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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO II
    • Cap.53 Stretti doveri, che Alfonso esiggeva da suoi Missionarj.
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Cap.53

Stretti doveri, che Alfonso esiggeva da suoi Missionarj.

 


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"Il nostro impiego, diceva Alfonso, è quell'istesso che esercitò Gesù Cristo, e dopo lui i SS. Apostoli. Chi non ha lo spirito di Gesù Cristo, e lo zelo de' SS. Apostoli, non è atto per questo ministero.


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Caratteristica de' suoi voleva sopratutto l'Umiltà. "Quest'è quella virtù, ripeteva, che ci rende rispettabili tra i Popoli: questa guadagna, e tira a se i peccatori, altieri che fossero, e superbi; e questa è quella virtù, che ci fa disporre di essi checche vogliamo. Mancata l'Umiltà nel Missionario, manca tutto; e non so, se sia più il male che farà, o il bene che pretende. Come Iddio ci vuol concorrere se egli medesimo li resiste? "Umiltà somma, e somma subordinazione raccomandava co' Vescovi, e Parochi, anzi maggiormente coi Parrochi, perchè più immediati.
Non è possibile, disse un giorno, che voglia Iddio benedire le nostre Missioni, se manca rispetto, ed Umiltà co' Capi delle Chiese, e non v'è tutta la dipendenza dai medesimi "Avendo saputo essersi portato uno de nostri con poca sommissione con un Vescovo, non mancò subito penitenziarlo, con imporgli di presentarsi al Vescovo, ed esibirsi a qualunque sodisfazione. Umiltà voleva ancora, che praticata si fosse, anche coi villani i più meschini, e che per istrada salutato avessero ognuno, e per tutti dimostrato del rispetto.

 

Aria di fasto con carozzini, e galessi, andandosi in Missione, abborrivalo estremamente. "Chi è chiamato all'Apostolato, diceva ai suoi, non deve dipartirsi dall'umile condotta degli Apostoli". Voleva che in Missione si andasse alla povera, cioè a piede, o al più a cavallo; ne permetteva il calesso, se non ne casi indispensabili, e di pura necessità. "Fa più breccia, egli diceva, questa predica muta, che cento prediche ben studiate".

 

Umiltà scambievole esiggeva tra medesimi soggetti; molto più con chiunque preseduto avesse. Voleva, che d'ogni superiore adorati si fossero i pensieri, e con prontezza ubbidito. Ogni mancanza per Alfonso era condonabile ma non questa. Trovandosi durezza in taluno, voleva, che rimandato si fosse in casa. Ammetteva, che si esponesse qualche difficoltà non preveduta, ma in modo di esposto, non di resistenza.
Replicavalo spesso, e non finiva ripeterlo: "Se in Missione manca l'ubbidienza, manca tutto, perchè tutto risulta disordine, confusione, e disturbo. Una nave, soleva anche dire, guidata da più piloti non può evitare il naufragio, o non farà, che un viaggio molto infelice.

 

Non volle superiorità per anzianità in Missione, in casa, e che dai Rettori nelle occorrenze a loro arbitrio si fosse fatto presedere chiunque, ancorchè ultimo tra soggetti.

Nella Missione di Sava aveva destinato Superiore il P. de Rubertis: essendoci andato da Ciorani un'altro Padre, perchè più anziano di Congregazione, regolò questi la Missione. Avendolo saputo Alfonso, fe scrivergli dal P. Ferrara, che non voleva quest'abuso, ne queste prerogative in Congregazione, e che


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in avvenire non si avesse più preso si fatta libertà. In senso suo quest'anzianità stimavasi per il massimo de disordini. "Taluni, diceva, non sono buoni per superiori neppure per un'ora.

 

Esiggeva ne suoi Congregati disposizioni, ma non presunzione, per il Ministero. Bastava mettersi innanzi per non esser più curato. Si lagnò una volta un soggetto, che da più tempo non era stato impiegato nell'atto grande della sera. Altro non vi volle, per non servirsene più per la predica. Si vide questi così confuso, che disperando di più vedersi sulla cattedra, abbandonò la Congregazione. Ma siccome umiliava, e metteva in dietro i presuntuosi, così animava, e dava del coraggio a certi spiriti diffidenti, ed angustiati.

 

Altra caratteristica ricercata da Alfonso ne' suoi Missionarj era lo spirito di mortificazione, e di amore ai patimenti. "Se il Missionario, diceva, non odia se stesso, e non ama i patimenti, non è atto per quest'impiego. Esiggeva sopratutto mortificazione, e parsimonia nel vitto.

