- 353 -
Cap. 60
Savia condotta tenuta da Alfonso per disfarsi de'
soggetti trascurati, e difettosi.
- 353 -
Ancorchè oculato fosse
Alfonso, e tutta la regola organizzata in modo per sostenersi l'osservanza, non
per questo mancavano in Congregazione di quando in quando soggetti imperfetti,
e di poca edificazione.
Siccome nelle grosse
masse di grano vi si ritrova il loglio, e la zizania: così nelle Comunità vi
sono ancora de' tepidi, e meno osservanti. Alfonso siccome consolavasi de'
buoni, e pregava incessantemente Iddio a voler questi confermare nella
vocazione: così affliggevasi, e pregavalo ancora a voler illuminare questi
tali, o discacciarli dalla casa sua.
Come uno di questi
vedevasi fuori, egli respirava, e dir soleva: "si vede che Gesù Cristo ci
protegge, perchè essendoci qualche spina,egli medesimo ne la caccia, senza che
noi ci affatichiamo in cacciarnela. Io non vi voglio impeccabili, soggiungeva di
vantaggio, ma voglio, che non facciate pace coi difetti. Questo è il gran male.
Cadere, e rialzarsi, umiliarsi, e conoscer aver fatto male, questo è - 354 -
quello, che ci
giustifica, e che consola il cuore di Gesù- Cristo. Se li dispiace il difetto,
si compiace assai più dell'umiliazione, e confondendoci, e detestando il
peccato, si merita nuova grazia per non ricadere.
Quanto Alfonso era
pronto nelle mancanze gravi, ma chiare, ed inescusabili, in licenziare di
Congregazione i soggetti manchevoli, perchè di scandalo agli altri, tanto era
lento nelle altre, che non facevano sì fatto rumore.
Non voleva egli la
morte del peccatore, ma cercava, che convertito si fosse, e vivuto avesse vita
di grazia, persistendo nella Casa di Dio. Questi tali così trascurati, e tepidi
non altrimenti chiamavansi da Alfonso, che Infermi
Cronici, e come tali anche difficili a curarsi. "
Siccome con un
medicamento a tempo si superano, ei diceva, i mali violenti, ed acuti: così è
difficile superarsi i mali abituali, benchè non così gravi. Non altrimenti
succede nello spirito. Con una correzione a tempo il soggetto si scuote,
vedendosi gravemente difettoso, e può rimettersi in fervore: non così coi
difettosi abituati. Con questi si rende inefficace qualunque rimedio, per
vederli rimessi nell'esercizio delle virtù cristiane".
Parlando un giorno
della tepidezza, si spiegò così: "Disse l'Angiolo al Vescovo
dell'Apocalisse: Utinam frigidus essis,
aut calidus: lo stesso io dico prima a me, e poi a qualche mio compagno. Io
desidererei piuttosto (ma che Dio nol voglia, e nol permetta mai in questa
nostra nascente Comunità), che tu fossi freddo, e che commesso avessi un grave
peccato, e tepido non fossi, e non menassi una vita difettosa, e trascurata.
Se fossi freddo, più ci
sarebbe da sperare di tua emendazione, ma essendo tepido, e difettando,
volontariamente parlando in tempo di silenzio, non facendo con prontezza
l'ubbedienza, risentendoti ad ogni disprezzo, sfuggendo il comando, e cercando,
che prevalga il tuo sentimento, temo, e temo assai, che difficilmente ti potrai
emendare, e temo, che Dio anche ti vomiterà, privandoti della sua grazia, e
permettendo, che caschi in cose gravi, con anche cacciarti di Casa sua. Al
tepido un'altra spinta ci vuole per esser rigettato da Dio.
In Congregazione se vi
sono i fervorosi, vi sono ancora i tepidi, ma in maggior numero i tepidi, che i
fervorosi. Padri miei, leviamo la tepidezza. Il tepido è nojoso a Dio, è di
peso alla Comunità, ed è nojoso anche a se medesimo. "riformiamoci, e
ripigliamo il pristino fervore, se vogliamo dar gusto a Dio, consolare la
Comunità, e vivere in Congregazione vita santa, e tutta felice".
