. Il conflitto fu grazioso. La vinse Monsignore con confusione di Alfonso,
afferrandogli la mano, e baciandocela per forza. "Voi, disse, dovete
benedire a me, non io a Voi.
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Mi attesta il medesimo
Zambarelli, di presente Canonico Cantore di quella Cattedrale, che troppo
strutto vedevasi Alfonso, e defatigato. Non corrispondendo la voce alla
grandezza del Duomo, costretto si vide surrogare per pochi giorni il P.
Amarante, ed egli, benchè così sfinito, diede in un luogo ristretto gli
Esercizj ai Nobili, e Militari. Troppo grande, mi dice, che fu il frutto, che
questi ne ricavarono. Essendoci
intervenuto, mosso da umano rispetto, il consaputo Officiale si compunse
anch'egli, nè ad altri volle confessarsi, che ad Alfonso. Fu tale il di Lui
ravvedimento, che addivenne in poi l'edificazione di tutta Nola: così ognuno
de' Gentil'uomini si vide rimesso ne' suoi doveri, come Cristiano, e come
Cittadino.
E' anche viva in Nola
la memoria di questa Missione. Generale in tutto il Popolo si vide la frequenza
de' Sacramenti; affollate le Chiese, e depopolate le taverne; nè ci era ora del
giorno, che non vedevasi folla di ogni ceto a venerare Gesù Sacramentato. Dura
per anche in Città la divozione del suono di tutte le Campane il giovedì la
sera ad un'ora di notte, cacciandosi i lumi alle finestre, e ringraziandosi
Gesù Cristo di questo gran dono a noi fatto della Santa Eucarestia.
Maggior piede prese la divozione verso Maria Santissima. Trionfò dappertutto la
Castità. Tante prostitute, o furono abbandonate da drudi, o questi, essendosi
tante di quelle ravvedute, furono abborriti, e discacciati. Certe visite
scandalose, che col pretesto di urbanità, erano frequentate con scandalo del
pubblico, si videro dimesse; un numero esorbitante di donzelle si dichiarò, e
furono costanti, anche per la vita celibe, detestando lo stato opposto.
Tutto fu riforma in
Città; e Monsig. Vescovo non finiva di piangere, ringraziando Iddio di tante
grazie, e così abbondanti sopra del suo Popolo.
Avendo di mira il bene
universale dell'anime, anche tra questo tempo diede alle stampe varie opere di
gloria di Dio, in salute del prossimo. Troppo ristretta conosceva la sfera del
suo zelo ne' soli luoghi, ove operava. In senso suo, non potendo distender la
voce ne' più lontani angoli della terra, supplir voleva con la penna, ove
predicando, giunger non potea.
Persuaso che tutto il
nostro bene, non altronde dipende, in ordine alla salute eterna, che dall'unico
mezzo della preghiera, non già insinuato, ma comandato da Gesù Cristo; e
considerando come questo gran mezzo venga dalla maggior parte de' fedeli, o non
curato, o almeno con isvogliatezza praticato, diede fuori, tra questo tempo,
l'aurea opera, che anche chiamò il Gran
mezzo della Preghiera.
E' divisa quest'Opera
in due parti. Nella prima tratta della necessità, valore, e condizioni della
preghiera. Nella seconda dimostra, che la grazia di pregare è data a tutti; e
qui tratta del modo ordinario, - 293 -
col quale la grazia opera ne' nostri cuori. Questo libro si può dire esser
un succo della più sana teologia, e tale, che fu conosciuto come capo d'opera
in questo genere dai più savj Teologi in Napoli, ed in Roma. L'Abbate D.
Antonio Genovese anch'egli ne fa tutto il conto, e ne propone utilissima la
lettura nella prima delle sue Lettere Filosofiche. Così tanti altri, che ne
conobbero il merito.
Dedica quest'opera a
Gesù Cristo, ed a Maria Santissima. "Io vi consacro questo mio libretto,
beneditelo Voi, dice a Gesù Cristo, e fate che tutti quelli, che l'avranno
nelle mani, s'invogliano a sempre pregare, e s'adoprino ad infiammare gli
altri, acciocchè s'avvalghino di questo gran mezzo di salute. Ed a Maria
Santissima, Voi proteggetelo, con ottenere a tutti lo spirito di pregare, col
ricorrere sempre in tutt'i bisogni al vostro Figlio, ed a Voi, che siete la
dispensiera delle grazie.
Agonizzava tra questi
ultimi anni Alfonso, vedendo lo spaccio, che il Regno si faceva di tanti libri
pestiferi, che corrumpevano il costume, e la Religione: maggiormente, che
vedevansi senza scrupolo, tra le mani di giovanetti, e di altre persone men
caute.