Altro non stabilì, che minestra, ed allesso, e, come in casa, sei a rotolo, con frutta, e formaggio. Severamente proibì farsi uso di selvaggina, polli, o altre carni delicate; anzi l'economo servir dovevasi della carne più ordinaria del paese. Così proibì ancora, benchè regalati, lavori di pasta, pizze, piatti delicati, ed ogni sorta di dolci.

Perchè ne' primi tempi non aveva soggetti sufficienti per le Missioni, servivasi in ajuto di varj Sacerdoti zelanti, animati da esso a seguirlo. Anche questi dovevansi soggettare alla medesima legge. Avendo avuto regalato il P. Villani, che presedeva nella Missione di Sangiorgio, una pizza rustica da una Monaca sua parente, non ebbe difficoltà dispartirla a questi. Alfonso, avendolo saputo, acremente lo corresse, e mortificollo ancora.

Ancorchè si dimostrasse in casa di qualche particolare, anche esiggeva a rigore la medesima osservanza. "I secolari, non v'ha dubbio, egli diceva, che insistono, e pregano, anzi si accigliano se si resiste; ma siccome si edificano, tenendosi piede: così restano ammirati, se si cede, e condiscende. Questa è una gran predica nelle Missioni, perchè i secolari badano più a quello che si fa, che a quello si dice; e sopratutto si bada al trattamento che i Missionarj fanno di se stessi.
Solo permetteva, e facevalo per la venerazione, che aveva a Vescovi, che una sol volta, in tutto il tempo della Missione, invitati da questi a mensa, si accettasse l'invito. Così in seguito permise per qualche Principe di sommo riguardo.

 

Nel vitto non dovevaci essere parzialità con veruno. Ogn'ombra di delicatezza, massime per chi predicava di sera, avevala in orrore, e maggiormente con chiunque.
Nella Missione di Salerno, il formaggio che si dava a tavola, perchè non stagionato, era sieroso, ed acido. Avendosi presa la libertà il P. D. Giovanni Rizzi, uomo avanzato in


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età, e di quel merito, che si , dire al fratello laico, che assortita se li fosse la sua tangente, avvedutosene Alfonso, lo corresse sul punto, e l'ebbe a delitto.

Questo solo fa vedere, quant'era inimico di qualunque parzialità. Vi doveva essere un positivo bisogno, per esser distinto dagli altri. Chi più fatica, diceva, più guadagna, ma non si deve faticare, per esser contraddistinto. Carità, replicava spesso a' superiori delle Missioni, e carità con tutti, ma non parzialità per ragione d'impiego.

 

Insinuava sempre, e l'esiggeva con rigore, che niuno de nostri risentito si fosse per qualunque incomodo, maggiormente per l'abitazione. Comoda, o scomoda che fosse, voleva, che ognuno se ne dimostrasse sodisfatto. Distingueva bensì incomodo da nocumento.

Siccome voleva, che non si badasse all'incomodo; così voleva, che non fosse di nocumento alla salute. "La salute, diceva, è il capitale de Missionarj: se questo manca, il negozio è fallito. Ma di questo voleva, che se ne facesse carico il solo Superiore, e non già i particolari soggetti.

 

Anche in Missione prescrisse, come in casa, ore sette di sonno. Se esiggeva la fatica, così voleva il giusto riposo. Essendosi levato di letto prima del tempo nella Missione di Nola, con incomodo degli altri, il P. Ferrara, non avendo bisogno di troppo sonno, restò corretto e dovette mangiare ginocchioni.

Per l'opposto, non comportava, se taluno, toccato lo sveglio, si fosse restato a letto. "Gesù Cristo, diceva, non sofre gente poltrona, ma vuole persone attive al suo servizio. Aveva a delitto, se taluno in Missione, a motivo di sollievo, uscito fosse a respirare fuori dell'abitato. "Il tempo della Missione, ripetevalo spesso, non è tempo di sollievo, ma di patimento; e chi non si sente questo spirito, meglio è che non esca a fare il Missionario.

 

Ore sette ogni mattina, inclusa la Messa, doveva ognuno assistere nel Confessionale; ed era proibito, qualunque fosse il bisogno, lasciare il proprio stallo, senza il permesso suo, o di chi presedeva.

Quest'impiego del confessare eragli sommamente a cuore, e ne viveva geloso. "Il predicatore semina, dir soleva animando i suoi a quest'impiego, ma il Confessore raccoglie.

