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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO II
    • Cap. 60 Savia condotta tenuta da Alfonso per disfarsi de' soggetti trascurati, e difettosi.
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Cap. 60

Savia condotta tenuta da Alfonso per disfarsi de' soggetti trascurati, e difettosi.

 


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Ancorchè oculato fosse Alfonso, e tutta la regola organizzata in modo per sostenersi l'osservanza, non per questo mancavano in Congregazione di quando in quando soggetti imperfetti, e di poca edificazione.

Siccome nelle grosse masse di grano vi si ritrova il loglio, e la zizania: così nelle Comunità vi sono ancora de' tepidi, e meno osservanti. Alfonso siccome consolavasi de' buoni, e pregava incessantemente Iddio a voler questi confermare nella vocazione: così affliggevasi, e pregavalo ancora a voler illuminare questi tali, o discacciarli dalla casa sua.

Come uno di questi vedevasi fuori, egli respirava, e dir soleva: "si vede che Gesù Cristo ci protegge, perchè essendoci qualche spina,egli medesimo ne la caccia, senza che noi ci affatichiamo in cacciarnela. Io non vi voglio impeccabili, soggiungeva di vantaggio, ma voglio, che non facciate pace coi difetti. Questo è il gran male. Cadere, e rialzarsi, umiliarsi, e conoscer aver fatto male, questo è


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quello, che ci giustifica, e che consola il cuore di Gesù- Cristo. Se li dispiace il difetto, si compiace assai più dell'umiliazione, e confondendoci, e detestando il peccato, si merita nuova grazia per non ricadere.

 

Quanto Alfonso era pronto nelle mancanze gravi, ma chiare, ed inescusabili, in licenziare di Congregazione i soggetti manchevoli, perchè di scandalo agli altri, tanto era lento nelle altre, che non facevano sì fatto rumore.

Non voleva egli la morte del peccatore, ma cercava, che convertito si fosse, e vivuto avesse vita di grazia, persistendo nella Casa di Dio. Questi tali così trascurati, e tepidi non altrimenti chiamavansi da Alfonso, che Infermi Cronici, e come tali anche difficili a curarsi. "

Siccome con un medicamento a tempo si superano, ei diceva, i mali violenti, ed acuti: così è difficile superarsi i mali abituali, benchè non così gravi. Non altrimenti succede nello spirito. Con una correzione a tempo il soggetto si scuote, vedendosi gravemente difettoso, e può rimettersi in fervore: non così coi difettosi abituati. Con questi si rende inefficace qualunque rimedio, per vederli rimessi nell'esercizio delle virtù cristiane".

Parlando un giorno della tepidezza, si spiegò così: "Disse l'Angiolo al Vescovo dell'Apocalisse: Utinam frigidus essis, aut calidus: lo stesso io dico prima a me, e poi a qualche mio compagno. Io desidererei piuttosto (ma che Dio nol voglia, e nol permetta mai in questa nostra nascente Comunità), che tu fossi freddo, e che commesso avessi un grave peccato, e tepido non fossi, e non menassi una vita difettosa, e trascurata.

Se fossi freddo, più ci sarebbe da sperare di tua emendazione, ma essendo tepido, e difettando, volontariamente parlando in tempo di silenzio, non facendo con prontezza l'ubbedienza, risentendoti ad ogni disprezzo, sfuggendo il comando, e cercando, che prevalga il tuo sentimento, temo, e temo assai, che difficilmente ti potrai emendare, e temo, che Dio anche ti vomiterà, privandoti della sua grazia, e permettendo, che caschi in cose gravi, con anche cacciarti di Casa sua. Al tepido un'altra spinta ci vuole per esser rigettato da Dio.