Essendoci taluni di
questi Cronici, mezzo non vi era, che trascurasse Alfonso per ajntarli. Come Padre
se li chiamava, ed ammoniva. Tante volte, costa a me, perdevaci anche il sonno,
per questi disgraziati. Esercizj spirituali, ritiramenti di più giorni,
avvertimenti - 355 -
replicati,
tutto metteva in opera, nè davasi indietro, se non vedeva il caso disperato.
Tre erano i mezzi, che
Alfonso aveva alla mano per liberare la Congregazione da questi infermi così
insanabili.
Stringevali per primo,
raccomandando a respettivi Rettori, che loro stassero all'orecchio con spesse
correzioni, ed alle spalle con mortificazioni, e discrete penitenze. Questa
strettezza, e questo fiotto continuato faceva, che impotenti si dichiarassero a
portare il peso, e di per se cercavano senza più vedersi a fianco il zelatore
di Casa, esser sciolti dal Gioramento di Stabilità. Bisogna imitare i Medici,
ei diceva ai nostri, che ne' mali incurabili, e disperati anche si avvalgono
de' rimedi estremi. O la natura fa crisi, e si rimettono: o i medicamenti sono
inefficaci, e si abbandonano.
Usava per secondo
arrestar in Casa questi tali, proibendo loro qualunque esercizio apostolico.
"Questi meno osservanti, diceva Alfonso, hanno più voglia uscire ad
operare, che non si ha dai più ferventi, non per zelo di portar anime a Dio, ma
per godere maggior libertà. Molti di questi vedendosi così stretti, anche da se
si licenziavano, e facevano ritorno al secolo.
Per terzo, e non era
tra tutti il mezzo meno efficace, soleva destinarli di stanza in quella Casa,
che meno da essi si gradiva, o perchè più scomoda, o perchè meno frequentata.
In questo mezzo epilogava egli tutti e due gli antecedenti, perchè anche
stretti alle comuni osservanze.
Aveva alla mano con
questi incorrigibili, massime se scabrosi, e che inquietar potessero la
Congregazione, una specie di abbandono. Vedendoli tali, rilasciava loro
talmente la briglia, che più non curavali. Volentieri accordava a questi, per
ogni qualunque pretesto, portarsi in casa propria, ne vi era per essi
restrizione di tempo. Così abbandonati, o infancavansi nel secolo, e si
licenziavano da se, rincrescendo il ritorno in Congregazione, o faceva loro
sentire, a capo di tempo, che la Congregazione non faceva per essi
Molto che soffrire
diede uno di questi ad Alfonso, ed a' più Rettori locali. Non prevalsero in
esso le correzioni, e i tanti caritativi officj. Anche in faccia a' beneficj,
si rese ingrato con me.
Avendo chiesto, ed
ottenuto portarsi in propria Casa, elassi alcuni mesi, dichiarollo escluso di
Congregazione, e preconizzogli nel tempo istesso un fine troppo amaro.
Avendo dato il
miserabile in eccessi, persona interessata non mancò nel giorno di Mercoledì
Santo farlo avvelenare sull'Altare col medesimo Calice, che esserli doveva
salutare; e nel Venerdì, tacendo per esso anche le Campane, esser seppellito
come un miserabile, e soggettato il suo cadavere ad esser aperto, assistendoci
la corte, e mezzo mondo in un chiostro di Frati.
- 356 -
Questa condotta per ordinario si tenea da Alfonso coi
soggetti incorrigibili; cioè quei, che vogliono l'onore della divisa di
Congregato, e che lasciarla non vogliono, nè portarne il peso. Ma se la
mancanza, era grave, e di scandalo agl'altri, specialmente se peccavasi
nell'ubbedire, come dissi, dava subito luogo alla giustizia, nè prevaleva per
esso altro motivo in contrario.
|