Non poteva soffrire se vedevasi taluno svogliato. "Il Confessionale, diceva, e la pietra paragone del vero operario: chi non ama il confessionale, non ama le anime: ivi si applica il sangue di Gesù Cristo, e si mettono in grazia.
Nel confessionale, ripeteva, si fa frutto per se, e per il penitente: non così nel pulpito: se colla predica si fa del bene, un'aura di vanità può far trovare colle mani vuote il predicatore. Non così nel confessionale, in dove manca la vanità, e si fa uso della pazienza.

 

Dovendosi andare in casa di taluni, o per riconciliamenti di pace, o per confessar infermi, o per altra cosa di gloria di Dio, non voleva


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che si andasse di mattina col lasciarsi il confessionale, ma il dopo vespro, e nelle ore disoccupate, e sempre con un testimonio della propria condotta, o con qualche sacerdote, o secolare di stima.

 

Non voleva tra suoi rozzezza, e rusticità di tratto. "Gesù Cristo, diceva Alfonso, piacevole, e manieroso: trattava affabilmente con tutti; ne si legge nella sua vita tratto rozzo, e dispiacevole. Voleva bensì un sostegno edificante, ed apostolico, cosichè esatto si fosse rispetto, e venerazione.

 Odiava non però familiarità, e strettezza di tratto coi secolari: molto meno discorsi impertinenti, e non confacenti al ministero. "I popoli, diceva, ci tengono per santi; ma  familiarizzandoci, conoscono che siamo uomini, e perdendosi il concetto, reddonsi inutili le nostre fatiche.

 

In una sua circolare tra l'altro così si spiega: "Raccomando nelle Missioni, a non diffondersi con quelli del paese. Tutta la cortesia, ma tutta la gravità con quelli; acciocchè appredano, e conservino verso di noi venerazione, come di uomini santi senza difetto, e questo è molto necessario per il loro profitto. Diffondendoci noi a trattare con essi e discorrere di cose non importanti per l'anima, scopriranno essi mille nostri difetti, e mancherà il loro profitto. Questa cosa l'ho avvertita più volte, ma mi dispiace, che ci si manca. Alcuno che fu di ciò non si emenderà, mi obligherà a non mandarlo in Missione.

Prego ancora che niuno si intrighi in cose, che non appartengono alla coscienza; e certe cose, che apportar possono qualche inconveniente, non si faccino senza consiglio, e senza l'ubbedienza di chi presiede.

 

In tempo di Missione proibì il far visita di complimento a chiunque. Voleva bensì, che la prima mattina visitati si fossero, ed invitati il Capitolo, i Regolari, il Governadore, o altra persona principale nel paese. "Questi tali, ripeteva ai suoi, riscuotono di per se rispetto, e special venerazione. Onorati, onorano anch'essi i Missionarj; e questa stima scambievole è l'anima della Missione.

 

Inibì ancora, e replicavalo ben spesso, di non ingerirsi i soggetti in rapportare a Vescovi qualche sconcerto, che si sapesse tra gli Ecclesiastici, massime se non pubblico. Questi rapporti in senso suo, non erano di utile, ma di danno positivo.
Stimava perduta l'opera delle Missioni, se ruggine vi nasceva tra i Preti, e i Missionarj. "Grave, che sia, egli diceva, il male, che si faccia da taluno, sarà sempre minore di quello si apporta a tutta la terra, se i Missionarj sono tenuti per referendarj de' Vescovi, e veggonsi di mal'occhio dagli Ecclesiastici del paese. I rapporti, disse tante volte, spettano ai Vicarj foranei, e non a noi. Reso odioso il Missionario al Clero ne anche fa del bene nel Popolo. Il credito comune presso tutti è la principal dote del Missionario.


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Voleva nel decorso delle Missioni, che tratto tratto si fosse fatto da soggetti, in qualche casa religiosa, un giorno di ritiramento; ma questo ne primi giorni che si arrivava, perchè meno occupati. "Vi è un certo vento in mezzo al secolo, soleva dire, che innalza la polvere, ed imbratta chiunque: se spesso non si fa uso della scopetta, volentieri genera il tarlo, e corrode le vesti. Bisogna faticare, ma non bisogna dar tanto ai popoli, che ci dimentichiamo di noi medesimi.

Ordinò indispensabilmente ogni giorno mezz'ora di meditazione la mattina in comune, e n'esiggeva conto; e volle ancora in fine d'ogni Missione, che tenuto si fosse il capitolo delle colpe, con rilevarsi dal superiore qualche mancanza osservata ne soggetti, ed inculcare a tutti l'adempimento de proprj doveri.

 

Prescrisse, che in Quaresima i soggetti, per rinfrancare le forze del corpo, e quelle dello spirito, si ritrovassero tutti in casa. Si usciva in Missione circa la metà di Ottobre, e fatto Pasqua dovevasi tirare per tutto Maggio; ma ne climi più freddi anche parte di Giugno. In Ottobre prima di uscir voleva che ognuno, per apparecchio avesse fatto, come altrove dirò, giorni dieci di esercizj in totale ritiro, e rigoroso silenzio.