Oltre le varie
suppliche, che per darsi bando a questi libri, aveva più volte umiliate ai due
Marchesi Segretarj di Stato Brancone, e Tanucci, diede fuori una dotta
dissertazione: De justa prohibitione, et
abolitione librorum nocuae lectionis. In questa dimostra la necessità della
proibizione di questi libri cattivi; e che la Chiesa sin dal suo nascere fu
sempre sollecita in proibirli, ed abolirli. Risponde alle objezioni, ma troppo
frivole degli avversarj, che impugnano nel Papa una tale autorità.
Il P. Maestro Sacco Domenicano, regio revisore in quel tempo, facendo l'elogio
di questo libro, si sbriga con chiamarlo:
eximium Opus.
Quest'Opera produsse in
parte l'effetto desiderato, ma maggiormente essendo Alfonso già Vescovo.
Composto aveva una
simile opera, per lo medesimo motivo, il Nunzio Gualtieri. Vedendosi negata la
stampa, risentissi col Marchese Tanucci, negandosi a lui, ciò ch'erasi permesso
a Monsignor Liguori.
Ebbe a male il Marchese
sentir publicata una tal opera; e nell'istante spediti si videro, in cerca del
libro, per li librai varj alabardieri. Dispiacendo la materia, spuntò subito lo
sfratto al P. M. Sacco regio revisore, e la galea a Giuseppe di Domenico, che
aveala stampata.
Afflisse non poco
Alfonso questa notizia. Avendo rappresentato al medesimo Marchese, ed a quei
della Reggenza dell'Infante D. Ferdinando, non aver stampata l'Opera, per offender
il Principe, ma per ovviare ai due gran mali cioè delle Anime, e dello stato, e
che avendosi vana la proibizione della Chiesa, si leggevano da tutti senza
scrupolo i libri più velenosi.
Acqua fu questa, che
smorzò il fuoco, e ne ritrasse Iddio una maggior gloria. Vociferato
l'incidente, il libro che prima, - 294 -
o non sapevasi, o non curavasi, venne con anzia ricercato: avanzò di
prezzo; e mancando le copie, in due notti fu di soppiatto ristampato.
Così Alfonso ebbe
l'intento di quel bene, che desiderava, e che con pienezza non ancora avea
ottenuto.
Defatigato che fosse,
ed oppresso Alfonso da varj acciacchi, essendo stato chiamato in Napoli, non
mancò portarvisi nella Quaresima dell'entrante anno 1760. Quanto più vedevali
avanzato in età, tanto maggiormente veniva desiderato, volendo ognuno godere
gli ultimi effetti del suo zelo.
Consolò coi santi
Esercizj due rispettabili Congregazioni, come rilevo da una sua al P. de
Matteis Provinciale de' Gesuiti. Similmente li diede ancora a varj Monasterj di
sante Vergini; e tra gli altri a quello di S. Andrea, e della Maddalena. Il di
più che operò, non essendoci a memoria, lo sapremo nell'eternità beata.
Avendo in veduta da
molto tempo la santificazione delle Vergini consacrate a Gesù Cristo nel
recinto de' Monasteri, diede fuori anche in questo tempo un'Opera in loro
profitto, che chiamò: La vera Sposa di
Gesù Cristo. Opera utile non solo per le Religiose, ma anche per li secolari,
trattando della pratica delle virtù Cristiane, analoghe ad ogni stato di
persone.
Volendo imprimere
sempre più ne' cuori de' Fedeli la passione di Gesù Cristo, ed affezionarli a
meditarla, pubblicò un'altra operetta, che intitola: Riflessioni, ed affetti divoti sopra la Passione di Gesù Cristo,
esposta semplicemente secondo la descrivono li sacri Evangelisti. "Le
Piaghe di Gesù Cristo, ei dice, sono Piaghe, che impiagano i Cuori più duri, ed
infiammano le anime più gelate.
Avendo di mira la santificazione del Clero, e volendo
per mezzo di questo promuovere dappertutto la santificazione delle Anime, diede
fuori anche in questo tempo, una selva di materie predicabili, estratta dalla
Scrittura, da' Canoni, e da' Padri, per darsi agli Ecclesiastici gli santi
Esercizj, e per istruirsi questi nel ministero delle Missioni.
Nella prima parte di quest'opera tratta della dignità del Sacerdote, del suo
fine, e santità; della gravezza, e castigo del suo peccato; ed il danno, che
risulta dalla sua tepidezza: parla del peccato d'incontinenza, della Messa
sacrilega, e della gravezza del di lui scandalo.
La seconda contiene varie istruzioni attenenti allo stato Sacerdotale,
specialmente circa l'obbligo della predicazione, ed amministrazione del
Sacramento della Penitenza, e sminuzza varie virtù spettanti al medesimo stato.
Finalmente la terza parte contiene le regole più principali dell'eloquenza
popolare, per poter essi disimpegnare con profitto tutti gli esercizj
predicabili nelle Missioni.
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