In Congregazione se vi sono i fervorosi, vi sono ancora i tepidi, ma in maggior numero i tepidi, che i fervorosi. Padri miei, leviamo la tepidezza. Il tepido è nojoso a Dio, è di peso alla Comunità, ed è nojoso anche a se medesimo. "riformiamoci, e ripigliamo il pristino fervore, se vogliamo dar gusto a Dio, consolare la Comunità, e vivere in Congregazione vita santa, e tutta felice".

 

Essendoci taluni di questi Cronici, mezzo non vi era, che trascurasse Alfonso per ajntarli. Come Padre se li chiamava, ed ammoniva. Tante volte, costa a me, perdevaci anche il sonno, per questi disgraziati. Esercizj spirituali, ritiramenti di più giorni, avvertimenti


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replicati, tutto metteva in opera, davasi indietro, se non vedeva il caso disperato.

 

Tre erano i mezzi, che Alfonso aveva alla mano per liberare la Congregazione da questi infermi così insanabili.

Stringevali per primo, raccomandando a respettivi Rettori, che loro stassero all'orecchio con spesse correzioni, ed alle spalle con mortificazioni, e discrete penitenze. Questa strettezza, e questo fiotto continuato faceva, che impotenti si dichiarassero a portare il peso, e di per se cercavano senza più vedersi a fianco il zelatore di Casa, esser sciolti dal Gioramento di Stabilità. Bisogna imitare i Medici, ei diceva ai nostri, che ne' mali incurabili, e disperati anche si avvalgono de' rimedi estremi. O la natura fa crisi, e si rimettono: o i medicamenti sono inefficaci, e si abbandonano.

Usava per secondo arrestar in Casa questi tali, proibendo loro qualunque esercizio apostolico. "Questi meno osservanti, diceva Alfonso, hanno più voglia uscire ad operare, che non si ha dai più ferventi, non per zelo di portar anime a Dio, ma per godere maggior libertà. Molti di questi vedendosi così stretti, anche da se si licenziavano, e facevano ritorno al secolo.

Per terzo, e non era tra tutti il mezzo meno efficace, soleva destinarli di stanza in quella Casa, che meno da essi si gradiva, o perchè più scomoda, o perchè meno frequentata. In questo mezzo epilogava egli tutti e due gli antecedenti, perchè anche stretti alle comuni osservanze.

 

Aveva alla mano con questi incorrigibili, massime se scabrosi, e che inquietar potessero la Congregazione, una specie di abbandono. Vedendoli tali, rilasciava loro talmente la briglia, che più non curavali. Volentieri accordava a questi, per ogni qualunque pretesto, portarsi in casa propria, ne vi era per essi restrizione di tempo. Così abbandonati, o infancavansi nel secolo, e si licenziavano da se, rincrescendo il ritorno in Congregazione, o faceva loro sentire, a capo di tempo, che la Congregazione non faceva per essi

Molto che soffrire diede uno di questi ad Alfonso, ed a' più Rettori locali. Non prevalsero in esso le correzioni, e i tanti caritativi officj. Anche in faccia a' beneficj, si rese ingrato con me.

Avendo chiesto, ed ottenuto portarsi in propria Casa, elassi alcuni mesi, dichiarollo escluso di Congregazione, e preconizzogli nel tempo istesso un fine troppo amaro.

Avendo dato il miserabile in eccessi, persona interessata non mancò nel giorno di Mercoledì Santo farlo avvelenare sull'Altare col medesimo Calice, che esserli doveva salutare; e nel Venerdì, tacendo per esso anche le Campane, esser seppellito come un miserabile, e soggettato il suo cadavere ad esser aperto, assistendoci la corte, e mezzo mondo in un chiostro di Frati.


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Questa condotta per ordinario si tenea da Alfonso coi soggetti incorrigibili; cioè quei, che vogliono l'onore della divisa di Congregato, e che lasciarla non vogliono, portarne il peso. Ma se la mancanza, era grave, e di scandalo agl'altri, specialmente se peccavasi nell'ubbedire, come dissi, dava subito luogo alla giustizia, prevaleva per esso altro motivo in contrario.




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