 

Non proibì il far delle Missioni nelle Città cospicue. Era ben persuaso, che anche queste sono bisognose di spirituale sollievo; ma voleva, che preferiti si fossero i Contadi, e le Ville.

Se nel medesimo tempo, ci disse un giorno, vi fosse richiesta di Missione per Napoli, e per li Proquoii, e si stasse in tale strettezza di Soggetti, che abbracciar non si potesse l'una e l'altra, prima si deve fare quella dei Proquoii, e poi l'altra di Napoli. La ragione si è, perchè le Missioni rurali, e non quelle delle città sono il fine principale del nostro Istituto.

Consolavasi in sentir dire, che giravasi in Puglia per lo Tavoliere Reale, ajutandosi migliaja di Abbruzzesi, ed altri villani: così se nella piana di Salerno,ed altrove. Sì fatta gente attirava delle lacrime ad Alfonso, considerandola come abbandonata in quei tugurj, e campagne. N'esiggeva stretto conto, ed inculcavalo spesso ai Rettori delle case. "Il fine del nostro Istituto, così lasciò scritto, a capo della Regola, si è attendere in ajutare la gente sparsa per le campagne, e paesetti rurali, perchè più destituta di spirituali soccorsi.

 

Più che ogni altra cosa generalmente premeva sopratutto ad Alfonso, che i suoi mantenuto si avessero il buon nome tra' Popoli. Questo incaricava a' soggetti, e molto più raccomandavalo a' superiori.

"Il credito, diceva, fa il Missionario: se questo manca, manca tutto. I Preti paesani anche predicano, come noi il medesimo Vangelo, ma non colpiscono, perchè non sono nel medesimo credito. I Missionarj fanno gran frutto, perchè si stimano come impeccabili. Se il Popolo


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resta ammirato di qualche procedura, la Missione è perduta. Ombra di cosa, che avesse inteso, di poca edificazione, facevasi di fuoco, perdeva il sonno, e non perdonavala a chiunque.
Nelle Novene, Tridui, o Esercizj, voleva, che non si andasse solo, ma a due, o per lo meno, che si avesse un fratello laico per proprio decoro.

 

Corona del Ministero volle, tra suoi Congregati, il disinteresse. Stabilì, come cosa essenziale, che di tutta la spesa, che portan con se le Missioni, non si ricevesse cosa specialmente dal pubblico, e che tutto andar dovesse a conto della grande congregazione. Così proibì, ancorchè in gran miseria si ritrovasse egli e i suoi, ogni qualunque emolumento, che esibir si potesse dalla carità de' fedeli.
Solo permise, non potendo soccombere la casa alla spesa, che esposto si fosse la nostra miseria al Vescovo, o a qualche persona benestante del paese, che ricercassero l'opera nostra.

 

Oltre alle Missioni, fece Alfonso un dovere de' suoi Missionarj il darsi in casa anche gli Esercizj Spirituali per otto, o dieci giorni, così nelle sacre Ordinazioni a' Giovanetti Ordinandi, come in altri tempi a Sacerdoti, e secolari. Egli voleva, che per quest'opera, affinchè riuscita fosse con profitto, si ci avesse da' respettivi Rettori tutta la sollecitudine, e tutto l'impegno possibile, e che in detti tempi non ci fosse mancato sufficiente numero di soggetti, per così darsi ad ognuno la dovuta sodisfazione.
Volle che badato non si fosse, in tempo di questi Esercizj, ad incomodo, ad interesse; dovendosi aver di mira, con la gloria di Dio, il bene delle anime, maggiormente quello di S. Chiesa in persona de' respettivi Ecclesiastici.

In questi Esercizj, oltre delle vaghe cose da esse stabilite nel decorso della giornata, eravi, con specialità la mattina per tempo un tronco ora e mezza tra meditazione, e predica: il catechismo istruttivo sopra i doveri di ognuno prima della mensa: il giorno la lezione, spirituale con visita al Sacramento, e visita, e Rosario a Maria Santissima; e di sera, sonate le ventiquattro, altr'ora, e mezza in Cappella, come la mattina.

Quest'Opera anche nacque con la Congregazione. In più luoghi ho accennato il gran profitto che da tanti ricavavasi, porgendo Alfonso questi tanti Esercizj: così è anche noto il frutto, che si è ritratto, e che tuttavia si ritrae, porgendosi dai suoi Alunni.




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